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"Cavalleria rusticana" di Verga: riassunto e commento

Introduzione


Pubblicata sul «Fanfulla della Domenica» del 14 marzo 1880, Cavalleria rusticana è una delle novelle più rilevanti di Vita dei campi, se non altro perché all’epoca fu una di quelle di maggior successo, tanto che Verga intentò e vinse una causa per plagio contro l’opera omonima di Pietro Mascagni. Il motivo dell'apprezzamenteo del pubblico è del resto chiaro: Cavalleria rusticana sviluppa in maniera incisiva un tema ricorrente in Vita dei campi, ovvero quello del dramma di amore e gelosia, che mette bene in luce, nell’ottica di Verga, i meccanismi profondi della mentalità popolare, ch'egli si propone di indagare con la lente oggettiva del metodo verista.

Dal punto di vista stilistico e letterario, Cavalleria rusticana conferma alcuni elementi fondamentali di poetica: il ricorso alla narrazione impersonale di una voce collettiva anonima, che si modula in espressioni tipiche del parlato, modi di dire dialettali (riprodotti in italiano da Verga), proverbi ed imprecazioni.


Riassunto e commento

La vicenda vede al centro il personaggio di Turiddu Macca che, tornato a casa dall’esperienza militare che lo ha momentaneamente strappato al contesto rurale, “si pavoneggiava in piazza coll’uniforme del bersagliere e il berretto rosso, che sembrava quello della buona ventura, quando mette su banco colla gabbia dei canarini” 1. Turiddu diventa il centro d’attenzione di tutto il paese, proprio perché catalizza su di sé la novità dell’ignoto e del diverso:

Egli aveva portato anche una pipa col re a cavallo che pareva vivo, e accendeva gli zolfanelli sul dietro dei calzoni, levando la gamba, come se desse una pedata. 2

Se l’effetto è quello per cui “le ragazze se lo rubavano con gli occhi”, Turiddu vuole riconquistare Lola che, in sua assenza, s’è “fatta sposa con uno di Licodia” 3, compare Alfio, che ha “quattro muli in stalla” 4; la reazione del protagonista è un buon esempio dell’emersione, in indiretto libero, delle sue parole e dei suoi pensieri:

Dapprima Turiddu lo seppe, santo diavolone! voleva tirargli fuori le budella dalla pancia, voleva trargli, a quel di Licodia! e però non ne fece nulla, e si sfogò coll’andare a cantare tutte le canzoni di sdegno che sapeva sotto la finestra della bella 5.

Alla vicenda sentimentale si contrappone però il motivo economico: Lola ha sposato un uomo ricco per godere di un migliore tenore di vita, mentre Turiddu, roso dalla gelosia, deve lavorare come “camparo” (e cioè, come guardiano delle terre) presso massaro Cola, il vicino di casa di Alfio che “era ricco come un maiale, dicevano, e aveva una figliuola in casa” 6. Turiddu attua così il proprio piano, volgendo le sue attenzioni su Santa, figlia del ricco massaro Cola 7 ; la situazione si così inverte, tanto che Lola diventa l’amante di Turiddu.

La reazione di gelosia di Alfio 8, dopo la rivelazione da parte della gelosa Santa del tradimento della moglie, asseconda appunto le leggi non scritte della “cavalleria rusticana” e della necessità di lavare col sangue, in duello, l’onta del tradimento.

Turiddu da prima gli aveva presentato il bicchiere, ma compare Alfio lo scansò colla mano. Allora Turiddu si alzò e gli disse:
"Son qui, compare Alfio".
Il carrettiere gli buttò le braccia al collo.
"Se domattina volete venire nei fichidindia della Canziria potremo parlare di quell'affare, compare".
"Aspettatemi sullo stradone allo spuntar del sole, e ci andremo insieme".
Con questa parole si scambiarono il bacio della sfida. Turiddu strinse fra i denti l'orecchio del carrettiere, e così gli fece promessa solenne di non mancare 9.

È in questo momento che compare Turiddu lascia intravedere, attraverso le sue parole, l’amore filiale per la madre, che, stimolandolo a combattere pur sapendo d’essere in errore, rappresenta un altro aspetto del suo carattere passionale:

“Compare Alfio” cominciò Turiddu dopo che ebbe fatto un pezzo di strada accanto al suo compagno, il quale stava zitto, e col berretto sugli occhi. “Come è vero Iddio so che ho torto e mi lascierei ammazzare. Ma prima di venire qui ho visto la mia vecchia che si era alzata per vedermi partire, col pretesto di governare il pollaio, quasi il cuore le parlasse, e quant’è vero Iddio vi ammazzerò come un cane per non far piangere la mia vecchierella” 10.

Siamo insomma al culmine della tensione melodrammatica; durante il duello, Alfio acceca Turiddu con una manciata di polvere e lo ferisce mortalmente. La novella si chiude così sull’immagine plastica del protagonista morente, ennesima immagine di “vinto” verghiano:

Turiddu annaspò un pezzo di qua e di là fra i fichidindia e poi cadde come un masso. Il sangue gli gorgogliava spumeggiando nella gola, e non poté profferire nemmeno: “Ah! mamma mia!” 11.

Cavalleria rusticana, nella sua incisiva descrizione della forza brutale delle passioni (e del loro conflitto insanabile con i moventi economici) nel mondo arcaico siciliano, rappresenta allora l’altra parte dell’operazione verista del narratore: alla descrizione degli effetti delle leggi economiche sul mondo ristretto della Sicilia rurale corrisponde, con gli stessi mezzi stilistici, il tentativo di rendere esplicite ed evidenti le pulsioni più oscure del cuore umano.

1 G. Verga, Cavalleria rusticana, in Tutte le novelle, Milano, Mondadori, 2004, vol I, p. 179. Si noti come il termine di paragone per Turiddu - il proprietario di un banchetto espostivio delle feste popolari - è tipico della mentalità popolare: Turiddu, tornato dal mondo lontano e quasi mitico della città e del mondo moderno, rappresenta un’affascinante rottura della quotidianità del paesino siciliano.

2 Ibidem. Si noti che l’estraneità del mondo siciliano per la realtà dello Stato nazionale (cui si collega il servizio militare, che toglie braccia al lavoro nei campi) torna sia nei Malavoglia (soprattutto nel nono capitolo, quello della morte di Luca nella battaglia di Lissa del 1866) sia nel Mastro-don Gesualdo (si pensi a come Gesualdo si interessi ai morti del 1820 e poi del 1848 solo per tutelare i propri interessi economici).

3 Cioè, nel gergo siciliano, s’è fidanzata.

4 G. Verga, Cavalleria rusticana, cit., p. 180.

5 Ivi, p. 179.

6 Ivi, p. 181.

7 Il narratore spiega il corteggiamento con un’efficace immagine: “Il babbo cominciava a torcere il naso, ma la ragazza fingeva di non accorgersi, poiché la nappa del berretto del bersagliere gli aveva fatto il solletico dentro il cuore, e le ballava sempre dinanzi agli occhi” (ivi, p. 182).

8 Alfio si riconferma esponente del potere economico rispetto al polo passionale, impersonato da Turiddu, anche in occasione del tradimento della moglie; egli infatti, carrettiere di professione, ha girato per le fiere di paese per i suoi affari e ne è tornato “carico di soldoni”, con “una bella veste nuova per le feste” per Lola (ivi, p. 183).

9 Ivi, pp. 183-184.

10 Ivi, p. 184.

11 Ivi, p. 185.