Dalla disfatta di Caporetto al Trattato di Versailles

Il 1917 è l’anno più difficile e drammatico della Prima guerra mondiale: il diffuso malcontento tra la popolazione civile (sfociato in manifestazioni di piazza un po’ ovunque negli Stati belligeranti, cui si reagisce con la repressione violenta o l’attività di propaganda), gli episodi di insubordinazione al fronte, lo scoppio della Rivoluzione d’Ottobre e i timori delle potenze occidentali di una rapida diffusione del “morbo” socialista. L’ingresso in guerra degli Stati Uniti (6 aprile 1917), in risposta alla guerra sottomarina dei tedeschi, sposta tuttavia gli equilibri in campo a favore delle forze alleate, e i quattordici punti del presidente Woodrow Wilson (tra abolizione della diplomazia segreta, riduzione armamenti e abbassamento dei dazi doganali, il principio di nazionalità) prefigurano già gli assetti del mondo post-bellico, anche se la Società delle Nazioni non sarà l’elemento di equilibrio e di soluzione delle tensioni internazionali che Wilson aveva sperato.
 
L’Italia conosce poi nel 1917 la fase più grave e dolorosa della guerra con l’Austria: alla durezza dei metodi di Cadorna si somma la sconfitta di Caporetto (24 ottobre 1917) che costa all’esercito italiano 650.000 uomini tra morti, feriti, prigionieri e sbandati. Il riordino delle truppe sotto Armando Diaz e la controffensiva di Vittorio Veneto (24 ottobre - 3 novembre 1918) portano alla capitolazione dell’Impero Austro-ungarico (armistizio di Villa Giusti, 3 novembre). Tuttavia, le complesse trattative di pace di Parigi (gennaio-agosto 1920, cui però non vengono ammessi i vinti), non risolvono affatto le gravi questioni sul tavolo, ponendo anzi le basi sia per la dittatura nazista in Germania, per il Ventennio fascista in Italia e, più in là, per la Seconda guerra mondiale.

 

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