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Cardarellli, “Gabbiani”: parafrasi e commento

Introduzione

 

Pubblicata in rivista nel 1932, Gabbiani viene inclusa nel volume Giorni in piena (1934) e successivamente in Poesie (1942). Vincenzo Cardarelli, direttore dell’importante rivista letteraria «La Ronda», si distingue per uno stile classico, asciutto e riflessivo. La lirica è costruita interamente sul paragone tra l’io lirico e i gabbiani. Cardarelli è un poeta estraneo alla moda simbolista ed ermetica tipica del periodo tra le due guerre: i versi di Gabbiani non sono analogici o intuitivi e non si basano su metafore ardite, ma propongono un paragone esplicito (il “come” è ripetuto per ben tre volte ai vv. 3, 6, 7) che si smorza solo nel finale, in cui la condizione del poeta è espressa attraverso l’immagine della tempesta marina. Similmente ai gabbiani, che paiono volare senza fermarsi mai, il poeta si sente condannato a “una vita randagia e disperata” (secondo l’opinione del critico Carmine Di Biase), in cui la solitudine preclude qualsiasi forma di serenità stabile. Animale migratore e inquieto, Cardarelli sottolinea amaramente il divario tra le speranze di serenità (“la quiete marina”, v. 8) e il tormento che lo condanna a una specie di intermittenza interiore. Come in una tempesta che illumina a tratti i gabbiani con la luce dei suoi fulmini, la vita del poeta è attraversata da improvvise accensioni, stimoli che subito si spengono.

L’apparente semplicità della poesia cela una costruzione originale giocata sul contrasto. L’argomento serio e malinconico è affrontato con un tono da filastrocca; le formule dubitative (“non so” v. 1, “e forse”, v. 7) si contrappongono alla decisione con cui il poeta descrive se stesso (“io son come loro”, v. 3; “il mio destino è vivere”, v. 10). Questi elementi di contrasto, insieme alla mescolanza di uno stile medio e colloquiale con espressioni auliche e letterarie, rientrano nel carattere moderno e problematico del classicismo di Cardarelli.

Metrica: dieci endecasillabi e settenari. Il tono cantabile è ottenuto tramite la ripetizione di moduli sintattico-ritmici, ed è particolarmente pronunciato ai vv. 3-5, legati da una rima baciata (“oro : sfioro”, vv. 3-5) e da un’assonanza (“volo”, v. 4).

 

 

  1. Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
  2. ove trovino pace.
  3. Io son come loro,
  4. in perpetuo volo 1.
  5. La vita 2 la sfioro 3
  6. com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo 4.
  7. E come forse anch'essi amo la quiete,
  8. la gran quiete marina,
  9. ma il mio destino è vivere
  10. balenando in burrasca 5.
  1. Non so dove siano i nidi dei gabbiani,
  2. dove essi si riposano.
  3. Io sono come loro,
  4. continuamente in volo.
  5. Sfioro la vita
  6. come i gabbiani sfiorano l’acqua quando pescano.
  7. E forse, come loro, amo la serenità,
  8. la grande serenità del mare,
  9. ma sono destinato a vivere
  10. lampeggiando nella tempesta.

 

Bibliografia:

 

Pier Vincenzo Mengaldo, Poeti italiani del Novecento, Milano, Mondadori, 1978.
Carmine Di Biase, Invito alla lettura di Cardarelli, Milano, Mursia, 1986.
Cesare Segre, Carlo Ossola, Antologia della poesia italiana, Novecento, Torino, Einaudi, 1999.
Niva Lorenzini, Poesia del Novecento italiano, Milano, Carocci, 2002.

1 I vv. 3-5 possono essere considerati settenari riconoscendo la presenza di tre dieresi. Le dieresi, convenzionalmente indicate con l’omonimo simbolo grafico, sono “Ïo” (v. 3), “perpetüo” (v. 4), “sfïoro” (v. 5). Versi del genere, che senza le dieresi valgono come senari, presentano un margine di ambiguità nel conto delle sillabe, e rientrano nella più generale tendenza di Cardarelli verso la polimetria (accanto alle misure tradizionali, in maggioranza, figurano liberamente versi di altro genere, anche irregolari).

2 La vita: è un esempio di quella che in linguistica si chiama dislocazione a sinistra, una costruzione tipica della lingua parlata basata sull’anticipazione di un elemento della frase (qui il complemento oggetto “la vita”) poi ripreso da un pronome clitico. Oltre a marcare lo stile in senso colloquiale, enfatizza la parola “vita” e produce un senso di iterazione ritmica, dovuto alla breve distanza che separa il pronome “la” dall’articolo determinativo omonimo.

3 la sfioro: non solo il poeta è destinato a “volare” senza posa, ma anche a non poter mai entrare veramente nella vita, limitandosi a “sfiorarla”.

4 acciuffare il cibo: durante la pesca i gabbiani calano sull’acqua, afferrano la preda appena sotto la superficie e riprendono subito quota.

5 balenando in burrasca: l’allitterazione e il lessico particolarmente espressivo conferiscono alla chiusa una particolare energia, che contrasta con la musicalità dolce dei versi precedenti.

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