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Il Trattato di Maastricht e la Comunità Europea

Il Trattato di Maastricht, firmato il 7 Febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1 Novembre 1993, è l'atto fondativo dell'Unione Europea. Ratificato dagli allora dodici paesi delle Comunità Europee, specifica i criteri politici ed economici per poter aderire all'Unione.

Fin dall'inizio degli anni ‘80, prese gradualmente piede l'idea di una maggiore integrazione sul piano politico, capace di andare oltre i trattati di Roma del 1957 che istituirono la Comunità Economica Europea (CEE), la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA) e la Comunità Europea dell'energia atomica (CEEA). Il passaggio da CEE, CECA e CEEA all'Unione Europea fu un riflesso della volontà di abbandonare il principio della cooperazione tra stati sovrani per puntare alla loro progressiva integrazione politica ed economica. In particolare la riunificazione della Germania nel 1989 e la fine del sistema a due blocchi che aveva caratterizzato il continente durante la Guerra Fredda, avevano creato le condizioni per accelerare questo processo.

Analizziamo ora i contenuti del Trattato di Maastricht. I punti principali del Trattato includono:

  • L'organizzazione a tre pilastri dell'Unione Europea
  • Il principio di sussidiarietà
  • La cittadinanza dell'Unione Europea
  • La procedura di codecisione del Parlamento Europeo.
  • Il completamento dell'Unione Economica e Monetaria.

 

L'organizzazione a pilastri divideva le competenze dell'Unione in tre gruppi. Il primo, socio-economico, vide la nascita della Comunità Europea, che avrebbe inglobato CEE, CECA e CEEA . Il secondo ed il terzo pilastro, rispettivamente Difesa e politica estera e Affari interni e giustizia, invece furono basati su un approccio intergovernativo.
Nel 2009, con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, il principio dei tre pilastri venne rimpiazzato da una ripartizione delle singole competenze fra Unione Europea e stati membri. Assunse un ruolo di primaria importanza il principio di sussidiarietà, che delimita l'ambito di azione dell'Unione: essa può intervenire in tutti gli ambiti dove per implementare determinate politiche lo sforzo dei singoli stati non sia sufficiente.

Il Trattato di Maastricht introdusse inoltre il concetto di cittadinanza europea, di cui godono tutti i cittadini degli stati membri dell'Unione. La cittadinanza europea assegna il diritto di residenza in ogni stato membro, il diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni locali e il diritto di presentare una petizione al Parlamento Europeo sui temi di competenza comunitaria. Il permesso di residenza non è da confondere con gli accordi di libero movimento firmati nel 1986 a Schengen, i quali entrarono in vigore successivamente e furono integrati nella cornice istituzionale dell'Unione dal trattato di Amsterdam del 1997.

Il Trattato di Maastricht, con l'obiettivo di rafforzare il peso delle istituzioni democratiche all'interno dell'Unione, allargò poi al Parlamento Europeo il potere di ratifica degli atti legislativi della Commissione. Questa competenza è condivisa con il Consiglio Europeo, per questo motivo si parla di “procedura di codecisione”.

L'Unione Economica e Monetaria (UEM) prevedeva l'adozione di una moneta unica e la conseguente creazione di un'autorità monetaria centralizzata per gli stati dell'Unione Europea, oggi conosciuta come Banca Centrale Europea (BCE).
Nel 1979, con gli accordi che istituirono il Sistema Monetario Europeo (SME), gli stati europei cercarono di ridurre le fluttuazioni dei regimi di cambio per impedire eccessive svalutazioni o rivalutazioni delle monete nazionali e in questo modo controllare l'inflazione. Quest'obiettivo assunse un'importanza ancora maggiore in seguito alla crisi monetaria del 1992, che spinse il Regno Unito e l'Italia ad uscire dallo SME.
Nel 1990 in seguito alle raccomandazioni della Commissione Europea presieduta da Jacques Delors, vennero eliminate tutte le restrizioni al movimento di capitali all'interno dell'Unione.
Il Trattato stabilì un itinerario a due tappe dedicato al completamento dell'UEM.

La prima tappa vide la creazione nel 1994 di un Istituto Monetario Europeo, che aveva come obiettivi il coordinamento della politica monetaria degli stati membri e la cooperazione fra le banche centrali. Nel 1998 l'Istituto Monetario Europeo lasciò il posto alla Banca Centrale Europea, che assunse la direzione della politica monetaria degli stati aderenti all'EMU.
La seconda tappa ebbe inizio nel 1999, quando i paesi che rispettavano i cosiddetti “parametri di Maastricht” fissati dal Trattato adottarono l'Euro come moneta unica. I parametri di Maastricht sono un insieme di regole riguardanti il bilancio pubblico e il regime di cambio fissate dal Trattato.
Oltre a rimanere membri del già citato Sistema Monetario Europeo, che stabiliva il regime di cambio per le monete degli stati membri, a livello di politica monetaria era necessario mantenere i tassi di interesse di lungo periodo intorno al $2\%$ e far sì che la differenza tra la propria inflazione e la più bassa tra quelle degli altri stati aderenti non fosse superiore all'$1,5\%$. La convergenza dei futuri stati membri su questi aspetti avrebbe contribuito alla stabilità monetaria durante il processo di transizione.
Per garantire la stabilità della futura zona euro, i parametri di Maastricht stabilivano inoltre regole addizionali per il bilancio pubblico: in breve, mantenere il rapporto tra il debito pubblico e il PIL sotto il $60\%$ e il rapporto tra il deficit pubblico e il PIL sotto il $3\%$.

Si ha deficit pubblico (o disavanzo) quando, molto semplicemente, lo Stato spende più di quello che guadagna, cioè le sue uscite sono maggiori delle sue entrate. Quando invece lo Stato guadagna più di quello che spende, cioè quando le sue entrate sono maggiori delle sue uscite, si ha un surplus (o avanzo) pubblico.

In aggiunta agli accordi di Maastricht, gli stati dell'EMU nel 1997 sottoscrissero il Patto di Stabilità e Crescita, ossia la possibilità di introdurre sanzioni per i paesi non in linea con i parametri riguardanti il bilancio pubblico. Queste sanzioni erano però discrezionali, il che rese possibile ad esempio la deroga concessa per il periodo 2003-2006 a Francia e Germania, che in quegli anni mantennero un rapporto deficit/PIL superiore al $3\%$. Un successivo trattato approvato nel 2012, noto come Fiscal Compact, introdusse per i paesi aderenti l'obbligo del pareggio di bilancio e per tutti i paesi con un debito pubblico maggiore del $60\%$ un piano di rientro sotto questa soglia. Inoltre, rese automatiche le sanzioni previste dal Patto di Stabilità e Crescita.

Gli accordi di Maastricht hanno fatto fare un enorme balzo in avanti al processo di integrazione: la nascita della Comunità Europea e il progressivo assorbimento delle Comunità precedenti, così come la nascita dell'Euro, sono eventi storici che hanno inciso profondamente sulla vita di tutti gli europei. L'Euro è oggi una delle principali valute mondiali e, nonostante la crisi del debito che ha colpito l'Eurozona, è ora la moneta ufficiale di 19 dei 28 Stati membri dell'Unione Europea. Allo stesso tempo tuttavia il trattato ha promosso un approccio all'integrazione basato sul funzionalismo, che oggi mostra tutti i suoi limiti. L'approccio funzionalista promuove l'unificazione graduale alcuni "settori" delle società europee, ipotizzando che queste unioni provochino necessariamente l'unione di altri settori, in un meccanismo a cascata che dovrebbe portare alla completa integrazione dei sistemi politici, economici e sociali dei paesi membri.

Questo però non sta accadendo: mentre la politica monetaria e l'imposizione di vincoli ai bilanci pubblici degli Stati membri rimangono una prerogativa delle istituzioni comunitarie (in particolare di BCE, Consiglio Europeo e Commissione Europea), la politica estera e di difesa e la politica economica rimangono nelle mani degli Stati membri e mancano segnali che permettano di immaginare cambiamenti significativi nel breve periodo: oggi, secondo alcuni studiosi, l'Unione Europea somiglia più ad un'organizzazione internazionale che ad una federazione e parla al mondo con una voce debole e contraddittoria.