9'

Il teorema degli zeri e il teorema dei valori intermedi

Data una funzione $f : \mathbb{R} \rightarrow \mathbb{R}$ esistono criteri per decidere se essa ammette almeno una radice (cioè un punto $x_0$ tale che $f(x_0) = 0$)? Il Teorema degli zeri è uno strumento che serve proprio a individuare una famiglia di funzioni per cui siamo certi esista almeno una radice.

Come vedremo, ci sono anche funzioni che ammettono una o persino più radici, ma non soddisfano le ipotesi del nostro Teorema. In altre parole esso ci fornisce una condizione sufficiente ma non necessaria per l'esistenza di almeno uno zero per una funzione.


TEOREMA (
degli zeri, o di Bolzano): Sia data una funzione $f: \mathbb{R} \rightarrow \mathbb{R}$ con le seguenti proprietà:

  • $f$ continua nell'intervallo chiuso e limitato $[a, b]$ (quindi in particolare $[a, b]\subseteq Dom(f)$, il dominio di $f$);
  • $f$ assume valori di segno opposto in $a$ e in $b$, in altre parole $f(a)\cdot f(b) < 0$.


Allora esiste un punto $c$ interno all'intervallo $[a, b]$ tale che $f(c)=0$.
Dimostrazione intuitiva. Possiamo pensare a una funzione continua come a una funzione che ha un grafico che possiamo disegnare senza mai staccare la penna dal foglio. Poiché essa assume valori di segno opposto in due punti di un intervallo chiuso e limitato, sembra ragionevole che debba intersecare l’asse delle ascisse in almeno un punto.

[Modificato da http://tube.geogebra.org/material/show/id/165472]

Dimostrazione rigorosa. Per verificare l’intuizione precedente, utilizzeremo una dimostrazione costruttiva, cioè che non solo garantisce l'esistenza dello zero ma fornisce anche un metodo per approssimarlo. Questo metodo è anche implementato in alcuni algoritmi di calcolo e viene chiamato metodo di bisezione. Si procede infatti costruendo in maniera iterativa (cioè ripetendo sempre lo stesso procedimento) una successione di intervalli $([a_n, b_n])_{n\in \mathbb{N}}$, contenuti l'uno dentro l'altro, ciascuno di dimensioni dimezzate rispetto al precedente. In questo modo ci avviciniamo sempre di più alla radice: otteniamo infatti due successioni, quella degli $(a_n)_{n\in \mathbb{N}}$ e quella dei $(b_n)_{n\in \mathbb{N}}$  convergenti allo stesso valore, $c$. In conclusione, utilizzando una argomentazione per assurdo, si dimostra poi che $c$ è proprio la radice che cerchiamo.

Per ipotesi sappiamo che il prodotto $f(a) \cdot f(b) < 0$; possiamo quindi supporre, senza perdita di generalità, che $f(a)< 0$ e $f(b)> 0$.  

Consideriamo quindi il punto medio dell'intervallo $I_0:=[a, b]$, cioè il punto che ha come ascissa
$$c_0 :=\frac{a+b}{2}.$$
Che valore assume la funzione in $c_0$? A priori non lo sappiamo, ma di certo ricadiamo in uno dei seguenti tre casi:

  • $f(c_0)=0$: siamo stati fortunati, abbiamo individuato in maniera esatta la nostra radice;
  • $f(c_0)> 0$;
  • $f(c_0)< 0$.


Supponiamo di trovarci in una delle ultime due situazioni, in cui la ricerca della radice non è finita. Abbiamo suddiviso il nostro intervallo $[a, b]$ in due sottointervalli $ [a, c_0]$ e $[c_0, b]$. Essi, poiché $c_0$ è l’ascissa del punto medio, sono di ampiezza uguale e dimezzata rispetto a quella di $I_0$:  abbiamo cioè fatto una bisezione dell'intervallo $I_0$. Inoltre $ [a, c_0]$ e $[c_0, b]$ sono chiusi e limitati e, poiché $f$ è continua in tutto $[a, b]$, a maggior ragione lo sarà in ciascuno dei due sottointervalli.

Supponiamo, sempre senza perdita di generalità, di essere nel secondo caso $f(c_0)>0$ (se fosse $f(c_0)<0$ la dimostrazione sarebbe analoga). Dato che $f(a) < 0$, l'intervallo chiuso e limitato $[a, c_0]$ rispetta nuovamente le ipotesi del teorema, poiché la nostra funzione assume valori di segno opposto agli estremi.

Al fine della dimostrazione è utile rinominare tutti gli elementi:

  • $a=:a_1$;
  • $c_0=:b_1$;
  • $[a, c_0]=:[a_1, b_1]=: I_1$.


Possiamo quindi ripetere il procedimento visto precedentemente per $I_0$, questa volta bisecando l'intervallo $I_1$. Consideriamo quindi $c_1=\frac{a_1+b_1}{2}$ e studiamo il segno di $f(c_1)$. Se $f(c_1)=0$, abbiamo finito; altrimenti, supponiamo per esempio (sempre senza perdita di generalità) che $f(c_1)< 0$. Allora poniamo $a_2:= c_1$ e $b_2 = b_1$ e passiamo allo studio dell'intervallo $I_2:=[c_1, b_1]$. Chiaramente, questo procedimento può continuare indefinitamente.

Procedendo sempre in questo modo siamo sicuri di trovare lo zero? Certo, possiamo ricadere nel "caso fortunato" e trovare lo zero come punto medio di un intervallo, ma in generale dobbiamo cercare di dimostrare che procedendo con le bisezioni riusciamo ad avvicinarci allo zero.

Come già detto, a ogni passo le dimensioni dell'intervallo si dimezzano. Quindi, se indichiamo con $\lvert I_k \rvert$ la lunghezza dell’intervallo $I_k$, otteniamo:
$$\lvert I_n\rvert= \frac{1}{2} \lvert I_{n-1} \rvert= \frac{1}{2} \left ( \frac{1}{2} \lvert I_{n-2} \rvert \right )= \frac{1}{2^2} \lvert I_{n-2} \rvert= \dots =\frac{1}{2^n} \lvert I_0 \rvert$$
Osserviamo inoltre che tramite questo procedimento abbiamo costruito due successioni:

  • $(a_n)_{n\in \mathbb{N}}$, crescente e superiormente limitata da $b$;
  • $(b_n)_{n \in \mathbb{N}}$, decrescente e inferiormente limitata da $a$.


Visto che sono successioni monotone, la prima crescente e la seconda decrescente, esse ammettono limite: nel primo caso questo è l’estremo superiore di $(a_n)$ e nel secondo caso è l’estremo inferiore di $(b_n)$. Chiamiamo $\bar{a}$ l'estremo superiore degli $a_n$ e $\bar{b}$ l'estremo inferiore dei $b_n$.

Poiché $\bar{a} \leq \bar{b}$ e
$$\lim_{n\to \infty} (b_n -a_n)= \lim_{n \to \infty} \lvert I_n \rvert =\lim_{n\to \infty} \frac{\lvert I_0 \rvert}{2^n}= 0,$$
abbiamo che $\bar{a}=\bar{b}$. Tale punto è  candidato a essere radice della nostra $f$ e quindi lo chiamiamo $c$.

Supponiamo per assurdo che $f(c)\neq 0$, per esempio, poniamo $f(c)<0$. Utilizzando la continuità della funzione $f$ si ha:
$$\lim_{n \to \infty} f (b_n) = f(c)<0$$
Per il Teorema della permanenza del segno, dato che $f(b_n)$ ha limite negativo, da un certo punto in poi questa  successione deve avere termini negativi ma, per costruzione, sappiamo che $(f(b_n))_{n\in \mathbb{N}}$ è positiva: abbiamo quindi un assurdo.

Possiamo fare un ragionamento analogo nel caso $f(c)>0$, considerando però $f(a_n)$ e il fatto che
$$\lim_{n \to \infty} f (a_n) = f(c)<0$$
Quindi, per non contraddire il Teorema della permanenza del segno, l’unica possibilità è che $f(c)=0$, come volevamo dimostrare.

 

Osservazioni sulle ipotesi del Teorema

Sono necessarie tutte le ipotesi del Teorema per poter dimostrare l'esistenza dello zero di $f$? I seguenti controesempi dovrebbero convincerci che le varie condizioni che abbiamo imposto sono spesso essenziali.

  • Consideriamo la seguente funzione nell'intervallo chiuso e limitato $[0, 2]$:
    $$f(x)=\frac{1}{1-x}.$$

    Essa assume valori di segno opposto agli estremi dell’intervallo considerato ma non è continua nel punto $1$. Non è soddisfatta quindi l’ipotesi di continuità per $f$, richiesta dal nostro Teorema; questa funzione non ammette alcuno zero in tale intervallo, come si può vedere in figura.
  • Se consideriamo la funzione costante $f(x)=3$ definita su un qualsiasi intervallo chiuso e limitato $[a, b]$, pur essendo continua, non ammette mai uno zero qualsiasi siano $a$ e $b$. Infatti, questa funzione non ha segno opposto agli estremi dell’intervallo.


Bisogna comunque sottolineare una cosa: non è detto che una funzione che non è continua in un intervallo $[a,b]$ non ammetta radici in $[a,b]$! Semplicemente, significa che non possiamo applicare il teorema degli zeri in tale intervallo; tuttavia, è possibile che uno zero esista. Per esempio la funzione $f(x) = \frac{x^2 - 4x + 3}{x-2}$ non è continua nell’intervallo $[0,4]$, $f(0) < 0$ e $f(4) > 0$, ma ammette addirittura due zeri nell’intervallo ($x=1$ e $x=3$).

 

Una conseguenza: il Teorema dei valori intermedi

Ricordandoci che una funzione continua, definita su di un intervallo chiuso e limitato, ammette sempre massimo e minimo, possiamo ottenere come conseguenza del Teorema degli zeri il seguente risultato.
 

TEOREMA (dei valori intermedi): Una funzione $f: \mathbb{R} \rightarrow \mathbb{R}$ continua nell'intervallo chiuso e limitato $[a, b]$ assume tutti i valori compresi tra il minimo e il massimo.

Dimostrazione. Grazie al Teorema di Weierstrass sappiamo che esistono minimo e massimo di $f$, che chiamiamo $m=f(c)$ e $M=f(d)$ rispettivamente ($c$, $d$ sono due qualsiasi punti di $[a,b]$ che realizzano minimo e massimo, rispettivamente).  Supponiamo senza perdita di generalità che $c\leq d$ e consideriamo un generico valore $y\in (m, M) $.
Definiamo ora la funzione differenza $g(x):= f(x)-y$. Essa è continua poiché differenza di funzioni continue; inoltre, assume valori di segno opposto agli estremi dell'intervallo $[c, d]$.  Quindi soddisfa le ipotesi del Teorema degli zeri per l’intervallo $[c, d] \subseteq [a,b]$  e di conseguenza esiste almeno uno zero $\bar{x}\in (c,d)\subseteq [a,b]$ di $g$ cioé $g(\bar{x}) =f(\bar{x})-y=0$. Quindi abbiamo trovato un valore $\bar{x}$ contenuto in $[a, b]$ per cui $f(\bar{x}) = y$, come volevamo.

 

 

Alcuni esercizi svolti 

  1. La funzione
    $$f(x):=\log (x-5)+x-7$$
    ammette soluzione nell'intervallo $[6, 7]$?
    La risposta a questa domanda è: sì, ammette almeno una soluzione nell’intervallo $[6,7]$, poiché possiamo applicare il teorema degli zeri. Infatti in tale intervallo la funzione è continua in quanto somma di funzioni continue; inoltre $f(6)=-1\leq 0$ mentre $f(7)=\log (2)\geq 0$.
    Per individuare la soluzione in maniera approssimata, possiamo per esempio procedere per via grafica. In particolare
    $$\log (x-5)+x-7=0 \iff \log (x-5)=7-x$$
    Se chiamo $h(x)=\log (x-5)$ e $g(x)=7-x$ lo zero cercato sarà quindi dato dall’ascissa del punto di intersezione tra $h(x)$ e $g(x)$:
  2. Considera la funzione polinomiale
    $$f(x)=2x^5+x^3-2$$
    Essa ammette almeno una radice nel suo dominio?
    La risposta è sì. Infatti $f$ é continua su tutto $\mathbb{R}$; inoltre, osserviamo che in $0$ assume valore negativo ($f(0)=-2$ ) mentre in $1$ assume valore positivo($f(1) =1$). Quindi in $[0,1]$ la nostra funzione soddisfa le ipotesi del Teorema degli zeri, per cui ammette una radice all’interno di tale intervallo.
  3. L’equazione
    $$e^x \sqrt[3]{ x} = 1$$
    ha uno zero?
    Innanzitutto scriviamo nella forma equivalente $\sqrt[3]{x}-e^{-x} =0$ e poniamo $f(x) := \sqrt[3]{x}-e^{-x}$. La funzione $f$ è continua in quanto somma di funzione continue, inoltre $f(0)=-1< 0$ mentre $f(1)=1-\frac{1}{e}>0$ e quindi per il Teorema degli zeri ammette una soluzione all’interno dell’intervallo $[0, 1]$.