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Svevo, "La coscienza di Zeno": "La storia del mio matrimonio"

Il quinto capitolo della Coscienza di Zeno racconta la storia del matrimonio del protagonista. Zeno decide di prendere moglie poiché Il matrimonio gli appare come un modo per guarire dalla sua malattia della volontà. Frequentando la borsa di Trieste Zeno conosce un commerciante, Giovanni Malfenti, uomo di successo e caratterizzato da tutte le qualità positive di cui egli si sente privo. Malfenti diventa una figura paterna e di riferimento per il protagonista, che inizia a frequentare assiduamente casa sua. Qui conosce le quattro figlie dell’uomo, Ada, Augusta, Alberta e Anna. Zeno si innamora della più grande e più bella, Ada, vedendola come possibile cura alla sua malattia e spinta alla salute:

 

Ada, invece, era già una donna con i suoi occhi serii in una faccia che per essere meglio nivea era un poco azzurra e la sua capigliatura ricca, ricciuta, ma accomodata con grazia e severità. È difficile di scoprire le origini miti di un sentimento divenuto poi tanto violento, ma io sono certo che da me mancò il cosidetto coup de foudre per Ada. Quel colpo di fulmine, però, fu sostituito dalla convinzione ch’ebbi immediatamente che quella donna fosse quella di cui abbisognavo e che doveva addurmi alla salute morale e fisica per la santa monogamia.

Ma la realtà dei fatti è ben diversa: la donna, infatti, non ricambia l’amore per Zeno. Una sera fa la comparsa un giovane, Guido, un nuovo pretendente di Ada, che fa breccia nel cuore della donna. Il confronto con il rivale è determinante per orientare le scelte di Zeno: Guido, uomo di successo negli affari, affascinante e dotato nelle arti (è suonatore di violino) costituisce, agli occhi del protagonista, un modello inarrivabile, con cui il confronto si rivela sempre perso in partenza: da qui, una serie di umiliazioni, patetici errori o veri "atti mancati" che svelano le ossessioni di Zeno nei rapporti con gli altri. Ad esempio, durante una seduta spiritica tenutasi nel salotto Malfenti, il protagonista al buio si dichiara alla donna vicina a lui che pensa essere Ada. In realtà si tratta di Augusta, la sorella brutta della donna amata da Zeno. Una volta trovata Ada, il protagonista si dichiara nuovamente, ma la donna lo respinge. Ferito e rifiutato si rivolge ad Alberta, ultima figlia di Giovanni Malfenti, in età di matrimonio, da cui riceve un nuovo rifiuto:

 

Guardai Alberta! Somigliava ad Ada! Era un po’ di lei piú piccola e portava sul suo organismo evidenti dei segni non ancora cancellati dell’infanzia [...]  Le dissi: - Sentite, Alberta! Ho un’idea: avete mai pensato che siete nell’età di prendere marito? - Io non penso di sposarmi! - disse essa sorridendo e guardandomi mitemente, senz’imbarazzo o rossore. - Penso invece di continuare i miei studii. Anche mamma lo desidera.

Zeno decide allora di rivolgersi alla sorella brutta, Augusta:

 

Subito le dissi: - Sentite, Augusta, volete che noi due ci sposiamo? La proposta era veramente rude. Io dovevo sposare lei e lei me, ed io non domandavo quello ch’essa pensasse né pensavo potrebbe toccarmi di essere io costretto di dare delle spiegazioni. Se non facevo altro che quello che tutti volevano! Essa alzò gli occhi dilatati dalla sorpresa [...] dapprima impallidí di piú, eppoi subito si congestionò. Con un filo di voce mi disse: - Voi scherzate e ciò è male. Temetti si mettesse a piangere ed ebbi la curiosa idea di consolarla dicendole della mia tristezza. - Io non scherzo, - dissi serio e triste. - Domandai dapprima la sua mano ad Ada che me la rifiutò con ira, poi domandai ad Alberta di sposarmi ed essa, con belle parole, vi si rifiutò anch’essa. Non serbo rancore né all’una né all’altra. Solo mi sento molto, ma molto infelice,

La donna accetta, affermando che Zeno ha bisogno di una donna che voglia vivere per lui e lei può essere quella donna, cioè una sorta di madre accondiscendente e protettiva. Quello di Zeno e Augusta diventa allora un tipico matrimonio "borghese", in apparenza sereno e felice: alle nevrosi di Zeno (da egli stesso confessate) e alla sua futura infedeltà, corrisponde lo spirito di sacrificio (che cela a sua volta il desiderio di non rimanere nubile) della consorte.

 

Il capitolo sul "matrimonio" aggiunge allora ulteriori dettagli alla "malattia della volontà" del protagonista, anziché sanarne i turbamenti. La sera stessa del loro fidanzamento Zeno prova per la prima volta un dolore periodico - una forma di zoppia - che lo accompagnerà tutta la vita. Questo handicap è di per sè un chiaro indizio dei turbamenti del protagonista, che ha finora sperato di trovare nel salotto dei Malfenti una nuova "famiglia". Invece, quando un giorno Zeno cade, Guido, esperto caricaturista, lo immortala immediatamente nella sua fragilità; da qui Zeno avverte un dolore alla gamba, riflesso di uno stato d’animo incerto, frustrato e nevrotico, che il rifiuto di Ada ha esasperato. Come si nota allora da questo episodio non è il protagonista a decidere della sua vita a fare le sue scelte e perseguirle, ma è condotto dagli eventi e dalle scelte altrui, al punto di sposare un’altra donna, che non ama. Il dolore è sintomo della sua malattia interiore (in termini freudiani, ne è la somatizzazione) di Zeno, e il suo orgoglio ferito è la manifestazione superficiale della sua inettitudine, ovvero della sua incapacità ad adattarsi a regole e convenzioni di una società che desidera l’uomo tanto forte quanto omologato. Malattia fisica e ossessione psicoanalitica procedono insomma di pari passo, come Zeno stesso prova ad ammettere a posteriori:

 

Adesso, nella vecchiaia, ne soffro meno perché, quando mi coglie, lo sopporto con indulgenza: "Ah! Sei qui, prova evidente che sono stato giovine?". Ma in gioventú fu altra cosa. Io non dico che il dolore sia stato grande, per quanto talvolta m’abbia impedito il libero movimento o mi abbia tenuto desto per notti intere. Ma esso occupò buona parte della mia vita. Volevo guarirne! Perché avrei dovuto portare per tutta la vita sul mio corpo stesso lo stigma del vinto? Divenire addirittura il monumento ambulante della vittoria di Guido? Bisognava cancellare dal mio corpo quel dolore”.