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Il ritratto di Sempronia nel “De Catilinae coniuratione” di Sallustio

Introduzione

 

All'interno della seconda Catilinaria, Cicerone aveva già dato una descrizione a tinte forti dei seguaci di Catilina e dei loro vizi. Un'umanità varia e degradata, in cui si poteva rintracciare ogni sorta di reietto o delinquente. All'interno di questa congrega sembra dunque trovarsi molto bene la matrona Sempronia, di cui Sallustio, all'interno del De Catilinae coniuratione, fa un ritratto “a tinte forti”.

 

Riassunto

 

Sempronia apparteneva alla stessa famiglia dei Gracchi e aveva avuto un ruolo probabilmente molto marginale all'interno della congiura 1, tanto che il De Catilinae coniuratione è l'unica fonte che ci parla di lei. Sallustio decide comunque di descrivercela, probabilmente in quanto moglie di Decimo Giunio Bruto Albino 2, uno degli appartenenti alla congiura che aveva portato nel 44 a.C alla morte di Cesare, protettore dell'autore.

Questo breve ed incisivo ritratto diventa dunque occasione per creare un ritratto paradossale e ambiguo, simili sotto molti aspetti a quello di Catilina (capitolo 5). Sempronia appare infatti dotata di molte virtù, ma anche di non pochi vizi, tanto che il giudizio stesso di Sallustio sul personaggio sembra oscillare tra i due opposti della lode e del biasimo. Questo fatto traspare anche a livello semantico, mediante l'utilizzo di termini ambigui come facinus, che si traduce solitamente col termine italiano “delitto”, ma che può essere usato anche in senso neutro per indicare un'azione in generale 3. Inizialmente Sempronia viene addirittura caratterizzata come fortunata a causa del marito e del figlio, che sono intesi come motivo di felicità per qualsiasi matrona romana. Ma questo sprazzo di tradizionalismo viene chiuso bruscamente dall'elenco di arti in cui questa donna era istruita: si va dalle lettere latine e greche fino al ballo e al suono della cetra. Sono tutte caratteristiche e doti che indicano un intelletto femminile duttile e vivace, ma che, al tempo stesso, infrangono la gravitas (e cioè, l’insieme di autorevolezza, serietà e decoro trasmesso dal mos maiorum) che una matrona romana doveva necessariamente possedere, almeno secondo la morale conservatrice di cui Sallustio era portavoce.

Se l’autore elenca dunque le colpe di cui Sempronia si sarebbe macchiata facendola “cadere a precipizio” con tutti gli altri catilinari, nel finale del capitolo venticinquesimo la figura di Sempronia viene in qualche modo “nobilitata” tramite l'elencazione di una serie di sue doti (il saper comporre versi, suscitare il riso, il saper adeguare il proprio linguaggio a ogni sorta di situazione) che, per quanto non tradizionali, rendono di sicuro la donna una figura un emblema della vita dei salotti aristocratici dell'epoca.

Quella di Sempronia non doveva infatti essere una figura rara nella Roma del tempo. Un altro esempio di donna colta e spregiudicata ci viene offerto da Clodia. Sorella di Clodio, luogotenente di Cesare a Roma, è probabilmente da identificare con la Lesbia che aveva suscitato l'amore di Catullo, che canta lamore per lei nel carme 5 (Vivamus, mea Lesbia, atque amemus) e si strugge del tormento dell’amore nel celebre Odi et amo (carme 85). Donne come Lesbia e Sempronia non erano però ben viste dalla nobiltà, che, quando poteva, usava la loro emancipazione come capo d'accusa contro di loro, come aveva fatto a esempio Cicerone nei confronti della stessa Clodia nella Pro Caelio 4. Almeno formalmente, la morale ufficiale era ancora quella sostenuta da Marco Porcio Catone, detto il Censore 5.

 

Testo

 

Sed in iis 6 erat Sempronia, quae multa saepe virilis audaciae 7 facinora 8 conmiserat. Haec mulier genere atque forma, praeterea viro liberis 9 satis fortunata fuit; litteris Graecis et Latinis docta 10, psallere 11 et saltare elegantius 12, quam necesse est probae 13, multa alia 14, quae instrumenta luxuriae sunt. Sed ei cariora 15 semper omnia quam decus atque pudicitia fuit; pecuniae an famae minus parceret 16, haud facile discerneres 17; lubido sic accensa, ut saepius 18 peteret viros quam peteretur 19. Sed ea saepe antehac fidem prodiderat, creditum abiuraverat, caedis conscia fuerat; luxuria atque inopia 20 praeceps 21 abierat 22. Verum 23 ingenium eius haud absurdum: posse 24 versus facere, iocum movere, sermone uti 25 vel modesto vel molli vel procaci; prorsus multae facetiae multusque 26 lepos inerat 27.

 

Traduzione


Ma tra questi vi era Sempronia, che spesso aveva commesso molte azioni di virile audacia. Questa donna fu abbastanza fortunata per la stirpe e l'aspetto, e inoltre per il marito e i figli; era istruita nelle lettere greche e latine, nel suonare la cetra e nel ballare in maniera più raffinata di quanto fosse necessario per una donna onesta, e inoltre in molte altre cose che sono strumenti di dissolutezza. Ma per lei furono sempre gradite tutte le cose più del decoro e del pudore; tu non avresti potuto capire se lei avesse meno misericordia per il denaro o per la buona fama; la libidine era così ardente che ricercava gli uomini più spesso di quanto fosse cercata da loro. Ma spesso quella in precedenza aveva tradito un giuramento, negato un debito, era stata complice di un delitto; per la lussuria e la povertà era caduta a precipizio. Ma il suo ingegno non era spregevole: era in grado di comporre versi, suscitare il riso, adoperare un linguaggio modesto o languido o sfrontato; insomma, in lei c'erano molta arguzia e molta grazia.

1 Pare che la donna avesse infatti offerto la propria casa per un incontro tra i congiurati e gli ambasciatori della popolazione gallica degli Allobrogi.

2 Da non confondere col più celebre Marco Giunio Bruto, figlio adottivo di Cesare e uno dei capi dei Cesaricidi.

3 Facinus, -oris può infatti significare “crimine, scelleratezza” oppure “impresa, fatto, gesta”.

4 Nel 56 a.C Clodia accusò Marco Celio di aver tentato di avvelenarla. Cicerone, che aveva assunto la difesa del giovane, muove un vero e proprio atto di accusa nei confronti della donna e dei suoi comportamenti eccessivamente liberi, accomunandola a una prostituta. Il fine della difesa era chiaramente quello di screditare Clodia, facendo così apparire inattendibile l'accusa stessa.

5 Si ricordino a proposito le sue battaglie a sostegno della Lex Oppia, sulla limitazione del lusso femminile, della Lex Orchia, per limitare i banchetti e i ricevimenti, e della Lex Voconia, contro l’accumulo di ricchezze da parte delle donne.

6 In iis: “tra questi”, ovvero tra i congiurati. La preposizione in, quando regge l'ablativo plurale, può avere valore partitivo, come in questo caso.

7 virilis audaciae: si tratta di un genitivo di qualità. Audacia è una vox media, ovvero un termine che può avere più significati, anche opposti tra loro. Audacia possiede infatti un significato positivo (“audacia”, “coraggio”), ma anche uno negativo (“sfrontatezza”), che viene frequentemente usato in contesto politico per indicare l'animo rivoluzionario e distruttore nei confronti dell'autorità costituita, e non a caso questo termine viene spesso usato per connotare Catilina e i suoi seguaci. Ma nel caso di Sempronia c’è un’ulteriore stratificazione, dal momento che l'audacia viene connotata come “virile”, avvicinando il vocabolo al suo concetto positivo di “coraggio”. Per quanto non manchino nella tradizione romana esempi di donne coraggiose (come Clelia, la ragazza consegnata come pegno di guerra al re estrusco Porsenna e che fuggì a nuoto nel Tevere; secondo Tito Livio nell’Ab urbe condita, Porsenna rimase sbalordito dal coraggio della giovane), sembra di scorgere nell'uso di questo termine una connotazione negativa, come se Sempronia non fosse capace di stare al proprio posto, cosa che non poteva essere vista positivamente nella società tradizionale romana che prevedeva per la donna solo il ruolo di “angelo del focolare”.

8 facinora: accusativo plurale neutro del sostantivo di terza declinazione facinus, facinoris. Anche questo termine è una vox media. Facinus possiede infatti un significato negativo (“cattiva azione”, “delitto”) ma anche uno neutro (“azione” in generale). L'utilizzo di questa parola serve qui a mantenere l'ambiguità circa la reale condizione di Sempronia, anche perché queste azioni - che al momento non vengono ancora specificate . sono qualificate come “di virile audacia”, e quindi di per sé non necessariamente negative.

9 genere... forma... viro... liberis: Sono quattro ablativi di limitazione. I primi due termini indicano le qualità innate (noi diremmo addirittura genetiche), mentre i secondi due indicano quanto Sempronia ha ottenuto dalla sua vita. Possiamo notare come l'avere un buon marito e buoni figli sia quanto di meglio una donna romana potesse chiedere dalla sorte. La madre di Tiberio e Caio Gracco, appartenente alla stessa gens di Sempronia, affermava con orgoglio che i suoi gioielli erano i due figli.

10 docta: questo participio perfetto regge in un primo momento l'ablativo di limitazione (“litteris graecis et latinis”), poi, mediante l'uso di una variatio, i due infiniti “psallere” e “cantare”, e in ultimo l'accusativo di relazione, “multa alia”. A questa frase è sottinteso il verbo essere (erat).

11 psallere: è un grecismo. Probabilmente Sallustio usa questo verbo con una connotazione dispregiativa, dal momento che il suonare strumenti musicali era un divertimento estraneo alla tradizione romana e che si era imposto proprio tra quella gioventù istruita ed ellenizzata che, secondo la mentalità conservatrice, aveva fatto cadere la virtù dei fondatori della potenza di Roma. Suonare la cetra e danzare erano infatti azioni che andavano contro la gravitas romana. Cornelio Nepote nel proemio della sua opera afferma che non bisogna stupirsi se riguardo a personaggi come Epaminonda si citasse positivamente il fatto che sapesse danzare o suonare il flauto; Epaminonda era infatti un greco e seguiva abitudini diverse rispetto a quelle dei romani.

12 elegantius: comparativo di maggioranza dell'avverbio eleganter.

13 probae: Aggettivo sostantivato. È un dativo di vantaggio.

14 multa alia: accusativo di relazione.

15 cariora: comparativo di maggioranza dell'aggettivo carus, cara, carum. Concorda con l'aggettivo sostantivato omnia.

16 parceret: il verbo parco, parcis, peperci, parsum, parcere regge il dativo.

17 discerneres: congiuntivo imperfetto del verbo discerno, discernis, discrevi, discretum, discernere. Il verbo è ha valore potenziale.

18 sapius: Comparativo di maggioranza dell'avverbio Saepe.

19 ut...peteretur: subordinata consecutiva avente come antecedente l'avverbio sic.

20 luxuria atque inopia: ablativi di causa.

21 praeceps: aggettivo della seconda classe a una uscita. Letteralmente vorrebbe dire “a testa in giù”; praeceps deriva infatti da prae + caput.

22 prodiderat...abiuraverat...fuerat...abierat: questi quattro verbi formano un omoteleuto molto forte, ovvero una figura retorica (detta anche omeoteleuto) che gioca sulla somiglianza fonica nella terminazione di parole vicine tra loro.

23 Verum: il periodo che qui inizia presenta una fortissima variatio. A una frase nominale, cioé priva di verbo, (“ingenium eius haud absurdum”), segue infatti un infinito storico (“posse”), salvo poi terminare con un normale indicativo imperfetto (“inerat”). Si tratta di un ottimo esempio dell’inconcinnitas stilistica sallustiana.

24 posse: è infinito di possum, potes, potui, posse, composto irregolare del verbo sum. Posse è un infinito storico e regge i successivi infiniti (facere, movere, uti). In questo caso assume il significato un po' particolare di “essere in grado”, “essere capace di”.

25 uti: infinito del verbo deponente ūtor, ūtĕris, usus sum, ūti. Il verbo può reggere il caso ablativo, che in questo caso è il sostantivo sermone (da sermo, sermonis “discorso, conversazione”).

26 multae... multusque: si tratta di un poliptoto.

27 inerat: Imperfetto di insum, ines, infui, inesse, composto di sum. Regge un complemento di stato in luogo sottinteso (in ea).