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La Scuola siciliana: fonti, lingua, metrica

Il repertorio lirico della Scuola siciliana comprende circa 150 testi, una parte dei quali anonimi. La fortuna e la trasmissione delle opere è da attribuire all'attività dei copisti toscani che intervengono sugli scritti con un lavoro di traduzione dal siciliano al toscano, conservato in tre canzonieri duecenteschi (composti tra Firenze, Lucca e Pisa): sillogi che dimostrano il forte interesse per i rimatori federiciani in area toscana. Le fonti che presentano i testi in lingua originale sono per la gran parte frammentarie e appartengono esclusivamente al filologo del Cinquecento Giovanni Maria Barbieri. La lingua originaria, coniata sull'idioma siciliano, viene arricchita dal latino e ornata di provenzalismi: rappresenta un mezzo di evasione per una ristretta cerchia di cultori raffinati e non si prefigge lo scopo di raggiungere un vasto pubblico.

 

Il lavoro di traduzione dei copisti toscani si concentra soprattutto sulle vocali presenti in rima:  risulta molto diffusa l'abitudine dei copisti di far rimare “u” con “o” (ad esempio, “-uso” con “-oso”) ed “e” con “i” (ad esempio, “-ere” con “-ire”), per eliminare il suono vocalico originario, come per i verbi “prisu” e “misu” (che nella traduzione toscana viene trasformato in “miso”); con la creazione di una rima imperfetta. Nasce in questo modo la rima siciliana, molto utilizzata dai poeti del Trecento (tra cui Dante), che considerano queste anomalie degli esiti voluti dagli stessi rimatori della Scuola al fine di aggiungere preziosità ai componimenti. L'ispirazione tematica trobadorica resta circoscritta nelle liriche ai soli temi amorosi: il tema del servizio da prestare all'amata, la metafora feudale del rapporto amoroso e la fin'amor, e vengono del tutto esclusi riferimenti a persone e a fatti concreti. Nei manoscritti è pressoché assente la notazione musicale, motivo per cui si ritiene che i componimenti siano concepiti esclusivamente per la lettura.

 

Alla lirica siciliana viene attribuita la creazione del sonetto, e più precisamente a Giacomo da Lentini, il cui canzoniere è il più ricco per numero di liriche e il più variegato dal punto di vista metrico: oltre ai sonetti sono presenti canzoni e canzonette (il genere  più diffuso tra i Siciliani), oltre a un discordo. Del tutto assente è il sirventese, utilizzato nella lirica trobadorica per argomenti morali o politici, nonché la tornada nella struttura della canzone, sede deputata alla citazione di fatti, persone, luoghi.