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La Guerra fredda: riassunto

Introduzione 

La Guerra fredda comincia con la fine della Seconda guerra mondiale ed è caratterizzata dall’opposizione tra Stati Uniti e Unione Sovietica, due grandi potenze con due diversi modelli di sviluppo: da un lato il capitalismo, dall’altro il comunismo. Pur definendosi “guerra” non assistiamo mai ad uno scontro diretto tra le due potenze: questo conflitto infatti non può essere risolto militarmente poiché l’avvento di strumenti di distruzione di massa come la bomba atomica (sperimentata con i bombardamenti su Hiroshima e Nagasaki) rende impraticabile l’opzione militare, pena la distruzione mondiale. Questo non impedisce però lo scoppio di una serie di guerre regionali, all’interno delle quali le due potenze si schierano appoggiando l’uno o l’altro dei contendenti, in una continua battaglia volta all’affermazione della propria egemonia. 

 
La creazione di due blocchi contrapposti (1945-1950) 

Nelle fasi finali del secondo conflitto mondiale le potenze ormai vittoriose (Gran Bretagna, Stati Uniti e URSS) si incontrano per stabilire i destini europei, prima a Yalta (4-11 febbraio 1945) e poi a Potsdam (17 luglio - 2 agosto 1945). È in queste conferenze che viene definito il futuro della Germania e di Berlino, che sono divise in quattro zone occupate dalle potenze vincitrici e dalla Francia. 

La guerra però ha piegato le economie gli stati europei e solo USA e URSS possono competere in qualità di potenze mondiali, anche se i due stati si trovano in una situazione decisamente diversa: l’URSS esce molto provata da una guerra che ha devastato il suo territorio, mentre gli USA sono assai floridi e ricchi, anche grazie al fatto che i combattimenti non li hanno colpiti direttamente. Tra le due grandi potenze, non più legate dal comune nemico nazista, emergono le differenze riguardanti i sistemi ideologici ed economici che le caratterizzano: da un lato il capitalismo americano (e occidentale) e comunismo sovietico. Proprio la convinzione della superiorità del proprio modello di sviluppo porterà alla contrapposizione tra esse, che si manifesterà inizialmente in una differenza di vedute sul futuro della Germania. 

Già dal 1946 la tensione tra le due potenze emerge in alcuni discorsi che segneranno la teorizzazione della guerra fredda: in febbraio, Stalin parla di un mondo diviso tra capitalismo e comunismo, due differenti schieramenti destinati a scontrarsi, mentre Winston Churchill, primo ministro britannico parla di una “cortina di ferro” che è scesa sull’Europa, dividendola dal Baltico all’Adriatico. Un funzionario americano, George Kennan, ritenendo che i sovietici facciano leva sulla situazione di ostilità internazionale per mantenere il pugno di ferro all’interno del paese e puntino ad una futura espansione in Europa, conia quella che diverrà nota come la “teoria del containment: per Kennan è fondamentale contenere la diffusione del comunismo all’interno dei confini dell’URSS, tutelando gli interessi e il modello di sviluppo americano nel mondo. Negli anni tra la fine della guerra e il 1950 Stalin infatti crea alcuni stati-satellite alle porte dell’URSS imponendo governi comunisti in Polonia, Romania, Bulgaria, Cecoslovacchia, Ungheria. La sovietizzazione dell’Europa orientale avviene principalmente attraverso metodi autoritari. Nel 1948 la Jugoslavia di Tito si oppone a questo processo, rivendicando il proprio carattere di forza nazionale protagonista della resistenza partigiana all’occupazione nazista. Questo atteggiamento conduce alla rottura con Stalin e ad una defezione significativa per il progetto sovietico: la Jugoslavia da questo momento porta avanti un atteggiamento di equidistanza tra i due blocchi che vanno definendosi. 

Questi anni sono anche segnati da un progressivo impegno statunitense in Europa, sempre al fine di evitare un espansionismo comunista e - come affermò Truman in un suo celebre discorso del 1947 che costituì il fulcro della “Dottrina Truman” - “sostenere i popoli liberi che resistono all’asservimento da parte di minoranze armate o da pressioni esterne”. Così gli Stati Uniti dapprima si sostituiscono alla Gran Bretagna nell’elargire aiuti economici aGrecia e Turchia e nel giugno del 1947 lanciano lo European Recovery Program, anche noto come Piano Marshall dal nome del segretario di stato USA che lo annuncia. Questo piano prevede aiuti economici ai paesi europei per la ricostruzione post-bellica e supporto nella creazione di un mercato europeo. Anche l’URSS viene invitata ad aderire al piano ma preferisce declinare l’offerta e opporsi ad esso, ritenendolo uno strumento dell’imperialismo americano. 

In questo clima il più importante terreno di confronto tra le due grandi potenze diventa la Germania: nel giugno del 1948 gli occupanti del settore occidentale (inglesi, francesi ed americani) unificanole loro porzioni di territorio e iniziano a farvi circolare una moneta unica, in vista dellacreazione di uno stato tedesco autonomo. L’URSS, che occupa il settore tedesco di cui fa parte Berlino (città divisa a sua volta in quattro settori), reagisce con il blocco delle vie di terra di accesso alla città che durerà fino al maggio 1949 (dando vita anche ad un celebre “ponte aereo” da parte delle forze occidentali) e costituisce la prima grande contrapposizione tra potenze della Guerra fredda. Pochi mesi dopo la fine del blocco nasce la Repubblica Federale Tedesca nel settore occidentale, seguita dalla Repubblica Democratica Tedesca in quello sovietico. 

L’ultimo tassello nella definizione delle due sfere contrapposte è costituito dalla creazione della NATO con la firma, il 4 aprile 1949, del Patto Atlantico. La minaccia dell’espansionismo sovietico richiede infatti un’alleanza degli stati occidentali sul piano militare, in quanto gli Stati Uniti altrimenti non possono garantire adeguata protezione all’Europa; con la firma di questo trattato viene definitivamente meno la politica isolazionista statunitense. Il 1949 si chiude con due eventi che spingono ancora di più gli Stati Uniti a temere per la propria supremazia. Infatti, se la superiorità delle forze militari di terra dell’URSS è stata fino ad ora bilanciata dal fatto che solo gli USA dispongono della bomba atomica, con gli esperimenti nucleari sovietici nell’agosto del 1949 questa sicurezza statunitense viene meno. A questo si associa la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese nell’ottobre del 1949: la vittoria di Mao in Cina e gli accordi stipulati con l’URSS alimentano una percezione del comunismo internazionale come di un fenomeno monolitico asservito alla potenza sovietica. La reazione negli USA alla “minaccia comunista”è rappresentata dal documento del National Security Council memorandum 68 (NSC-68) dell’aprile 1950, nel quale si delineano le misure da prendere per opporsi al rafforzamento sovietico. Queste vanno dall’aumento degli investimenti nella difesa, all’incremento delle forze statunitensi, allo sviluppo di un programma per la bomba all’idrogeno

 
Dal riarmo alla coesistenza pacifica (1950-1956

Il 25 giugno del 1950 lo stato comunista della Corea del Nord invade l’omonimo stato del sud, a regime non comunista 1. Ha inizio così la Guerra di Corea, che vede l’intervento diretto USA su mandato ONU, mentre URSS e Cina agiscono appoggiando non ufficilamente la Corea del Nord. Nel 1953, dopo alterne vicende, si giunge alla firma di un armistizio che, di fatto, ripristina la situazione iniziale. La guerra di Corea spinge però Truman a prendere la strada del riarmo, applicando molti dei suggerimenti presenti nel memorandum NSC-68, come ad esempio l’aumento delle forze militari in Europa e, più in generale, del numero dei militari statunitensi e l’ampliamento degli investimenti nell’ambito della difesa. 

Nonostante l’aumento delle forze militari statunitensi in Europa, le forze NATO schierate nella regione rimangono comunque inferiori a quelle dell’esercito sovietico e dei suoi stati satellite. Per questo motivo si inizia a discutere della possibilità che la Germania possa contribuire attivamente alla difesa europea. Nei primi anni ’50 si cerca quindi di perseguire una politica volta a riarmare la Repubblica Federale Tedesca all’interno di un contesto di unità europea, ma il progetto fallisce, in particolar modo per la diffidenza che la Francia mantiene nei confronti del vicino tedesco. La soluzione è che il riarmo tedesco avvenga tramite l’ingresso nella NATO nel 1955, che coincide di fatto con la fine dell’occupazione dei suoi territori da parte delle tre potenze occidentali. L’URSS risponde all’indipendenza della Germania Ovest con la stipula del Patto di Varsavia, un’alleanza difensiva con i propri stati satellite 2

Intanto assistiamo ad un grande cambiamento al vertice delle due grandi potenze: nel 1953 Stalin muore e gli succede prima Georgij Malenkov e poi Nikita Krusciov (in russo, Nikita Sergeevič Chruščëv) dal 1955; negli Stati Uniti, Truman invece termina il suo mandato e si insedia come nuovo presidente il generale Dwight Eisenhower. I nuovi leader danno il via ad un periodo di disgelo, caratterizzato da un atteggiamento più accomodante dell’URSS in politica estera e dalla firma del trattato che concede l’indipendenza all’Austria, ponendo fine alla sua occupazione da parte delle potenze vincitrici. Anche dal punto di vista degli armamenti assistiamo ad una nuova politica di difesa caratterizzata, per entrambe le potenze, dall’uso del deterrente nucleare e da una riduzione della spesa per la difesa

Nel solco di questo processo rientra anche il famoso discorso di Krusciov del febbraio 1956 al XX Congresso del Partito Comunista Sovietico: egli difende la nuova politica di coesistenza pacifica con l’occidente e condanna apertamente i crimini di Stalin e il “culto della personalità” connesso alla sua figura. Inoltre nei mesi successivi scioglie il Cominform e apre ad una distensione con Tito e ad una maggiore libertà per i governi comunisti degli stati satellite. Questa apertura provoca però dei gravi sommovimenti interni in Polonia e Ungheria: in Polonia la situazione viene risolta con un cambio ai vertici del governo locale, mentre in Ungheria deve intervenire l’esercito, provocando un’ondata di sdegno anche tra coloro che, in occidente, guardavano con favore alla svolta di Krusciov. La vicenda ungherese mostra come la politica riformista del leader sovietico abbia limiti evidenti: se da un lato la situazione internazionale di contrapposizione tra blocchi rende impossibile mettere in discussione gli assetti geopolitici formatisi dopo la guerra, dall’altro il potere sovietico sugli stati satellite continua a basarsi su un rapporto coercitivo, senza riuscire a cambiare davvero prospettiva accordando maggiore autonomia e libertà agli alleati. 

 
La guerra fredda nelle periferie e la nuova corsa agli armamenti (1956-1963) 

A partire dagli anni ’50, il processo di decolonizzazione in atto finisce per essere condizionato dalle dinamiche dello scontro tra USA e URSS. Le due grandi potenze si trovano a giocare un ruolo fondamentale anche nelle periferie del mondo, non tramite una politica coloniale ma mediante l’appoggio politico ai diversi governi al fine di allargare la propria sfera di influenza. In questo ambito centrali sono gli avvenimenti in Medio Oriente, con il crescere della tensione tra i paesi arabi e il neonato stato di Israele, e significativa è l’esperienza dell’Egitto di Nasser, che riesce a sfruttare a proprio vantaggio la contrapposizione tra USA e URSS per ottenere supporto economico. 

La coesistenza apparentemente pacifica sposta il confronto tra le due potenze all’ambito economico e a quello della corsa agli armamenti. Quest’ultimo aspetto diventa centrale nella seconda metà degli anni ’50 dando vita ad una sempre maggiore ricerca soprattutto in ambito missilistico e portando al lancio nel 1957 del primo satellite sovietico, lo Sputnik, che anticipa di un anno il primo lancio statunitense. La propaganda di Krusciov genera negli USA l’idea che vi sia un forte gap missilistico a proprio sfavore, quando in realtà sono gli Stati Uniti a godere di una schiacciante superiorità in questo campo. Su tale tema, molto caldo in questi anni, si basa la campagna elettorale di John Fitzgerald Kennedy, che diviene presidente nel 1961 e che potenzierà, tra le altre cose, la capacità nucleare USA contribuendo all’intensificazione della corsa agli armamenti che caratterizzerà i primi anni ’60. Parallelamente però, proprio sul tema degli armamenti nucleari, assistiamo ad alcune fratture all’interno dei blocchi contrapposti: tra la metà degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 si assiste ad un deterioramento e successivamente ad una rottura dei rapporti tra Cina e URSS, mentre sul fronte occidentale è la Francia di De Gaulle a mettere in discussione la politica Statunitense dotandosi di un proprio armamento nucleare. 

L’acuirsi delle tensioni a cavallo tra gli anni ’50 e gli anni ’60 sfocia in due episodi centrali per l’equilibrio politico mondiale, riguardanti la città di Berlino e l’isola di Cuba. Nel 1958 Krusciov dà avvio alla cosiddetta crisi di Berlino, al fine di fermare il processo di rafforzamento della Repubblica Federale Tedesca. Il prodotto di questo scontro, protrattosi fino al 1961, sarà la costruzione del famoso muro a dividere le due diverse zone d’occupazione della città.  

A Cuba invece sono gli statunitensi ad intervenire nella politica interna dell’isola: intimoriti dall’avvicinamento del regime di Castro all’URSS tentano prima un’azione militare sotto copertura con lo sbarco alla Baia dei Porci e poi, scoperta la presenza di missili sovietici in territorio cubano, attuano un blocco navale per imporre lo smantellamento degliarmamenti. La crisi si risolve per il meglio dopo alcuni giorni in cui il mondo è nuovamente sull’orlo di una guerra. Il lascito di questi avvenimenti è rappresentato dall’installazione del telefono rosso, una linea diretta tra il Cremlino e la Casa Bianca per prevenire incidenti, e dalla fine del periodo di massima tensione della guerra fredda. 

 
Dalla guerra del Vietnam alla prima distensione (1963-1972) 

Nel 1954 il Vietnam viene diviso in due seguendo il 17° parallelo, dopo la dura sconfitta imposta alla Francia nella Guerra d’Indocina dai comunisti Viet Minh, che ottengono la giurisdizione nella parte nord del paese. Negli anni successivi inizia una guerriglia di matrice comunista nel sud del paese: qui vengono coinvolti attivamente gli USA, che appoggiano al governo al fine di evitare il diffondersi di regimi comunisti, in particolare dopo la vittoria maoista in Cina.  

Nell’ottica “globale” della Guerra fredda il conflitto regionale vietnamita assume una rilevanza strategica: dal 1965 l’impegno USA nella regione diviene consistente, e il grande numero di soldati inviati sul posto di fatto indica l’inizio di una guerra vera e propria, dato che il Vietnam del Nord viene appoggiato e sostenuto militarmente da URSS e Cina. Questo conflitto si trascina fino alla vittoria comunista del 1975 ed è uno degli avvenimenti più significativi di questi anni: in Vietnam infatti le due grandi potenze si scontrano (anche se non direttamente) e questo scontro rappresenta una delle guerre più lunghe e drammatiche nella storia statunitense, che vedrà tra le sue conseguenze anche la nascita e lo sviluppo di per cessare la quale prendono vita grandi movimenti di opposizione al conflitto vietnamita in tutto l’Occidente. 

Tra il 1963 e il 1964 si veirifica un nuovo cambio di leadership ai vertici di USA e URSS: Kennedy viene assassinato il 22 novembre del 1963, mentre Nikita Krusciov viene costretto a dimettersi a favore di una nuova dirigenza collegiale, da cui successivamente emergerà Leonid Brèžnev. Il cambiamento di politica in URSS è caratterizzato dalla volontà di proseguire nella coesistenza pacifica, con però una maggior cautela in politica estera, un minor attivismo nel Terzo Mondo e la volontà di ricucire i rapporti con la Cina. Questi propositi però non impediscono ai vertici sovietici di intervenire in Cecoslovacchia nel 1968 per reprimere l’esperimento riformatore della cosiddetta “primavera di Praga” in quanto un cambio degli equilibri europei con la messa in discussione del modello comunista era ancora da considerarsi inaccettabile. 

D’altro canto, dalla metà degli anni ’60, dopo le crisi che avevano caratterizzato i primi anni del decennio, si inizia a pensare ad un ridimensionamento degli armamenti nucleari e si apre una fase di distensione tra USA e URSS che ha il suo culmine nella firma degli accordi SALT (Strategic Arms Limitation Talks) del 1972 e successivamente con l’accordo commerciale tra le due grandi potenze. Parallelamente, gli USA portano avanti una politica di avvicinamento con la Cina, segnata dal tacito assenso del passaggio del seggio permanente dell’ONU alla Repubblica Popolare Cinese e dal viaggio dell’allora presidente Nixon a Pechino nel 1972. La politica di dialogo e vicinanza tra Cina e USA ha per entrambe le potenze un’importante valenza, sia come elemento di pressione nei confronti dell’URSS, sia comebilanciamento del suo potere in Asia. 

La nuova fase di distensione non mette però fine alla coesistenza competitiva tra i due blocchi: la situazione è ormai stabilizzata in Europa ma il confronto continua oltre i confini del Vecchio mondo, come ad esempio nella guerra tra India e Pakistan del 1971. A migliorare la stabilità europea e a favorire la politica di distensione contribuisce l’Ospolitik della Germania Ovest: tra i vari episodi, si possono citare la conclusione di un accordo con la Germania Est e il riconoscimento dei confini con la Polonia e con l’Unione Sovietica. 

 
Il riacuirsi delle tensioni (1973-1981) 

Un nuovo campanello di allarme per la distensione si ha nel 1973 a causa della guerra dello Yom Kippur che oppone Egitto e Israele e che porta USA e URSS a schierarsi al fianco dei loro alleati nella regione, innalzando il livello di allerta nucleare. Al contempo sono in corso nuovi negoziati tra le due potenze per la limitazione degli armamenti, ma la situazione tra i due paesi resta sempre più tesa: in particolare le accuse dell’opposizione interna al presidente Ford, a causa del suo comportamento ritenuto eccessivamente concessivo con i sovietici, contribuiscono al fallimento delle trattative. A complicare la situazione contribuiscono poi varie crisi a livello internazionale: dalla vittoria dei sandinisti in Nicaragua, alla crisi degli ostaggi dell’ambasciata americana in Iran, fino all’intervento sovietico in Afghanistan. Così la tensione torna a crescere tra le due potenze, alimentata anche dall’intransigentismo del nuovo presidente americano Ronald Reagan, in carica dal 1981 al 1989. 

 
L’era Reagan e la distensione (1981-1991) 

La politica di Reagan è caratterizzata dalla contrapposizione totale al comunismo, tanto da opporsi a qualunque regime comunista con ogni mezzo, come avviene ad esempio in America Centrale, e da sostenere in tutto il mondo le forze anticomuniste, tra cui gli oppositori dell’URSS in Afghanistan. L’altro aspetto determinante è il crescente investimento nel riarmo, in quanto Reagan crede che la deterrenza nucleare non sia sufficiente a impressionare l’URSS. Rientrano in questo campo il posizionamento di missili nucleari in Europa e la volontà di dotarsi di un sistema di difesa strategica, detto “scudo spaziale”. Per contro l’URSS è economicamente molto provata: si trova in una fase di stagnazione e gran parte delle sue risorse sono state assorbite dalle spese militari. Inoltre la nascita del sindacato Solidarnosc in Polonia e le vicende che ne seguono mettono in luce un crescente malumore negli stati satellite. 

Nel 1985, con l’elezione di Michail Gorbaciov (in russo, Michail Sergeevič Gorbačëv) a nuovo Segretario Generale, la politica sovietica cambia. Il progetto di Gorbaciov è caratterizzato da due parole chiave: perestroika, riferito al complesso di riforme miranti ad una ristrutturazione economica, e glasnost, termine (“trasparenza”) che punta a promuovere una maggiore partecipazione pubblica alla vita politica del paese. A partire da questi concetti Gorbaciov porta avanti una campagna volta a ridurre le tensioni con gli USA, iniziando lui stesso con l’annuncio di una moratoria sui test nucleari. Le due potenze giungono così ad un accordo che prevede la rimozione dei missili a media gittata, mentre l’URSS avvia un programma di riduzione delle proprie forze armate e di ritiro dall’Afghanistan. Frattanto la politica riformista di Gorbaciov viene abbracciata anche da alcuni stati satellite come la Polonia e l’Ungheria. Quest’ultima, nel 1989, apre le frontiere con l’Austria accelerando così processi come la caduta del muro di Berlino, nel 1989, e, successivamente, dei regimi comunisti della regione. Il 26 dicembre del 1991 l’URSS si dissolve definitivamente, mettendo fine anche al conflitto che ha caratterizzato gli ultimi quarant’anni di storia europea e mondiale.

1 I due stati erano stati divisi lungo il 38° parallelo nel 1948 per essere occupati al nord dall’URSS e al sud dagli USA.

2 D’altra parte però il processo di unione dell’Europa occidentale continua: iniziato nel 1951 con la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, di cui fanno parte Francia, Germania Ovest, Italia e Benelux, prosegue allargando la collaborazione economica con la nascita, nel 1957, della Comunità Economica Europea.