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"Zefiro torna, e 'l bel tempo rimena": analisi e commento

Parafrasi Analisi

Introduzione

 

In questo sonetto dal titolo Zephiro torna, e 'l bel tempo rimena Petrarca gioca sulla contrapposizione tra il ritorno alla vita del mondo naturale in primavera e la sua sofferenza amorosa per la morte di Laura.

 

Analisi

 

Il tema della primavera

 

Il componimento è inizialmente incentrato attorno al tema della primavera, che occupa, in una lunga descrizione costruita per accumulo 1, le due quartine iniziali, ricche di rimandi a fonti classiche, mitologiche e volgari - le Metamorfosi di Ovidio per il mito di Filomena e Progne, il trentesimo canto del Paradiso dantesco, le Bucoliche e le Georgiche virgiliane - che celebrano la bellezza del creato e l’armonia del mondo primaverile.

Il trionfo di Venere (v. 6) è il preludio al trionfo dell’amore, che viene citato due volte nei due versi che chiudono la prima parte della poesia:

l’aria et l’acqua et la terra è d’amor piena
ogni animal d’amar si riconsiglia.

 

La sofferenza amorosa

 

Tuttavia, il paesaggio lieto descritto fin qui conosce un drastica antitesi all’inizio delle terzine, segnato da una particella avversativa assai esplicita (v. 9: “Ma per me [...]”): il passaggio dal mondo esterno alla dimensione dell’intimità del poeta segna una netta svolta drammatica, già segnalata dalla scelta dell’aggettivazione (v. 9: “gravi”; v. 10: “profondo”; v. 14:: “aspre et selvagge”).

A determinare tale fenomeno concorrono due motivazioni diverse. Da un lato, sul piano biografico, la primavera è la stagione più dolorosa per il poeta, che in questo periodo dell’anno si è innamorato di Laura (senza veder ricambiato il proprio amore) e  che poi l’ha vista morire durante l’epidemia di peste del 1348. Dall’altro, sul piano letterario, Zephiro torna obbedisce al proposito del Canzoniere (già espresso nel sonetto proemiale Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono, v. 2: “[...] quei sospiri ond’io nudriva ‘l core; v. 6: “fra le vane speranze  e ‘l van dolore”) di descrivere tutti i tormenti della passione amorosa per illustrarne la vanità e addirittura la nocività (nell’ultimo verso, la primavera dell’amore diventa addirittura un “deserto” abitato da animali feroci) di fronte alla necessità dell’autoperfezionamento morale (una tematica che torna anche - per esempio - nella celebre epistola delle Familiari sull’ascesa al monte Ventoso).

1 Si veda l’uso insisitito della congiunzione “e” nei vv. 1-8.