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Pascoli, “Il lampo”: parafrasi e analisi

Introduzione

 

Il lampo è una ballata in due strofe in endecasillabi e rime libere inserita da Giovanni Pascoli all’interno della sezione Tristezze della terza edizione di Myricae del 1894, che accoglie già centosei componimenti. Si tratta di una lirica connotata dalle sensazioni visive, in cui la caduta di un lampo, che illumina il panorama circostante squassato dalla pioggia, diventa il pretesto per rievocare le sensazioni suscitate in Pascoli dalla notizia della morte del padre. Notizia che si è abbattuta con la potenza del fulmine e la cupezza del temporale sulla casa dell’autore, turbandone irrimediabilmente gli equilibri e tranquillità.

Il tema della morte del genitore- Ruggero Pascoli viene ucciso il 10 agosto 1867 - torna in maniera ossessiva nella produzione pascoliana, come in X Agosto o ne La cavalla storna (nei Canti di Castelvecchio).

 

Analisi

 

La lirica è caratterizzata da un evidente valore simbolico, poiché racconta, attraverso metafore evocative di un paesaggio sconvolto dal temporale, la morte del padre di Pascoli, già ricordata dall’autore in X Agosto. Questo intento simbolico appare esplicito soprattutto negli ultimi versi del componimento, dove un occhio si apre per l’ultima volta, stupito, sgomento, davanti alla consapevolezza dell’abisso. Ma sono tutti i dettagli visivi della lirica a richiamare il dolore del poeta: la terra agonizza sotto i colpi della pioggia, i movimenti delle zolle ricordano infatti piccoli e continui sussulti, e il cielo, squarciato da fulmini e coperto di nuvole, si mostra intento a combattere una battaglia che è destinato a perdere. Anche il climax ascendente con cui sono inseriti gli aggettivi riferiti a questi due elementi contribuisce a sottolineare una crescita esponenziale di sofferenza e inquietudine.

L’unico dato rassicurante è rappresentato dalla “casa” (v. 5), bianchissima e in radicale contrapposizione rispetto al nero della notte, e che funge da richiamo alla tematica pascoliana del “nido”: il nido è il simbolo di quella zona di sicurezza rappresentata dalla famiglia e dalla casa, intesa nel suo senso più immediato di struttura fisica e conosciuta che protegge dalle intemperie della vita. Ma quest’impressione di tranquillità si rivela precaria, destinata com’è a essere inghiottita dalla notte. La morte del padre viene così rappresentata nei termini di un’intrusione violenta e terribile del mondo esterno all’interno della dimensione familiare, violata definitivamente. Il lampo rappresentaallora l’evento che porta la luce su una realtà negativa: da un lato, esso permette di prenderne coscienza del male del mondo ma dall’altro determina un decisivo sovvertimento della calma e sicura consuetudine affettiva.

Tutta l’opera pascoliana, d’altronde, è dominata da un’interrogazione sull’esistenza umana, dalla dolorosa consapevolezza della sua precarietà: in questo senso, tematiche come la morte e la sofferenza hanno spesso ruolo predominante nelle sue pagine (si pensi ad esempio a Novembre o a La mia sera). A queste si affianca poi la poetica del quotidiano, costituito di cose semplici e, soprattutto, vicine, a cui il poeta si aggrappa per far fronte ai tumulti della vita e ai cambiamenti che, nonostante gli sforzi, inevitabilmente irrompono nella sua intimità, sconvolgendone gli equilibri. La lirica, buon esempio del simbolismo pascoliano, è insomma una potente testimonianza della paura e dell’angoscia funebre con cui Pascoli guarda al mondo circostante e alla realtà esterna al “nido”, visti esclusivamente come eventualità negative pronte a travolgere affetti, priorità e ritmi della delicata quiete quotidiana. Da questo punto di vista questo testo può essere accomunato per via tematica ad altri due componimenti: Il tuono, che evoca, con richiami uditivi, il fragore improvviso del tuono che interviene a disturbare la pace domestica di una madre che culla il suo neonato (vv. 6-7: “[...] soave allora un canto | s'udì di madre, e il moto di una culla”), e Temporale, in cui il nero cielo temporalesco è squarciato dall’ala bianca di un gabbiano che, impavido, riesce ad attraversarlo (vv. 6-7: “tra il nero un casolare: | un’ala di gabbiano”). 

Metro: ballata “piccola” di due strofe di endecasillabi a rime libere (schema: A BCBCCA).

  1. E cielo e terra si mostrò 1 qual era:
  2. la terra ansante 2, livida, in sussulto;
  3. il cielo ingombro, tragico, disfatto 3:
  4. bianca bianca 4 nel tacito tumulto 5
  5. una casa apparì sparì 6 d’un tratto;
  6. come un occhio 7, che, largo, esterrefatto,
  7. s’aprì si chiuse 8, nella notte nera 9.
  1. E il cielo e la terra si fecero vedere così come erano:
  2. la terra che rantolava, cianotica, come mossa da singhiozzo;
  3. il cielo pieno di nuvole, carico di un’aria tragica, disfatto:
  4. nel silenzioso smuoversi degli elementi, bianchissima
  5. una casa apparve e poi scomparve in un attimo;
  6. come un occhio, che spalancato dallo stupore,
  7. si aprì e poi si chiuse, nella notte buia.

 

1 si mostrò: l’azione dello svelamento è determinata dalla luce del lampo che dà titolo al componimento. Non essendovi nel testo altri elementi che indicano che è il lampo ad illuminare per un istante la scena notturna, tutta la poesia acquista un tono impressionistico ed allucinato, che rimanda alla visione straniata del “fanciullino” pascoliano.

2 terra ansante: si tratta di una personificazione, in quanto la terra sembra un organismo vivo.

3 ingombro, tragico, disfatto: anche il cielo prende vita durante il temporale e il moto delle nuvole dà l’idea di un corpo che soffre e si lacera (come soffre e si lacera intimamente il poeta per il suo lutto privato).

4 bianca bianca: ripetizione; l’accostamento dei due aggettivi ha l’effetto di rafforzarne il significato, come se componessero una forma superlativa.

5 tacito tumulto: ossimoro, ma anche allitterazione, per la ripetizione della - t.

6 apparì sparì: si tratta di una antitesi, che fotografa l’istantaneità con cui il lampo fa scorgere una casa nella campagna nera.

7 come un occhio: similitudine.

8 s’aprì si chiuse: altra antitesi, come nel caso dei due verbi precedenti (v. 5: “apparì sparì”); la costruzione ellittica della frase è caratteristica della produzione di Pascoli, che spesso nelle sue liriche riduce l’impiego di nomi,  verbi e congiunzioni per esprimere un senso di immediatezza e, al tempo stesso, di inquietante indeterminatezza.

9 nella notte nera: allitterazione del suono - n.

Testo su Myricae

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