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“Padre del ciel, dopo i perduti giorni” di Petrarca: parafrasi e commento

Introduzione

 

Il sonetto di Petrarca Padre del ciel, dopo i perduti giorni, collocato in sessantaduesima posizione nei Rerum vulgarium fragmenta, è un “testo d’anniversario”, ovvero un testo in cui il poeta torna sulla ricorrenza dell’innamoramento per Laura, ricordato nel terzo testo della raccolta, Era il giorno ch’al sol si scoloraro, e poi della morte di lei. Qui si tratta, secondo l’epigrafe del testo, dell’undicesimo anniversario dell’innamoramento (come dichiarato al v. 9), il che fa collocare questo testo al 6 aprile 1338.

Il tema è quello, caratteristico di tutta la lirica petrarchesca, del contrasto sofferto tra le passioni terrene dell’amore e l’inquietudine circa la futura salvezza della propria anima. Il poeta invoca quindi l’intervento di Dio, tanto che tutto il sonetto si struttura sia come un lamento della propria condizione esistenziale (di cui Petrarca percepisce lo smarrimento e l’inutilità) sia come una preghiera a Dio, come testimoniano i numerosi echi dai testi sacri (ad esempio, v. 12) e dal Pater noster (v. 1).

Metro: sonetto di endecasillabi, con schema ABBA ABBA CDE CDE.

 

  1. Padre del ciel 1, dopo i perduti giorni 2,
  2. dopo le notti vaneggiando spese 3,
  3. con quel fero desio ch’al cor s’accese,
  4. mirando gli atti per mio mal sì adorni 4,
  5. piacciati 5 omai 6 col tuo lume ch’io torni
  6. ad altra vita 7 et a più belle imprese,
  7. sì ch’avendo le reti indarno tese,
  8. il mio duro adversario 8 se ne scorni.
  9. Or volge, Signor mio, l’undecimo anno 9
  10. ch’i’ fui sommesso al dispietato giogo
  11. che sopra i più soggetti è più feroce.
  12. Miserere 10 del mio non degno affanno;
  13. reduci i pensier’ vaghi 11 a miglior luogo;
  14. ramenta lor come oggi fusti in croce 12.
  1. Padre del cielo, dopo i giorni persi, dopo le notti
  2. spese in pensieri vani, con quella implacabile
  3. passione che mi infiammò il cuore, contemplando
  4. quelle azioni così leggiadre per mia sventura,
  5. ti piaccia ormai che io con l’ausilio della tua grazia
  6. torni a un’altra vita e a opere più degne,
  7. cosicché, avendo teso invano le sue reti,
  8. il mio nemico Amore rimanga scornato.
  9. Ora gira, mio Signore, l’undicesimo anno
  10. da quando fui sottomesso allo spietato peso
  11. che è più feroce con coloro che più vi sono soggetti.
  12. Abbi pietà di questo mio indegno travaglio;
  13. riconduci i pensieri erranti a un luogo migliore;
  14. ricorda loro che in questo giorno sei stato crocifisso.

 

1 Padre del ciel: il sonetto si apre con una citazione quasi letterale del Padre nostro, la preghiera che si trova nel Vangelo di Matteo (6, 9-13) e in quello di Luca (11, 1-4).

2 perduti giorni: per la concezione cristiana della vita, i giorni spesi in un amore colpevole sono giorni perduti.

3 le notti vaneggiando spese: l’espressione rimanda al primo testo del Canzoniere, ovvero Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono, v. 6: “fra le vane speranze e ‘l van dolore”.

4 Perché, a causa della loro leggiadria, i gesti e gli atteggiamenti di Laura hanno infiammato il cuore del poeta.

5 piacciati: è il verbo, alla seconda persona singolare, che completa l’invocazione iniziata al v. 1. Se le quartine si concentrano quindi sul problema spirituale della passione per Laura e dei “perduti giorni” (v. 1), le terzine tematizzano la circostanza temporale di questa riflessione (l’undicesimo anno di amore non corrisposto) e ribadiscono la richiesta di pietà divina, proprio nell’anniversario della morte di Cristo.

6 omai: “ormai”; la scelta dell’avverbio dà il senso inesorabile del tempo che scorre (altro tema fondamentale dei Rerum vulgarium fragmenta). Al poeta non resta che attendere la redenzione.

7 altra vita: diversa da quella attuale peccaminosa.

8 il mio duro adversario: cioè Amore, inteso, secondo una convenzionale figurazione cavalcantiana, come nemico acerrimo del poeta, che ne viene ferito senza scampo.

9 Undecimo anno: è il 6 aprile 1338.

10 Miserere: “Abbi pietà”; è l’inizio del Salmo 51, Miserere mei, Deus, il salmo penitenziale citato anche da Dante nel primo canto dell’Inferno.

11 vaghi: “erranti”, poiché seguono seduzioni vane ed illusorie, distanti dal vero bene.

12 Secondo la tradizione, il 6 aprile sarebbe appunto stato il giorno della Passione di Cristo. Si crea così una netta sovrapposizione tra il dolore dell’uomo di fede per il sacrificio di Cristo e il tormento, ben più lancinante, per l’amore non corrisposto per Laura, che è motivo di inquietudine religiosa.