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“Oliver Twist” di Charles Dickens: riassunto della trama e commento

Introduzione

 

Oliver Twist, secondo romanzo dello scrittore inglese Charles Dickens (1812-1870), viene pubblicato a puntate - come gran parte dei capolavori della narrativa dell’Ottocento - tra il febbraio 1837 e l’aprile 1839. L’opera, che inaugura il filone del “romanzo sociale” 1 nella letteratura inglese, racconta l’avventurosa storia di un orfanello, Oliver Twist, che, fuggito dall’orfanotrofio, vive per le strade di Londra cavandosela con piccoli furti e ruberie.

A differenza del primo romanzo, Il Circolo Pickwick (1836-1837), percorso da una profonda vena ironica e dell’idealizzazione della società inglese, Oliver Twist è un’opera dal carattere più drammatico, dato che affronta alcuni scottanti problemi dell’Inghilterra vittoriana al tempo della Rivoluzione industriale, come ad esempio lo sfruttamento del lavoro minorile nelle fabbriche, il degrado dei quartieri operai (gli slums), la questione dell’ingiustizia sociale.

 

Riassunto

 

Dopo la morte per parto della madre, Oliver Twist viene cresciuto prima in un orfanotrofio e poi in un ospizio parrocchiale per poveri, per esser poi mandato, a nove anni, a lavorare in fabbrica dove insieme ai suoi piccoli compagni patisce fame e maltrattamenti. Guadagnatosi la fama di agitatore, è allontanato dalla fabbrica e, dopo un’esperienza come spazzacamino, viene mandato come apprendista da un becchino di nome Sowerberry. Qui Oliver non ha vita facile con gli altri apprendisti e dopo essersi scontrato con il perfido Noah Claypole, fugge a Londra in cerca di fortuna.

Qui, stanco e affamato, Oliver incontra un ragazzino, Jack Dawkins, che lo introduce in un gruppo di ladruncoli capitanato dall’ebreo Fagin e dal violento Bill Sikes. Oliver si rende conto di esser finito in un brutto giro quando il suo amico Dawkins tenta un furto ai danni di Mr. Brownlow, un esponente della buona società che scambia Oliver per l’autore dello scippo. Arrestato ingiustamente, il protagonista viene però scagionato e addirittura accolto in casa di Mr. Brownlow, che lo prende in simpatia e gli fornisce un’educazione. Tuttavia un giorno, durante una commissione che sta svolgendo per conto del suo nuovo padrino, Oliver è rapito da Sikes e dalla sua fidanzata, la prostituta Nancy, che lo riportano con la forza ai servigi di Fagin. Quest’ultimo costringe il protagonsita a compiere un nuovo furto presso la casa dei Maylie. Tuttavia il “colpo” non ha successo: Oliver rimane ferito ad un braccio e viene curato dall signora Maylie stessa, commossa dalla confessione del ragazzo sulle proprie disavventure.

Nel frattempo Fagin vuole impossessarsi nuovamente di Oilver, e si fa aiutare da Monks, che ha scoperto che Oliver è suo fratellastro nonché figlio illeggittimo di una sorella della signora Maylie, e che quindi erediterà un interessante patrimonio. Tuttavia Nancy, che è buona di cuore e ha origliato il piano criminale di Fagin e Monks, avvisa la signora Maylie e Lord Brownlow, che nel mentre è tornato a vegliare sul protagonista. Scoperta, Nancy viene brutalmente uccisa da Bill Sikes. Monks, nel tentativo di eliminare per sempre degli indizi che possano svelare la vera identità di Oliver e quindi sottrarre a lui parte dell’eredità, entra in possesso di un medaglione e un anello che la madre di Oliver aveva consegnato alla vecchia Sally che l’aveva assistita in punto di morte. Mr. Brownlow riesce ad acciuffare Monks sulle cui tracce era stato messo da Nancy; così, il piano criminale della banda di Fagin comincia a sfaldarsi: il capobanda è arrestato e condannato all’impiccagione, mentre Sikes, fuggendo sui tetti di Londra, rimane anch’egli ucciso.

Oliver scopre così la propria vera identità: egli è figlio di tale Agnes Fleming e Mr. Leeford e Monks è suo fratellastro. Per di più, la signora Maylie è la zia di Oliver. Ricevuta la propria parte dell’eredità paterna (che Monks invece sperpera in America, finendo i propri giorni in carcere) Oliver è adottato da Mr. Brownlow, e può cominciare così la propria vita da borghese ben inserito nella società.

 

L’ingiustizia e la sofferenza: il patetismo melodrammatico di Dickens

 

Come si evince già dalla trama, Oliver Twist, come i molti altri romanzi di Dickens, contiene un vero e proprio universo, che pullula di storie e personaggi. Secondo il critico americano Edmund Wilson, Dickens è:

il più grande scrittore drammatico che gli Inglesi abbiano avuto dopo Shakespeare, e colui che ha creato il mondo più ampio e vario 2.

 Questa grande varietà e sfaccettatura sociale, che dipinge e descrive gli strati popolari della Londra dell’Ottocento, è funzionale alla critica sociale che anima l’opera di Dickens. Al centro di questo mondo vi sono infatti le istituzioni inglesi (l’orfanotrofio, il tribunale, il carcere), di cui si evidenzia la natura autoritaria, il ricorso insensato alla violenza e alla crudeltà (anche nei confronti dei più piccoli), la grettezza ipocrita che condiziona i rapporti umani tra le persone 3. A fare da contraltare a questa situazione drammatica, sono di solito - nel sistema di valori del romanzo di Dickens - gli esponenti della borghesia (come Mr. Bronwnlow o la signora Maylie), che provvidenzialmente intervengono per salvare Oliver da una vita di crimini e ingiustizie.

Per tradurre tutto questo in una trama avvincente dallo stile semplice ma efficace, Dickens fa spesso ricorso agli strumenti del patetico e del melodramma, inserendo nei propri intrecci “scene madri”, colpi di scena inattesi, suspense, agnizioni e happy end che conquistano il pubblico dell’epoca (sposandosi del resto molto bene con il meccanismo della pubblicazione “a puntate”). La critica sociale che anima Oliver Twist - come anche altri romanzi dickensiani, quali David Copperfield (1849-1850), Tempi difficili (1854), La piccola Dorrit (1855-1857) o Grandi speranze (1860-1861) - non fa del suo autore un rivoluzionario o un estremista; piuttosto, anche nella sua aattività di giornalista e pubblicista. Dickens invoca, spesso con toni un po’ paternalistici, una riforma sociale di stampo moderato, che non intacchi in profondità il capitalismo industriale della società inglese (come sosteneva il nascente movimento comunista), ma migliori le condizioni di vita delle fasce più svantaggiate della popolazione attraverso le iniziative benefiche e filantropiche della borghesia “buona” e illuminata.

Come riassume il critico Mario Praz, per lo scrittore inglese “la correzione delle ingiustizie sociali doveva venire dall’alto, dai ricchi e potenti convertiti […] e non dall’odio sovversivo delle masse” 4.

 

Bibliografia

R. Bonadei, Paesaggio con figure. Intorno all’Inghilterra di Charles Dickens, Milano, Jaca Book, 1996.
G. K. Chesterton, Introduzione, in C. Dickens, Oliver Twist, Milano, Mondadori, 2007.
M. Praz, La crisi dell’eroe nel romanzo vittoriano, Firenze, Sansoni, 1981, pp. 119-175.
G. Tomasi di Lampedusa, Opere, Milano, Mondadori, 1997, pp. 1020-1043.
E. Wilson, La ferita e l’arco, Milano, Garzanti, 1991.

1 Si intende per romanzo un testo che si concentra sulle condizioni di vita - spesso disagiate o sfavorevoli - degli strati più bassi della popolazione, spesso denunciando la necessità di un intervento concreto a loro favore.

2 E. Wilson, La ferita e l’arco, Milano, Garzanti, 1991, p. 21.

3 Per fare un esempio, per tutta la sua infanzia e adolescenza Oliver non fa che sperimentare l’incomunicabilità assoluta con il mondo degli adulti, che lo considerano, con poche sfumature, un approfittatore su cui esercitare il proprio potere violento o una risorsa da sfruttare. Il romanzo infatti può essere interpretato come una critica al Poor Law Amendment Act del 1834 il cui fine è sollevare i distretti comunali dagli oneri dell’assistenza ai poveri, trasferendo questi ultimi in strutture simili a fabbriche (workhouses), in cui anche bambini di nove anni, come Oliver, sono tenuti a prestare la propria opera.

4 M. Praz, Storia della letteratura inglese, Milano, Sansoni, 1979, p. 514.