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Il Nazismo e Hitler al potere: dalla repubblica di Weimar al 1933

In Germania, i primi anni del dopoguerra sono assai tormentati: tra la fine del 1923 e l’inizio del 1924 i governi di Weimar avviano un nuovo corso economico (tra cui il piano Dawes), per risollevare il paese dalla crisi che colpisce soprattutto le fasce medio-basse delle popolazione. Il ridimensionamento delle frange estremistiche, a destra e sinistra, si accompagna al miglioramento dell’economia  mondiale e alla ripresa tedesca tra 1924 e 1929 (tanto che il partito nazista, nel 1928, tocca il minimo storico dei consensi). Tuttavia, il crollo di Wall Street e la conseguente spirale di disoccupazione fanno precipitare la situazione: i senza lavoro passano da 1.320.000 operai del settembre ’29 a 6 milioni nel ’33, e anche la nuova moneta (il “Rentenmark”) riprende l’inflazione.
 
Nel triennio 1930-1933, i partiti moderati e centristi perdono consensi a favore di comunisti e nazionalsocialisti (Hitler passa dal 18.3% nel 1930, ad oltre il 36.7% nelle presidenziali del 1932, fino al 44% nel marzo 1933), mentre esplodono le violenze di piazza e delle SA, il braccio armato del nazismo (nel 1931, apre il primo campo di interamento a Dachau). Hindengburg, in un ultimo tentativo di istituzionalizzare e vincolare il movimento nazionalsocialista, offre la cancelleria ad Afold Hitler (gennaio 1933); ma l’incendio del Reichstag (responsabilità di Hitler e Goebbels, ma di cui sono subito incolpati i comunisti) è l’occasione per instaurare al dittatura del Reich.
 
La lezione è a cura del Laboratorio LAPSUS (Università degli Studi di Milano)