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Molière, “Il malato immaginario”: riassunto e commento

Il Malato immaginario è una comèdie-ballet - quindi una commedia caratterizzata da intermezzi con balletti tra un atto e l’altro - in tre atti del 1773 di Molière, nato Jean-Baptiste Poquelin (1622-1673).
La commedia, come le altre opere composte nel periodo di massima fortuna di Molière tra cui ricordiamo Il misantropo (1666) e L’avaro (1668), pur rimanendo legata per certi aspetti alla tradizione della Commedia dell’arte muove oltre il canone presentando aspetti innovativi quali la presenza di un copione vero e proprio e l’assenza di maschere - o personaggi fissi - in favore di nuovi personaggi dotati di caratteristiche individuali, sia fisiche che psicologiche, adatte alla storia che viene di volta in volta messa in scena. Proprio dall’opera di Molière attingerà infatti l’italiano Carlo Goldoni per la sua riforma del teatro.
Nel Malato immaginario Molière mette in scena le vicende familiari di un ipocondriaco, Argante, che si circonda di medici inetti, Diafoirus e Purgon, e furbi farmacisti, Fleurant, ben contenti di alimentare le sue ansie per tornaconto personale. Argante è a tal punto prigioniero della sua paura da voler maritare la figlia, Angelica, con il figlio di Diafoirus, benché ella sia innamorata del giovane Cleante. Sposato oltrettutto con una donna meschina, Argante, come l’avaro Arpagone, è vittima di sé stesso e burattino di chi gli sta intorno, ma grazie all’intervento della cameriera Antonietta e del fratello Beraldo ordirà un inganno in grado di fargli aprire gli occhi sulla realtà che la circonda.
Molière, per triste ironia del destino, morirà sul palcoscenico, proprio durante una replica del Malato immaginario.

 

Riassunto


Atto I

Il primo atto comincia con Argante, intento a calcolare quanti soldi debba al suo medico, Purgon, e al farmacista, Fleurant. Argante sa bene che i due professionisti lucrano sui costi delle cure e che, molto spesso, è lui che deve indicargli quel che ha bisogno.
Argante sfoga il suo nervosismo sulla cameriera, Antonietta, onesta e affezionata alla famiglia, che fa intendere come tutta la pletora di medici di cui si circonda in realtà si prenda gioco di lui. Ma la donna viene redarguita in malo modo.
In un momento di assenza di Argante, Antonietta ha modo di parlare con la figlia di lui, Angelica, che da una settimana si confida con lei in materia sentimentale. Infatti la ragazza ha una tresca segreta con un giovane, Cleante, per cui prova un vivo sentimento.
Sopraggiunge Argante che annuncia di aver fatto desistere la moglie, Béline, matrigna di Angelica, dal suo proposito di far prendere il velo alla figlia: Argante ha deciso infatti di darla in moglie a un uomo coscienzioso. Angelica, che è convinta che Cleante abbia chiesto la sua mano al padre, è piena di gioia, e l’equivoco tra i due va avanti finché Argante non rivela che si tratta di un laureando in medicina: Tommaso, figlio di un altro medico, Diafoirus, cognato di Purgon. Interviene quindi Antonietta, che molto duramente accusa Argante di voler maritare la figlia a un uomo che non ama solo per avere un altro medico in casa, nonostante sia benestante e possa pagare tutti i dottori di cui ha bisogno.
Argante non desiste e anzi, minaccia di mandare Angelica in convento qualora non dovesse sposarsi con Tommaso.
Antonietta, che ad Argante risponde per le rime, davanti a Béline si mostra sottomessa e ragionevole, perché ben conosce il carattere maligno della donna e vuole salvaguardare se stessa e Angelica.
Béline, che mira solamente all’eredità di Argante non fa altro, infatti, che aumentare l’ipocondria del marito, sottolineando quanto stia male e facendogli prendere sempre maggiori precauzioni.
Giunge quindi il notaio Buonafede: Béline è riuscita a raggirare il marito al punto da fargli prendere la decisione di lasciare tutti i suoi averi a lei e nulla alle figlie che, sposate o in convento, avrebbero di che vivere.
Il notaio, però, avverte i coniugi che non è possibile lasciare alcunché alla seconda moglie laddove si hanno dei figli di primo letto ancora vivi, ma che, con i dovuti mezzi, si può trovare il modo di aggirare il problema.
Angelica e Antonietta, fuori dalla camera, ascoltano il dialogo. Angelica non è interessata al denaro del padre, l’unica cosa che vuole è maritarsi con l’uomo che ama: Antonietta promette di non lasciarla sola in quel covo di serpi. Antonietta decide quindi di mandare il suo spasimante, Pulcinella, ad avvertire Cleante della situazione.


Intermezzo I

Si ritorna alle maschere tradizionali italiane: Pulcinella sta dedicando una canzone alla sua Antonietta, è profondamente addolorato poiché è ben consapevole che il suo amore non è ricambiato. Quando un’orchestra di violini comincia a suonare coprendo la sua musica, Pulcinella per un po’ si unisce in un duetto, ma tanto rumore fa arrivare i gendarmi. Dopo un alterco con questi gli viene imposta una multa, ma Pulcinella, povero in canna, non può pagare. Dunque la sua condotta verrà punita con dodici bastonate.


Atto II

Cleante si presenta al cospetto di Argante fingendo di essere stato mandato dal maestro di canto di Angelica, partito per la campagna, per sostituirlo durante la sua assenza: in questo modo il giovane può osservare la situazione dall’interno e stare vicino alla sua amata.
In quel momento sopraggiunge il medico Diafoirus con il promesso sposo di Angelica, Tommaso.
Tommaso Diafoirus si rivela subito un goffo e supponente bamboccio: chiede permesso al padre prima di dire qualsivoglia cosa, scambia Angelica per Béline, fa discorsi  imparati a memoria e ridondanti nello stile e nel significato. Inoltre si professa orgogliosamente contrario alle nuove scoperte mediche, come la teoria circolatoria (teorie che ovviamente consentiranno nei decenni a seguire il progresso della medicina).
Cleante, con la scusa di fornire un intrattenimento rappresenta con Angelica una scenetta, mettendo in bocca a personaggi fittizi, un pastore e una pastorella, il racconto del loro primo incontro.
La storia è la seguente: un pastore (Cleante) è a teatro, e vede una pastorella (Angelica) importunata da un bruto, interviene in suo aiuto e se ne innamora perdutamente. Tuttavia lo spettacolo finisce e il pastore è convinto che non vedrà più la sua bella. Riesce tuttavia a comunicare nuovamente con lei e le fa pervenire una proposta di matrimonio, ma il padre di lei l’ha già promessa a un altro. Stravolto dal dolore il pastore trova un modo per intrufolarsi nella casa di lei dove si trova coinvolto nei preparativi delle nozze. L’inettitudine del rivale in amore lo riempe d’ira e così decide di uscire allo scoperto col padre della pastorella.
Cleante e Angelica cominciano così un duetto musicale in cui dichiarano il proprio amore, ma credendo si tratti di uno spettacolo teatrale Argante li ferma sostenendo che è uno spettacolo poco istruttivo, perché i due protagonisti mancano di rispetto al genitore. Così, seccato, congeda Cleante.
Sopraggiunge quindi Béline e davanti a lei Angelica chiede di non affrettare le cose e di lasciarle tempo per conoscere il futuro sposo, perché al momento non sente di amarlo e non vuol sposarsi per costrizione. Tommaso, invece, si dichiara pronto a sposarla, in quanto era costume degli antichi rapire le donne che avevano intenzione di maritare. Angelica, disgustata da tale comportamento, si ribella apertamente al matrimonio, scontrandosi duramente con la matrigna.
Alla fine della discussione esce di scena mentre Argante la minaccia che se non si sposerà entro quattro giorni verrà mandata in convento.
Argante, già che ha la fortuna di avere ben due medici presenti, decide di farsi visitare. I due Diafoirus danno prova di incredibile inettitudine con diagnosi campate per aria. Al termine della visita si congedano.
Entra quindi Béline, che sostiene di aver intravisto un giovanotto che sgattaiolava via dalla stanza di Angelica, dove era a colloquio con lei e con la sorella Luigina.
Argante fa quindi chiamare Luigina che inizialmente tenta di negare ma, dopo aver ricevuto da Argante delle frustate, decide di confessare la presenza del maestro di canto nella stanza di Angelica e di averlo visto fare profferte d’amore alla sorella.
L’atto si chiude con l’arrivo del fratello di Argante, Beraldo, inizialmente sopraggiunto per proporre Cleante come marito per Angelica ma che, dopo aver visto lo stato di profonda agitazione del fratello, rimanda il discorso a più tardi proponendo di far entrare un gruppo di musicanti per distrarlo con un balletto.


Intermezzo II

Entra un gruppo di ballerini egiziani travestiti da mori, che si lancia in danze esotiche. In conclusione si assiste a un breve spettacolo con delle scimmie ammaestrate.


Atto III

Antonietta e Beraldo si mettono d’accordo per convincere Argante che i medici e la moglie non vogliono il suo bene e che solo Angelica si cura davvero di lui.
Comuncia dunque Beraldo, che ribadisce al fratello di non aver mai conosciuto nessuno sano come lui, sano al punto da non essere stato ucciso nemmeno da tutte le medicine che ha preso. Continua poi sostenendo che non solo il matrimonio che Argante auspica non è vantaggioso per Angelica, ma che non è nemmeno così vantaggioso per egli stesso perché i medici, che siano in buona o in malafede, cercano comunque di spedire il malcapitato paziente al creatore.
Nella loro discussione Beraldo e Argante parlano anche di Molière, le cui opere, Argante, sostiene di non apprezzare, poiché si prende gioco di persone dabbene come i medici.
Mentre i due parlano arriva il farmacista Fleurant con un clistere, che Argante rifiuta sotto le pressioni di Beraldo. Dunque poco dopo giunge Purgon, informato da Fleurant del rifiuto di sottoporsi alla cura che il medico ha deciso e irritato da tanta mancanza di rispetto.
Purgon dichiara ad Argante di non voler più essere il suo medico e gli predice drammatiche conseguenze, persino morte, in poco più di quattro giorni, causate dalla cessazione delle cure.
Dopo la sua uscita di scena entra Antonietta, travestita da dottore, che si propone come nuovo medico curante.
Dichiara inutili tutte le cure di Purgon e Diafoirus e raccomanda ad Argante una dieta grassissima. Continua la diagnosi raccomandandogli di amputarsi un braccio e un occhio, poiché rubano sangue all’altro braccio e all’altro occhio.
Il finto medico, dunque, esce di scena e dopo essersi tolta il travestimento Antonietta rientra nella stanza di Argante, dove nel frattempo questo ha cominciato a discutere con Beraldo, che accusa sua moglie di non amarlo veramente.
Antonietta, fingendo di stare dalla parte di Argante e di voler dare una lezione a Beraldo, consiglia ad Argante di fingersi morto: annunceranno la notizia a Béline e, una volta vista la disperazione della donna, Beraldo dovrà ricredersi.
Naturalmente, come Beraldo e Antonietta speravano, le cose vanno diversamente. Béline, infatti, canta vittoria e Argante, svelando l’inganno, la caccia in malo modo.
Quindi, sempre su consiglio di Antonietta, ripetono l’esperimento su Angelica che, invece, piange calde lacrime. Sopraggiunge anche Cleante, intenzionato a chiedere ad Argante la mano di Angelica, forte anche del sostegno di Beraldo. Angelica però rifiuta lei stessa Cleante, dicendo che ora che il padre è morto andrà in convento.
Argante allora svela l’inganno anche a loro ma, grato dell’amore della figlia, decide di lasciare che lei e Cleante si sposino.
A questo punto Beraldo convince Argante a diventar lui stesso medico, infatti ormai ha talmente tante conoscenze in medicina da sapersi curare da solo senza spendere in ciarlatani. Gli annuncia che porterà un collegio di medici a dargli la laurea ad honorem quella sera stessa.
In realtà i medici di cui parla Beraldo sono un gruppo di attori, ma Argante non lo saprà mai.


Intermezzo III

L’ultimo balletto rappresenta una carnevalesca cerimonia di laurea in medicina. Con ballerini travestiti da medici, farmacisti e portatori di clisteri.

 

Commento

Il malato immaginario presenta alcuni temi caratteristici del teatro di Molière. Possiamo vedere, infatti, come pur discostandosi dal canone della Commedia dell’arte, l’opera la richiami sotto molti aspetti, non ultimo l’introduzione di Pulcinella come messaggero d’amore e innamorato respinto (per quanto si tratti solo di un intermezzo e Pulcinella abbia le fattezze di un vecchio stanco).
Sempre in accordo con la sua precedente produzione, Molière mette alla gogna la classe media, in questo caso rappresentata dai medici. Portatori di un sapere fasullo e persi nei loro roboanti discorsi, i medici non hanno veramente a cuore la sorte del paziente, i cui mali, anzi, amplificano con i loro intrugli portandoli più velocemente alla morte di quanto non accadrebbe se non si curassero affatto. Sono dei venditori di fumo pronti a rubare denaro con diagnosi fallaci lucrando sulle spalle dei malati senza alcuna remora. Non tutti i medici, però, rispondono alla presa in giro molièriana, come possiamo intuire da alcuni passi dell’opera. Contro quale pratica medica si scaglia allora davvero Molière? Non certo quella dello studio e della ricerca (infatti possiamo vedere nel secondo atto Tommaso Diafoirus, sciocco e arrogante laureando in medicina, prendersela con coloro che sostengono l’importantissima tesi circolatoria), bensì quella portata avanti da quei sedicenti dottori la cui esperienza deriva da uno studio acritico di testi senza aver davvero conoscenza di come sia l’anatomia del corpo umano. Possiamo allora notare come la posizione di Molière risulti simile a quella che Galileo rispecchia per quanto riguarda la ricerca astronomica, in opposizione al sapere statico e ormai privo di vita degli aristotelici.
Un’altra tematica tipicamente molièriana è quella della superiorità morale dei figli rispetto ai genitori. Come nel caso dell’Avaro, i figli - o meglio la figlia - si dimostrano più ragionevoli e saggi dei genitori. I padri delle opere di Molière sono infatti chiusi nelle loro errate e spesso vetuste convinzioni, pronti a farsi truffare pur di mantenere saldo l’orgoglio; sono pronti ad anteporre per tornaconto personale il proprio bene a quello dei figli, il cui futuro viene pilotato come fossero marionette. Questi ultimi tuttavia, pur mantenendo intatto il rispetto nei confronti del genitore, si ribellano a viva voce per combattere un futuro che sembra essere stato già scritto e scelgono un percorso di vita in antitesi a quello paterno.
Angelica, come il Cleante omonimo del suo innamorato ed Elisa nell’Avaro, è interessata a coronare il suo amore più che a conquistare il denaro paterno o del marito medico che i familiari auspicano per lei. Per contro, Arpagone non esita a vendere la felicità della figlia per il proprio tornaconto personale, rappresentato in questo caso dalla sicurezza di avere un medico in casa, che si occupi di lui quotidianamente e - con buone aspettative - gratuitamente.
Un’altra analogia con L’Avaro è la furbizia dei fedeli servitori che, veri deus ex machina della vicenda, inventano astuti inganni per aiutare i giovani padroni nell’ìmpari lotta con il volere paterno. Nel caso del Malato immaginario, infatti, la cameriera Antonietta, ingiustamente insultata da Argante nonostante gli sia più fedele della sua stessa moglie (e in questi insulti rieccheggiano le insensate accuse di Arpagone a Freccia), è la vera mente del colpo di scena finale che permette all’ipocondriaco Argante di ricredersi sulla buona fede di chi lo circonda e rivalutare l’affetto sincero della figlia Angelica.
Con Il malato immaginario, inoltre, Molière segna un ulteriore distacco dalla Commedia dell’Arte, attraverso la finissima analisi psicologica del suo protagonista. In tutta l’opera Argante, ipocondriaco e credulone, viene studiato nelle manifestazioni della sua malattia, per nulla fisica e del tutto psicologica, e negli effetti che questa ha nella vita di tutti i giorni. L’ipocondria di Argante infatti, come l’avarizia di Arpagone, acceca la sua capacità di giudizio, portandolo a lasciarsi fregare da sedicenti medici pur essendo lui per primo sospettoso della loro condotta.