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"L’insostenibile leggerezza dell’essere" di Milan Kundera: riassunto della trama

Introduzione

 

Scritto nel 1982 e uscito per la prima volta in Francia due anni più tardi, L’insostenibile leggerezza dell’essere (in ceco: Nesnesitelná lehkost bytí) è stato pubblicato in Italia nel 1985 dalla casa editrice Adelphi nella traduzione di Giuseppe Dierna (sotto lo pseudonimo di Antonio Barbato 1) col fortunato, ormai proverbiale 2 titolo L’insostenibile leggerezza dell’essere.

Il libro è stato uno dei maggiori casi letterari degli anni Ottanta, e continua ancora oggi ad avere un enorme successo di pubblico, in Italia e nel mondo. A torto o a ragione considerato il capolavoro di Milan Kundera, è l’esempio più riuscito della forma del romanzo-saggio cara all’autore boemo, cittadino francese dal 1981.

 

Riassunto

 

La trama del romanzo si sviluppa all’interno di una cornice filosofica. Da una riflessione del narratore sull’opposizione pesante-leggero, derivata da quella parmenidea tra il non essere e l’essere, intrecciata all’idea nietzschiana dell’Eterno ritorno - dunque a un’altra opposizione, tra ripetizione e inesistenza del ritorno - nasce il primo personaggio, Tomáš. Tomáš vive e lavora come medico a Praga. Ha un figlio, nato da un matrimonio fallito, col quale ha interrotto i rapporti. Da quando si è separato dalla moglie non si è più legato a una sola persona e ha relazioni con diverse donne che lui stesso definisce “amicizie erotiche”. A queste relazioni il protagonista applica però una ferrea regola personale: mai dormire insieme.

In seguito a una serie di casualità, in una piccola città della Boemia Tomáš incontra una barista, Tereza. Dopo la partenza dell’uomo, Tereza decide di lasciare casa e lavoro e di raggiungerlo a Praga. Si presenta a casa sua, fanno l’amore. Durante il viaggio, però, Tereza si è ammalata di influenza: questa nuova casualità la costringe a stabilirsi da Tomáš, che deve così contravvenire alla sua stessa regola. Insieme prendono una cagna, la chiamano Karenin in ricordo del libro che Tereza teneva con sé al suo arrivo, ovvero Anna Karenina. Comincia così la loro storia d’amore.

A Praga, la donna diventa fotografa e inizia una nuova vita lontana dalla madre, con cui ha da sempre un rapporto tormentato. In seguito all’invasione sovietica dell’agosto 1968, che chiude l’esperienza della “Primavera di Praga” 3, ovvero del tentativo di liberazione dal regime comunista instaurato in Cecoslovacchia nel secondo dopoguerra, i due fuggono in Svizzera, a Zurigo, salvo poi fare ritorno nella capitale - prima lei e poi lui, rincorrendola - dove Tomáš perde il lavoro, a causa della pubblicazione di uno scritto su Edipo che si rifiuta di ritrattare di fronte alle autorità comuniste.

 L’amore di Tomáš e Tereza è asimmetrico: sono spiritualmente fedeli l’uno all’altra, ma lui, senza che lei riesca ad accettarlo, continua ad avere relazioni con altre donne. Una di queste è Sabina, pittrice, con cui Tereza stringe amicizia nonostante la gelosia. Anche Sabina lascia Praga, per fuggire a Ginevra. Lì, l’artista inizia una relazione con Franz, un professore universitario sposato, il quale a un certo punto confessa il tradimento alla moglie, Marie-Claude, col risultato di perdere entrambe le donne. La confessione ha però anche un effetto positivo: lo libera d’un colpo dagli schemi e le convenzioni relazionali e professionali in cui si era irrigidita la sua esistenza.

Gli sviluppi delle loro vicende e la situazione politica del Paese portano infine i quattro personaggi ad allontanarsi: Sabina si trasferisce in America, dove potrà conservare la propria libertà sociale e sentimentale; Franz in Cambogia, aderendo a una missione umanitaria durante la quale troverà la morte; Tereza e Tomáš in una località di campagna, inseguendo il desiderio di una vita serena e appartata, distante dalla politica e dalla minaccia delle altre donne. Lì, i due protagonisti, dopo aver perso Karenin, ammalatasi di tumore, rimarranno vittime di un banale incidente automobilistico.

 

Meditazione filosofica e incantamento narrativo

 

Meglio di altri suoi lavori, L’insostenibile leggerezza dell’essere concentra e si presta a esemplificare i caratteri primari della scrittura narrativa di Milan Kundera, la sua “arte del romanzo”. Innanzitutto la forma del romanzo-saggio, che trova in questo libro l’espressione più convincente e fortunata, e che sarà confermata in tutti i testi narrativi successivi, ad esempio ne L’immortalità (1990), ma specialmente in quelli del periodo francese 4.

Con la forma del romanzo-saggio, Kundera trova un’alternativa e al contempo una soluzione ai modelli narrativi del passato: dalla tradizione del romanzo ottocentesco al Modernismo e alle avanguardie storiche fino alle proposte della neoavanguardia. Nel caso di Kundera, con “soluzione” bisogna intendere anche “sintesi”: lo stile dello scrittore ceco affianca la rappresentazione fedele alla realtà di luoghi, personaggi e azioni a un andamento temporale non cronologico, con salti nel passato o nel futuro e ripetizioni di scene già narrate ma da un diverso punto di vista; l’autore-narratore, palese, esterno ai fatti, non controlla completamente i suoi personaggi né sa spiegarne del tutto i pensieri, le parole, le azioni, che piuttosto commenta come fosse un puro spettatore.

I brani saggistici, in gran parte di natura filosofica, e i brani narrativi si avvicendano senza uno schema apparente lungo la sequenza dei brevi capitoli-paragrafi numerati che compongono le parti del romanzo. Se i brani saggistici conservano uno stile piano, narrativo 5, specularmente i brani narrativi presentano spesso un tono razionale, didascalico, dimostrativo.

Un esempio sta all’inizio della parte terza, Le parole fraintese, dove è introdotto il personaggio di Franz:

Perché, allora, si ripeteva ogni giorno che la sua amante voleva lasciarlo? Non riesco a spiegarmelo se non col fatto che per lui l’amore non era un prolungamento della sua vita pubblica bensì il suo polo opposto. Significava per lui il desiderio di darsi in balia dell’altro. Chi si dà all’altro come un soldato si dà prigioniero, deve prima consegnare tutte le armi. E così privato di ogni difesa, non può fare a meno di chiedersi quando arriverà il colpo. Posso dunque affermare che per Franz l’amore era una continua attesa di un colpo imminente.

Alcuni tra gli stessi personaggi del romanzo, inoltre, tendono a teorizzare la propria esistenza, come fossero alle prese con un’autoanalisi critica. Tomáš ad esempio, il protagonista maschile, definisce “amicizia erotica” la sua condotta poligama; guarda alle donne con un approccio da collezionista, offrendo una versione malinconica dell’allegro collezionismo teorizzato da un altro personaggio chiave nell’opera di Kundera, il dottor Havel, protagonista de Il Simposio, racconto centrale della raccolta del 1970 Amori ridicoli.

 

Il filone etimologico

 

In tutta l’opera di Kundera è tracciato quello che si può definire un filone etimologico, che lavora come una cerniera tra l’anima saggistica e l’anima narrativa dei suoi romanzi. La parte terza de L’insostenibile leggerezza dell’essere è appunto dedicata a Le parole fraintese e contiene al suo interno un Piccolo dizionario di parole fraintese (come ad esempio: “Donna”, “Fedeltà e tradimento”, “Musica”, “Forza”).

È piuttosto noto il suggestivo brano, tratto dal romanzo L’ignoranza (2001), in cui l’autore racconta la nozione di “nostalgia” attraverso le parole e le rispettive etimologie che la traducono in diverse lingue europee. Ne L’insostenibile leggerezza dell’essere è analizzata invece l’etimologia del termine “compassione”, distinguendo tra lingue neolatine e lingue in cui la parola non deriva dalla radice “sofferenza” (cioè dal latino passio), ma dal sostantivo “sentimento”. A un certo punto, riferendosi al secondo gruppo di lingue, Kundera scrive che “questa compassione [...] designa [...] la capacità massima di immaginazione affettiva, l’arte della telepatia delle emozioni”.

L’“immaginazione affettiva” è lo strumento adottato dallo stesso autore per “accendere” la macchina romanzesca. Concluso il celebre incipit saggistico 6, sulla scorta delle considerazioni espresse nell’incipit Kundera introduce il personaggio di Tomáš:

Sono già molti anni che penso a Tomáš, ma soltanto alla luce di queste considerazioni l’ho visto con chiarezza. L’ho visto alla finestra del suo appartamento [...].

Ma lo strumento dell’“immaginazione affettiva” è affidato anche al personaggio, in riferimento alla protagonista femminile, Tereza: Tomáš “ritornava sempre a vederla distesa sul suo divano; non gli ricordava nessuna persona della sua vita passata [...]”. Kundera vede Tomáš e Tomáš vede Tereza; né Tomáš né Tereza sono visti sul piano della realtà - ovvero della finzione romanzesca - ma sul piano della chiarezza di pensiero, della riflessione e quindi - per Kundera - dell’immaginazione. Ovunque sia adoperata, la capacità di “immaginazione affettiva” ha a che fare con l’innamoramento e la pulsione creativa.

 

La filosofia, il linguaggio, la musica

 

Accanto al filone saggistico-filosofico e a quello linguistico-etimologico, centrale nell’opera di Kundera è il filone musicale. Anche in questo caso, L’insostenibile leggerezza dell’essere funge da campione attendibile, come un particolare che sia rappresentativo del generale. A partire dalla terminologia: nella successione dei suoi romanzi (in cui Kundera include anche la raccolta di racconti Amori ridicoli), il romanzo costituisce l’Opus n. 6. Nella sostanza, il libro è fitto di riferimenti musicali, in particolare all’opera di Ludwig van Beethoven (1770-1827). Dai riferimenti ai rimandi espliciti (la parola “Musica” nel Piccolo dizionario di parole fraintese) e impliciti; il cosiddetto “quartetto di Kundera”, composto dai quattro personaggi principali del romanzo (i due protagonisti, Tomáš e Tereza, e i due co-protagonisti, Sabina e Franz), rimanda per forma e dinamiche interne ai quartetti di Beethoven che Tereza associa al “qualcosa di più alto” cui naturalmente agogna e che segnano l’incontro d’amore tra lei e Tomáš.

1 La scelta dello pseudonimo fu obbligata. “All’epoca, infatti” spiega Dierna in un articolo uscito su la Repubblica “per entrare in Cecoslovacchia c’era ancora bisogno di un visto d’ingresso rilasciato dall’ambasciata, e riconoscere la paternità di quella traduzione avrebbe significato per me la sicurezza di vedermi negare tale visto, e quindi l’impossibilità di continuare i miei studi a Praga: dall’inizio degli anni Settanta i libri di Kundera erano stati brutalmente tolti dalle biblioteche pubbliche dell’intera Cecoslovacchia, e allo scrittore era impedito di pubblicare, in tal modo quasi costringendolo a trasferirsi nel ‘75 in Francia. E che l’identità di quel traduttore interessasse davvero le autorità lo testimonia lo zelo con cui, all’ambasciata ceca a Roma, con gentili domande e ingenui giri di frase avevano ripetutamente cercato di sapere da me chi si celasse dietro quello sconosciuto esordiente che - per accrescere la loro già grande confusione - io confessavo di aver incontrato almeno un paio di volte (in fondo sarebbe bastata un’analisi stilistica, ma si sa che i servizi di sicurezza non amano le sottigliezze della filologia)”.

2 Roberto Calasso affermò in un’intervista del 2002 al Corriere della Sera che il successo di vendite del libro fu dovuto in gran parte alla trasmissione televisiva di Renzo Arbore Quelli della notte, dove il giornalista Roberto D’Agostino usava il titolo del romanzo a mo’ di battuta-tormentone.

3 lo stesso Kundera fuggirà in Francia nel 1975.

4 Dal 1995, anno di pubblicazione del romanzo La lentezza, Kundera ha abbandonato la lingua madre, il ceco.

5 Ciò si vede anche in altre opere non narrative, come nell’incipit della raccolta di saggi L’arte del romanzo (1986), dedicato al filosofo Edmund Husserl: “Nel 1935, tre anni prima di morire, Edmund Husserl tenne, a Vienna e a Praga, alcune famose conferenze sulla crisi dell’umanità europea. L’aggettivo “europeo” designava per lui quell’identità spirituale che si estende al di là dell’Europa geografica (all’America, per esempio) e che è nata con la filosofia greca classica. Questa, secondo lui, per la prima volta nella Storia, intese il mondo (il mondo nel suo insieme) come una questione da risolvere. Lo interrogava non per soddisfare questo o quel bisogno pratico, ma perché l’umanità era “pervasa dalla passione del conoscere” (traduzione di Ena Marchi e Anna Ravano).

6 ”L’idea dell’eterno ritorno è misteriosa e con essa Nietzsche ha messo molti filosofi nell’imbarazzo [...]”.