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Rousseau: il pensiero e le opere principali

Vita e pensiero

Jean-Jacques Rousseau nasce a Ginevra il 28 giugno 1712, figlio di un artigiano orologiaio che si occupa della sua prima formazione. In gioventù Rousseau lavora come apprendista incisore, studia a Torino e per alcuni anni convive con una nobildonna francese, Madame de Warens, la cui influenza e cultura saranno determinanti per la vita futura del filosofo. Segretario dell’ambasciatore francese a Venezia, dal 1741 si trasferisce a Parigi, dove entra in contatto con filosofi e intellettuali dell’Illuminismo (in particolar modo Denis Diderot), alla cui Encyclopédie collabora con articoli di musica e occupandosi dell’intera voce sull’economia politica: se in segutio Rousseau si distaccherà polemicamente dal gruppo degli enciclopedisti, il suo percorso culturale è ormai chiaro.

Nel 1749, c’è il primo passo fondamentale: il filosofo partecipa ad un bando dell’Accademia di Digione, vincendo in concorso con la sua risposta al tema: “Il progresso delle scienze e delle arti ha contribuito al miglioramento dei costumi?”. Il testo, che contiene in nuce i punti salienti della filosofia di Rousseau, viene pubblicato l’anno successivo con titolo Discorso sulle scienze e sulle arti e procura al filosofo tanto successo quante polemiche. Nel 1754 il suo Discorso sull’origine e i fondamenti della disuguaglianza tra gli uomini, che amplia la riflessione del primo intervento sulle problematiche dello “stato di natura” e della civilizzazione umana, non suscita tra gli accademici di Digione la stessa attenzione, che anzi ne abbandonano addirittura la lettura (l’opera sarà infatti pubblicata un anno dopo da un editore di Amsterdam). Successivamente, esauritasi la collaborazione con l’Encyclopédie e deterioratisi i rapporti con i filosofi parigini, Rousseau torna a Ginevra e in seguito viene ospitato a Montmorency dal Maresciallo de Luxembourg.

Le opere che scrive in questo periodo restano fondamentali nella storia del pensiero occidentale: la Giulia, o la Nuova Eloisa (1761), il Contratto sociale (1762), e l’Emilio (1762) portano a compimento il pensiero di Jean-Jacques Rousseau, toccando tematiche quali il “contratto” alla base delle società moderne, la ricerca della libertà e della felicità da parte di ogni singolo individuo e le necessità della sua “educazione”, i fondamenti del potere politico e i principi democratici di un governo. L’Emilio tuttavia, per le nette prese di posizione su pedagogia ed educazione in esso contenute, viene condannato dall’arcivescovo di Parigi (soprattutto per il capitolo intitolato Professione di fede del vicario savoiardo): Rousseau è quindi costretto a fuggire dalla Francia, per rifugiarsi prima in Svizzera e poi, ancora esule, in Inghilterra, dove viene ospitato da David Hume (1711-1776). Tuttavia, il carattere difficile e ormai sospettoso nei confronti di chiunque di Rousseau fanno deteriorare ben presto i rapporti: Jean-Jacques trascorre gli ultimi anni, in cui tuttavia stende le Confessioni, il Rousseau giudice di Jean-Jacques e le Fantasticherie di un passeggiatore solitario, in una solitudine quasi totale, per morire a Ermenonville il 2 luglio 1778.

 

Tematiche principali

Nel vasto panorama dell’Illuminismo francese (Montesquieu, Voltaire, D’Alembert, Diderot, Condorcet) quella di Jean-Jacques Rousseau è una voce solitaria che, pur condividendo il medesimo orizzonte culturale dei philosophes, canta fuori dal coro sviluppando il suo pensiero in direzioni assai originali. Se infatti l’ideale illuminista identifica la natura umana con la ragione, l’opera di Rousseau si sviluppa intorno al contrasto tra uomo naturale e uomo artificiale: il concetto di “stato di natura” - pur nella consapevolezza della radicale separazione tra questo e l’uomo contemporaneo - diventa in lui lo strumento per mettere in luce le ipocrisie della società contemporanea. Mentre poi gli illuministi sottolineano la funzione progressista della conoscenza e gli ideali di libertà e fratellanza romossi dalle nascenti società borghesi, quello di Rousseau può essere considerato unpensiero ispirato da un individualismo radicale, che evolve poi nel comunitarismo delle opere della maturità.

I due Discorsi del 1749 e del 1754 sostengono la tesi per cui i beni materiali e il progresso socio-culturale dell’Occidente non abbiano prodotto un miglioramento della virtù umana, ma abbiamo piuttosto generato un mondo ingiusto e diseguale. Tale squilibrio non è frutto della natura umana (che Rousseau giudica intimamente buona) ma è opera di un distorcimento dello stato di natura originario dell’uomo a seguito del progresso tecnico-scientifico e della civilizzazione storica delle società. Questi fenomeni ambivalenti, che hanno sia conseguenze positive sia negative, hanno dato vita all’uomo “artificiale”, che il giusnaturalismo di Grozio, Prudendorf e Hobbes ha identificato come illusoria situazione di natura dell’umanità. A questo punto il passaggio alla formulazione di un “contratto sociale” è da intendere come la necessaria ridefinizione dei rapporti tra la legge e la libertà dell’uomo (posto che un ritorno puro e semplice allo “stato di natura” è utopico). Le società umane sono quindi da correggere dall’interno, riorganizzando i rapporti e le relazioni tra il cittadino, il potere politico e il governo: ad acquistare rilevanza sono così i concetti di “volontà generale” e “sovranità popolare”.

La riflessione sulla libertà umana prosegue con il romanzo epistolare Giulia, o la nuova Eloisa, che, attraverso la storia di due giovani amanti osteggiati dalla famiglia, prende in considerazione i rapporti tra i condizionamenti della società e i desideri dell’individuo, tre le scelte etico-morali e le pulsioni dell’istinto. Ma è soprattutto nel Contratto Sociale che Rousseau delinea una possibile linea comunitaria etico-politica, fondata sul passaggio dai “contratti” basati sulla forza (o sul pactum subiectionis postulato da Hobbes nel Leviatano), con l’obiettivo di definire i requisiti di uno Stato democratico che tuteli libertà, uguaglianza e sicurezza dei cittadini. Rousseau si concentra successivamente con la stesura dell’Emilio, un trattato pedagogico sull’educazione dell’individuo, nucleo fondamentale della nuova comunità da lui vagheggiata nel Contratto. L’educazione per cui propende Rousseau si oppone a quella tradizionale, che distrugge la natura originaria del bambino sostituendola con una natura artificiale. L’educazione di cui l’Emilio si fa portavoce vuole piuttosto essere strumento di rafforzamento della natura originaria. Non deve quindi insegnare la verità, ma difendere dall’errore e deve mirare a uno sviluppo psico-fisico del tutto spontaneo mediante una “libertà ben guidata”. Nell’Emilio è presente anche una teoria della religione naturale che fonda l’esistenza di Dio basata sulla necessità di una causa per il movimento e per la finalità delle cose dell’universo.

Il pensiero di Jean-Jacques Rousseau ha una grandissima influenza sui filosofi e le correnti filosofiche successive: da Immanuel Kant alla filosofia del Romanticismo e dell’Idealismo (in particolar modo, Johann Fichte), dalla Rivoluzione francese a Karl Marx e a tutta la pedagogia otto-novecentesca.