Italo Calvino: riassunto e spiegazione delle opere

Introduzione al percorso letterario e alle opere di Italo Calvino, a cura di Marco Belpoliti.
 
Nell'ottobre del 1947 esce Il sentiero dei nidi di ragno, libro d'esordio di Calvino, che riscontra un immediato successo tra i lettori e la critica. A mandarlo alle stampe è l'editore Giulio Einaudi, colpito probabilmente dalla speciale leggerezza, quasi da narratore di fiabe, che caratterizza lo stile dell'autore, in contrasto con lo spirito dell'epoca. Il primo periodo dell'opera di Calvino va dal 1945 (fine della guerra, alla quale lo scrittore aveva partecipato giovanissimo come partigiano) al 1956 (pubblicazione delle Fiabe Italiane ed invasione dei carri sovietici in Ungheria). Dopo un lungo dibattito, nel 1957 Calvino lascia il partito comunista: la sua leggerezza è in evidente contrasto con l'esigenza di creare "l'uomo nuovo", propria di quell'ideologia. Lo scrittore definirà in seguito quel periodo come "Anni di ferro", con rimando alla durezza dominante (non a caso, il leader bolscevico veniva chiamato "Stalin", in russo "d'acciaio").
 
Calvino è neorealista, ma mai fino in fondo, come egli stesso spiegherà nella postfazione al Sentiero dei nidi di ragno del 1964. Il suo stile letterario si sviluppa negli anni assumendo forme diverse: si passa dal fantastico (Il visconte dimezzato, 1952) al realista (La speculazione edilizia, 1963), fino alla prosa poetica (con il suo capolavoro Le città invisibili, 1972). Quest'ultimo rappresenta una presa d'atto della complessità del reale, cui faranno seguito per tema Se una notte d'inverno un viaggiatore (1979), Palomar (1983) e Collezione di sabbia (1984). Le Lezioni americane, che usciranno postume nel 1988, non sono una summa del suo pensiero, ma rappresentano l'ingresso verso un'altra dimensione letteraria, che purtroppo Calvino non potrà esplorare fino in fondo.
 
Marco Belpoliti, scrittore e critico letterario, si è laureato in Filosofia discutendo una tesi in Semiotica con Umberto Eco. Ha insegnato Sociologia della letteratura e Letteratura italiana presso l'Università di Bergamo. E' stato uno dei fondatori della rivista "In forma di parole" e della casa editrice Elitropia. Negli anni ha collaborato con diverse testate, quali "La Stampa" e "L'espresso". Presso l'editore Bruno Mondadori ha diretto una collana di monografie dedicate a scrittori.
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Nell’ottobre del 1947 esce Il sentiero dei nidi di ragno, il primo libro di Calvino pubblicato; in realtà aveva già scritto dei testi teatrali e giovanili, dei racconti che verranno pubblicati soltanto postumi. Il libro viene pubblicato perché piace a Giulio Einaudi, che ne è entusiasta, non così Pavese, non così Vittorini. Tuttavia Einaudi dimostra di avere ragione perché il libro ha un immediato successo.


È l’esordio di un narratore che è anche uno scrittore di fiabe; ha una sorta di leggerezza che contrasta con lo spirito dell’epoca. Il primo periodo dell’opera di Calvino va all’incirca dalla fine della guerra (1945), alla quale l’allora giovanissimo Calvino ha partecipato come partigiano, fino al 1956. È una data che segna un doppio passaggio: da un lato la pubblicazione de Le fiabe italiane, libro di svolta di Calvino, dall’altra l’invasione dei carri armati sovietici dell’Ungheria e quindi il distacco di Calvino dal partito comunista a cui è iscritto. Con lui molti altri intellettuali, pur rimanendo vicini al partito comunista e votando per il PC, non si iscriveranno più a questo partito. In realtà Calvino esce l’anno seguente, nel 1957, dopo un lungo dibattito. Perché mi riferisco alla data dell’invasione dell’Ungheria? Perché tutto il periodo compreso tra il 1947 e il 1957 è segnato da questa necessità di appartenere a un partito. La leggerezza di Calvino contrasta con l’esigenza di creare l’uomo nuovo, l’uomo socialista, l’uomo comunista.


Successivamente Calvino definirà quegli anni “l’età del ferro” per indicare questo elemento di durezza e far riferimento alla figura dominante della politica di quel periodo: Stalin, soprannome del capo dell’Unione Sovietica, che significa "acciaio". Calvino si trova schiacciato tra la sua natura di scrittore leggero e fiabesco, come nel Sentiero che ha al proprio centro un bambino ed è visto attraverso gli occhi di Pin, e dall’altro lato la necessità di scrivere qualcosa che appartenga al movimento storico, alla trasformazione. Calvino è neorealista, ma non fino in fondo, come spiegherà nel 1964 ripubblicando Il sentiero dei nidi di ragno in una famosa Postfazione.


In questo periodo scrive dei libri non riusciti; si pensi soprattutto a Il Bianco Veliero, romanzo reputato fallito da Calvino stesso e anche dai suoi lettori principali (Vittorini e Pavese) e I giovani del Po, un romanzo neorealista che sarà successivamente pubblicato a puntate in una rivista.
In realtà, la natura fiabesca, leggera, volatile di Calvino si rivela attraverso Il visconte dimezzato, un romanzo breve che Calvino scrive nel 1951, fa leggere a Vittorini, che se ne innamora e che l’anno seguente (1952) pubblica nella sua collana. È un libro a cui Calvino non dà molta importanza inizialmente, ma noi sappiamo che questo, in realtà, è l’inizio della sua trilogia. Insieme alla scrittura fiabesca, volatile, leggera e inventiva di Calvino, c’è anche un’altra scrittura che avanza parallelamente e non si sa spesso dove collocare. L’esempio più evidente è dato da La speculazione edilizia (1957), un libro realista che racconta le vicende di Quinto Anfossi, cioè una controfigura di Calvino che si muove in questa città indicata con delle “X”, una città non definita, ma che in realtà è la Sanremo della speculazione. Questi due aspetti camminano parallelamente fino al 1956, anno in cui prende la prevalenza l’aspetto più fiabesco. Nel 1959 pubblica Il cavaliere inesistente e nel 1957, due anni prima, ha scritto Il Barone rampante, probabilmente il suo primo romanzo più felice, anzi l’unico vero romanzo che Calvino ha scritto. A livello di dimensioni, struttura narrativa, complessità dei personaggi e relativi aspetti corrisponde a un romanzo nel senso classico del termine perché Calvino è soprattutto uno scrittore breve, uno scrittore di raccontiI nostri antenati vengono pubblicati nel 1960. Prendiamo questa data come una sorta di punto di passaggio. Calvino ha riconosciuto in sé questa natura di scrittore fiabesco, natura che ha contrastato a lungo con quella di scrittore più realista. In effetti, in questo periodo (1956-1963) Calvino scrive contemporaneamente testi di tipo inventivo e fiabesco, come la trilogia de I nostri antenati, ma anche libri più realisti. I due esempi sono: La speculazione edilizia e La giornata di un scrutatore. Quest’ultimo è un piccolo libro, alla fine del quale viene riportata come data di composizione, il decennio 1953-1963. In Calvino convivono numerose nature; d’altro lato nessun libro di Calvino assomiglia all’altro. Calvino è uno scrittore che cambia continuamente registro.


Il passaggio avviene tra il 1960 e 1963: è una sorta di crisi creativa, così Calvino l’ha vissuta. Si trova in una stranissima posizione: passa dalla giovinezza a una sorta di precoce vecchiaia, senza essere mai stato uno scrittore adulto: è uno scrittore bambino e al tempo stesso uno scrittore vecchio, nel senso della saggezza e della capacità di comprendere le cose. Noi sappiamo che ci sono altri libri che attraversano in modo sotterraneo, a volte composti in modo pulviscolare, come Marcovaldo: iniziato nel 1952 e pubblicato solo successivamente, è il primo vero best seller di Calvino in quanto è un libro che uno scrittore ex comunista fa adottare alla scuole italiane. È uno dei libri che si leggono nelle scuole medie inferiori e anche nelle superiori. C’è poi il Calvino “cosmicomico”, quello successivo al 1963. In realtà due sono le date: 1965 per Le Comiscomiche e 1967 per Ti con zero. Sono entrambi racconti costruiti intorno a una sorta di cornice narrativa, come poi avverrà per i libri successivi che, dal quel punto in poi, saranno libri composti di tante parti tenute insieme da un racconto di fondo. Si pensi, per esempio, a Le città invisibili, Se una notte d’inverno viaggiatore e perfino l’ultimo libro narrativo di Calvino, in realtà libro a metà strada tra narrativo e saggistico, che si chiama Palomar (1983) dal nome del personaggio.

 

Il Calvino de Le Cosmicomiche e di Ti con zero è il Calvino definito “semiologico”, vicino alla scrittura e agli autori francesi (a Roland Barthes), ma è anche il Calvino de Il castello dei destini incrociati (1969). Sono tutti libri di ricerca perché Calvino è uno scrittore continuamente alla ricerca, uno scrittore che non riproduce mai se stesso, ma si modifica continuamente. Basta ricordare il 1964, anno del cambio di stagione: ci sono più di una stagione e all’interno di ognuna di esse ci sono delle sotto-stagioni; un’estate più calda o più fredda che vivono contemporaneamente o una primavera più piovosa o più secca. Nel 1964, rieditando Il sentiero dei nidi di ragno, scrive una frase emblematica: “Il primo libro sarebbe stato meglio non averlo mai scritto”. E’ un Calvino che ricomincia sempre da capo, su se stesso. Il castello dei destini incrociati è un libro costruito su una sorta di gioco con le carte. Infine, abbiamo l’ultima “stagione calviniana”, la stagione del labirinto, della rete; la stagione in cui Calvino esprime probabilmente il meglio di sé. Le città invisibili (1962) sono probabilmente il capolavoro di Calvino. È un libro composto di tanti piccoli racconti, delle sorte di prose poetiche che raccontano delle città, città di cui non si riesce neppure a costruire l’immagine. Tanti illustratori hanno provato a disegnarle, ma non si possono disegnare perché sono immaginazioni, luoghi della mente. Probabilmente è il capolavoro di Calvino, ma è anche il libro che segna una presa d’atto della complessità del reale.
Da quel punto in poi Calvino scriverà 4 libri:

 

Le città invisibili;

Se una notte di inverno viaggiatore (1979);

Palomar (1983);

La collezione di sabbia (1984) è un libro di saggi, di brevi prose, di testi apparsi prevalentemente su dei giornali.

 

Insieme cercano di leggere la realtà pulviscolare in cui noi siamo immersi, cioè questa sorta di labirinto, o meglio di reticolo, di rete che è il mondo contemporaneo. Calvino si dimostra all’altezza del racconto di questa realtà, una realtà che non ha più una sola faccia: è un poliedro in cui ogni volta che si illumina un lato, molti altri restano in ombra. È un reticolo in cui il cammino del pensiero cerca sempre di cogliere la realtà, ma non la raggiunge mai. Questo è il problema che Calvino ha dinanzi e le Lezioni americane uscite postume, dopo la sua morte nel 1985, sono un po’ la summa di questo periodo, di questa riflessione. Non sono un testamento di Calvino, ma sono l’ingresso in un’altra dimensione, in un’altra epoca narrativa e letteraria che purtroppo ha avuto, solo in parte, uno sviluppo attraverso i testi postumi dedicati ai temi autobiografici.