6'

“Il partigiano Johnny” di Beppe Fenoglio: riassunto e commento

Introduzione

 

Il partigiano Johnny è l’opera più nota di Beppe Fenoglio. A partire dalla sua pubblicazione postuma, nel 1968, grazie all’edizione curata da Lorenzo Mondo, che scelse il titolo del romanzo 1, è cominciata la riscoperta di questo autore, che viene considerato oggi uno dei più importanti del secondo Novecento italiano. Nel Partigiano Johnny il racconto della Resistenza nelle Langhe, che in Una questione privata si sviluppava attraverso l’orizzonte intimo ed esistenziale del protagonista Milton, viene trasceso ed elevato a livello epico. Nutrita fortemente dalla memoria diretta dell’autore (che fu partigiano in quei luoghi, ovvero le colline attorno alla città piemontese di Alba), quella di Johnny diventa l’epopea individuale e al tempo stesso universale dell’eroe partigiano.

 

Riassunto

 

La storia di Johnny assomiglia a quella del protagonista di Una questione privata: un giovane studente con la passione per la poesia inglese, sbandato dopo l’8 settembre 1943, riesce a ritornare dai genitori ad Alba, che è occupata dai tedeschi, e tuttavia decide di “andare in montagna” con i partigiani per assecondare la propria utopia di lotta per la libertà contro i nazifascisti. Quella di Johnny è la storia di una formazione: prima, in città, nelle discussioni con il professor Chiodi e i suoi allievi sul senso di diventare partigiano, poi, “sul campo”, dove emerge il problema di appartenere a una collettività fatta di uomini diversi per estrazione sociale, provenienza geografica e convinzioni ideologiche.

Fin da subito, Johnny si mostra a suo agio nelle privazioni della vita partigiana e molto abile nelle azioni militari; tuttavia matura in lui una forte insofferenza verso il ricorso ingiustificato alla violenza a cui tanti compagni si abbandonano, verso la disorganizzazione dei gruppi combattenti e, soprattutto, verso i tentativi d’imporre alla lotta partigiana un connotato politico specifico. A farlo sono in particolare i comunisti del commissario Némega, tra i quali Johnny si arruola inizialmente e dai quali, per questo motivo, si allontana presto, complice anche la morte di Tito, giovane siciliano, con cui Johnny, nonostante le differenze di provenienza e cultura, aveva sentito di condividere il senso dell’azione partigiana.

Johnny passa cosi alle brigate “azzurre” dei badogliani, comandate dal partigiano Nord, che per il suo nobile portamento esercita un notevole fascino su di lui. Qui Johnny ritrova l’amico Ettore e incontra il tenente Pierre: a loro rimarrà legato fino alla fine. La presa di Alba da parte dei partigiani, il 10 ottobre 1944, e la sua perdita 23 giorni dopo 2, però, segnano l’inizio di un lunghissimo inverno, mitigato solo dalla breve frequentazione con Elda, ragazza graziosa e un po’ sfacciata, che però si dimostra capace di sacrificarsi per amore di Johnny. I rastrellamenti nazifascisti costringono il protagonista a nascondersi, prima insieme a Pierre ed Ettore, poi, dopo il ferimento del primo e la cattura del secondo, in completa solitudine. Johnny tenta di riscattare Ettore procurandosi un prigioniero fascista, come il Milton di Una questione privata; lo scambio però non riesce e Johnny è costretto a riprendere il vagabondaggio, esposto al freddo, alla fame e agli sguardi indiscreti delle spie, ma forte della calma datagli dalla convinzione di soffrire per una giusta causa.

Il 31 gennaio 1945 Nord convoca tutti i partigiani superstiti per annunciare la ripresa della lotta, e Johnny si accorge di non sopportare più le difficoltà e i compromessi della vita collettiva. Tuttavia, durante il primo scontro con i nazifascisti, all’ingresso del paese di Valdivilla, Johnny avverte un’euforia per il ritorno all’azione, che si esprime in un senso di distanza rispetto ai compagni. Così, nonostante la chiamata della ritirata, Johnny prende il fucile e si lancia nella battaglia: “Due mesi dopo la guerra era finita” 3, ma della sua sorte non si sa nulla.

 

La lingua del Partigiano Johnny

 

Il carattere più rilevante di questo romanzo è rappresentato dalla lingua elaborata da Fenoglio per raccontare la storia di Johnny. Si tratta di uno stile unico, che trova origine nella passione dell’autore, e del suo personaggio, per la lingua inglese, ritenuta espressione di una cultura pura e nobile (quella del teatro di Shakespeare e dell’amato Marlowe, o della poesia di Donne, Coleridge e Hopkins 4). Sulla base di un italiano colto e ricchissimo a livello lessicale, grazie anche ai numerosi neologismi, si innestano continui inserti in lingua inglese, che variano dalla singola parola (“la panica stilness delle alte colline”) all’intera frase (“Ma Johnny fell in abstraction”), fino a due pagine scritte interamente in inglese per riportare il colloquio di Johnny con due prigionieri sudafricani. Anche a livello sintattico, la ricerca fenogliano si volge verso una soluzione “alta” e nobile, che si faccia simbolo e metafora dell’universo di valori e di tensioni che animano il protagonista.

Un simile mélange, che produce un effetto di spaesamento nel lettore, dimostra la grande maturità stilistica di Fenoglio, che, per aggirare la convenzionalità dell’italiano “scolastico”, i modelli “realistici” del Neorealismo e le rigidità del dialetto (già usato nella Malora), crea una lingua irregolare, in cui l’inglese interviene a esprimere la voce dell’autentica identità del personaggio. E d’altronde è in inglese una delle frasi più emblematiche del romanzo:

I’m in the wrong sector of the right side 5.

Pronunciata da Johnny al suo arrivo nella brigata comunista, questa frase vale in realtà come sua massima esistenziale, poiché egli continuerà ad avvertire questo senso di estraneità anche quando sarà tra i badogliani. Pochi sono i compagni con cui riesce a sentire una vera vicinanza (Ettore, Pierre, Tito); nei confronti di tutti gli altri matura un orgoglioso senso di diversità, nutrito dall’insofferenza, poiché ai suoi occhi l’impreparazione, la violenza gratuita e l’ortodossia ideologica sono tanti modi di fraintendere il vero senso della lotta partigiana.

Per Johnny “partigiano, come poeta, è parola assoluta, rigettante ogni gradualità” 6, come Fenoglio fa dire a un personaggio, peraltro comunista. Questa dimensione assoluta, però, appare raggiungibile solo al di fuori dei compromessi dell’azione collettiva. Solo nella solitudine l’uomo può compiere le proprie scelte secondo un senso di giustizia che non si misura sull’esito di un singolo evento, ma su quello della causa superiore, come l’onore individuale e la Liberazione finale.

 

Bibliografia

M. Corti, Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio, in Letteratura italiana. Le opere, a cura di A. Asor Rosa, vol. IV, Il Novecento, II. La ricerca letteraria, Torino, Einaudi, 1996, pp. 811-834.
D. Isella, La lingua del «Partigiano Johnny», in B. Fenoglio, Romanzi e racconti, «Biblioteca della Pléiade», Torino, Einaudi-Gallimard, 1992.
V. Spinazzola, La modernità letteraria, Milano, Il Saggiatore, 2001.

1 A questa edizione, molto discussa e criticata, ne seguirono altre due, curate rispettivamente da Maria Corti e Dante Isella, che vengono considerate oggi più fedeli rispetto al lavoro di Fenoglio, rimasto incompiuto.

2 A questo episodio è dedicato il titolo della raccolta di racconti I ventitre giorni della città di Alba, pubblicata da Fenoglio nel 1952 per l’editore torinese Einaudi.

3 B. Fenoglio, Il partigiano Johnny, Torino, Einaudi, 2005, p. 480.

4 Di questi poeti Fenoglio fu anche traduttore, come testimonia il suo Quaderno di traduzioni (Torino, Einaudi, 2000).

5 B. Fenoglio, Il partigiano Johnny, cit., p. 62.

6 Ivi, p. 24.