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Castiglione, "Il Cortegiano": riassunto e commento dell'opera

Pubblicato nel 1528, a dieci anni dalla prima stesura, il Cortegiano di Baldassarre Castiglione, è un trattato dialogico in quattro libri ambientato nel 1507 nel palazzo ducale di Urbino. Mentre il duca Guidobaldo si trova chiuso nelle sue stanze perché malato, Elisabetta Gonzaga ed Emilia Pio governano una conversazione tra Ludovico di Canossa, Ottaviano e Federico Fregoso, Giuliano de' Medici, Cesare Gonzaga, Bernardo Dovizi da Bibbiena, Pietro Bembo e altri. Su proposta di Federico Fregoso si delibera di “formar con parole un perfetto cortegiano”, ovvero di definire il profilo del giusto uomo di corte. Nel libro I, Ludovico di Canossa definisce le sue qualità fisiche e morali: egli dev'essere di nobile nascita e possedere fascino naturale, cultura e un'ottima conoscenza delle arti cavalleresche. Nel libro II, Federico Fregoso parla del modo in cui il cortigiano debba regolare le sue qualità a seconda delle situazioni, soffermandosi anche sui motti di spirito e le “vivaci risposte” che meglio gli si addicono. Nel libro III, Giuliano de' Medici descrive la figura della dama di corte e ne delinea i caratteri, mentre nel IV Ottaviano Fregoso stabilisce i rapporti tra il cortigiano e il principe e discute del suo ruolo di consigliere, di come egli debba spingere il signore ad azioni virtuose, a prendere atto della realtà e a non farsi obnubilare dagli adulatori. Nel libro IV è contenuta anche una descrizione del principe ideale, il quale non può esercitare il proprio potere al di fuori dalla moralità.

 

L'opera subisce diverse revisioni e aggiustamenti (non solo formali) negli anni che ne precedono la divulgazione. La prima intorno al 1516, in cui viene aggiunto un prologo dedicato al re di Francia, la seconda tra il '18 e il '21, la terza tra il '21 e il '24. Quest'ultima, rivista e corretta, viene pubblicata come prima edizione. Nelle diverse redazioni, il Castiglione mette in atto delle piccole mutazioni ideologiche a favore di una visione più agile e ad ampio raggio rispetto all'ideale più rigido e meno mutevole dell'esordio. Tutti gli aspetti della vita del cortigiano devono essere regolati dal “buon giudicio”, e cioè un confronto continuo dei propri ideali con una realtà in perenne mutazione. Accanto a questo la “grazia” rappresenta la qualità ideale per imporre la propria immagine, ma questa richiede un impegno di dissimulazione tale da far apparire spontaneo e naturale ogni comportamento artificioso. La qualità più importante per un cortigiano è infatti quella che il Castiglione definisce “sprezzatura”, ovvero la disinvoltura con cui egli deve nascondere l'arte che rende ogni suo atto spontaneo e naturale nel "teatro" della corte.