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“Narciso e Boccadoro” di Hermann Hesse: riassunto della trama e commento

Introduzione

 

Lo scrittore Hermann Hesse (1877-1962) pubblica nel 1930 Narciso e Boccadoro, romanzo che racconta la vita e l’amicizia tra Boccadoro, giovane studente in convento, e Narciso, maestro nel convento stesso e quasi coetaneo del primo. L’ambientazione storica è quella del Medioevo.

Boccadoro è di indole inquieta e piena di turbamenti, e possiede un temperamento artistico; Narciso è invece un giovane erudito e dedito allavita religiosa, più saggio di quanto la sua età non suggerisca. Il romanzo è prima di tutto la storia di un’amicizia e dei contrasti interiori che accompagnano le scelte che si compiono durante il nostro percorso di formazione e di maturazione. Le tematiche del libro - in cui molti hanno visto echi della filosofia di Nietzsche e della psicologia di Carl Gustav Jung (1875-1961) - sono simili a quelle di altri romanzi dello scrittore svizzero-tedesco, come Siddharta (1922) o Il lupo della steppa (1927).

 

Riassunto

 

Il romanzo si apre comincia nel convento di Mariabronn dove Narciso, giovane maestro, è stimato e rispettato sia per la sua erudizione e saggezza che per la sua profonda fede. Il giovane Narciso ha così modo di incontrare Boccadoro, un ragazzo inviato al monastero dal padre per ricevere un’educazione ordinata e rigida. Fra i due, quasi coetanei, si instaura presto un legame di rispetto prima e di amicizia;

Boccadoro confessa anche all’amico di essere tormentato dalla figura della madre, morta prematuramente anni prima. Narciso non pensa che l’amico possa abbracciare la vita religiosa e quindi gli fa un lungo discorso su quella che pensa essere la sua natura profonda, identificandola nell’uomo devoto alle arti e alla creazione.

Dopo un incontro sessuale con una giovane contadina, poco fuori dal monastero, anche Boccadoro capisce di dover trovare se stesso  al di fuori delle mura del monastero: per lui comincia così un lungo pellegrinaggio come cammino di ricerca interiore e ricerca della figura della madre. Boccadoro comincia così un’esistenza errabonda, consona con la sua natura di artista, che, come preannunciato da Narciso, va a poco a poco manifestandosi in lui. Il giovane, che ha una spiccata propensione per le emozioni e che conquista facilmente le donne, si ferma così presso il castello di un cavaliere, diventando l’amante di sua figlia Lidia. Scoperto e costretto ad abbandonare il maniero e a riprendere i vagabondaggi (nel corso dei quali Boccadoro ucciderà anche un ladro che voleva sottrargli delle preziose monete d’oro avute in dono  dal cavaliere). Boccadoro, nel mezzo di molte esperienze sentimentali, diventa poi allievo di un maestro molto stimato, tale Nicola, da cui apprende l’arte della scultura: da lui il protagonista apprende tutti i segreti della tecnica e realizza una statua di San Giovanni, del tutto simile all’amico Narciso. Nonostante Nicola, colpito dalle sue doti, gli offra la sua bottega e la mano della figlia, Boccadoro si sente ancora insoddisfatto e riprende il cammino. Incontra un altro pellegrino, di nome Roberto e con lui giunge in un villaggio di contadini, stravolto da un’epidemia di peste, che già imperversava nel paese. Qui, di fronte alle immagini raccapriccianti del contagio, Boccadoro conosce Lena, una giovane fanciulla che si innamorerà di lui, morendo però di lì a poco per la pestilenza. Roberto li abbandonerà invece dopo poco, per paura di subire la stessa sorte.

Boccadoro, ripreso il cammino e dopo aver scoperto che mastro Nicola è morto, si innamora di Agnese, (che è la donna del governatore) e, scoperto, viene messo a morte. In occasione della sua ultima confessione, Boccadoro rivede Narciso, divenuto nel frattempo abate di Mariabonn; quest’ultimo intercede per il vecchio amico, salvandogli la vita e offrendogli un posto per lavorare al monastero come scultore. Boccadoro è tuttavia sempre inquieto: il pensiero che gli si presenta sempre di fronte agli occhi è quello del volto della madre, la cui figura Boccadoro ha cercato in tutte le amanti della sua vita. Boccadoro può anche spiegare a Narciso, che ha trascorso una tranquilla e serena esistenza al riparo dai turbamenti del mondo, il frutto della sua ricerca esistenziale, dai piaceri della carne, la ricerca della bellezza attraverso l’arte e la creazione materiale, l’aspirazione umana a superare i vincoli e le limitazioni della condizione terrena.

Il protagonista abbandona il convento un’ultima volta: egli insegue ancora la bellezza di Agnese, che però lo rifiuta in quanto egli non è più giovane e bello. Boccadoro anzi cade rovinosamente da cavallo, ferendosi in modo grave. Egli torna al monastero solo in punto di morte, ormai riappacificato con se stesso e con la figura della madre. Le sue ultime parole, rivolte all’amico Narciso, spiegano in chiusura che il percorso di ricerca della propria identità si apre e si chiude sulla figura materna:

“Ma come vuoi morire un giorno, Narciso, se non hai una madre? Senza madre non si può amare. Senza madre non si può morire”. Ciò che mormorò ancora in seguito non fu più comprensibile. Le due ultime giornate Narciso rimase seduto al suo letto giorno e notte, e lo guardò spegnersi. Le ultime parole di Boccadoro gli bruciavano nel cuore come fuoco.

 

Commento

 

Narciso e Boccadoro si inserisce nel corpus della produzione di Hermann Hesse in modo estremamente omogeneo sia a livello di tematiche che di scelte narrative e stilistiche. La storia di Narciso e Boccadoro è infatti la storia di una ricerca identitaria che si svolge attraverso l’azione del cammino (inteso sia in senso spaziale che in senso interiore). Boccadoro non a caso è un pellegrino, che nel corso della sua ricerca esistenziale insegue - spesso inconsapevolmente - l’immagine di una Madre primigenia che si identifica volta per volta nella Natura, nelle donne che egli incontra e seduce, nella figura di Maria (cui Boccadoro dedicherà una statua con le fattezze della dolce Lidia), dell’eterno ciclo di Amore e Morte. È questa ricerca che dà senso e scopo alla vita di Boccadoro e che gli conferisce, con tutte le sue inquietudini e incertezze, il ruolo di vero protagonista del romanzo; se Narciso è portatore della serena sicurezza che gli deriva dalla sua fede e dalla sua intelligenza nel leggere nel cuore delle persone, Boccadoro è un “artista”, combattuto tra la ricerca artistica e la passione dei sensi, tra l’amore sincero per gli altri e la ricerca della propria regola di vita che, come nel caso di Siddharta, può venire per Hesse solo dalla propria intimità (e non dall’esempio, pur eccellente, di qualcun’altro).

Il romanzo può allora essere letto - anche alla luce delle suggestioni derivate da Friedrich Nietzsche (1844-1900) sulla contrapposizione tra l’apollineo e il dionisiaco - come una lunga metafora sulla sintesi o coincidenza degli opposti, come dimostra sia la tensione di Boccadoro verso “la Madre” (con una spinta che si placherà solo e necessariamente nella morte) sia il rapporto tra i due personaggi principali. Se infatti Narciso rappresenta il polo raziocinante e intellettuale della coppia e può essere considerato l’esponente della Spirito, Boccadoro è la voce della Natura e il motore attivo di tutti gli eventi del romanzo, e molte delle sue scelte e azioni sono dettate principalmente dal cuore e dalla passione. Questa opposizione è fondamentale, perché su di essa di basa l’amicizia profonda tra Narciso e Boccadoro: come quest’ultimo torna al convento per spendervi gli ultimi giorni di vita, così Narciso capisce attraverso le confessioni dell’amico che è sbagliato sottovalutare la via dei sensi per conoscere e capire il mondo. Per tutta la lunghezza del romanzo, si dipana il tema del confronto tra l’individualità umana (che è un punto fondamentale della visione del mondo di Hesse) e l’armonia dell’universo (che per l'autore è il punto d’arrivo per chi comprende la verità delle cose), secondo un’impostazione che già si trova proprio in Siddharta.