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Guido Guinizzelli, "Lo vostro bel saluto e 'l gentil sguardo": parafrasi e commento

Nella poesia stilnovista due diverse conseguenze si possono generare dalla virtù amorosa: nelle liriche in loda (lauda) della donna vengono descritti gli effetti mirabili dello sguardo e del saluto, i quali lasciano i segni di un'elevazione e di una salute spirituale che si avvicinano all'evento miracoloso (temi cari, questi, soprattutto a Dante).

 

Accanto a queste sono presenti rime in cui l'amore è descritto invece come un fenomeno insostenibile per l'animo, dove il soggetto sembra soccombere sotto i colpi di forze distruttive e predominanti (un tema tipico in Cavalcanti, come si vede in Voi che per li occhi mi passaste 'l core). Nel repertorio di Guinizzelli questi temi sono entrambi presenti: nel sonetto Lo vostro bel saluto e 'l gentil sguardo, lo sguardo e il saluto della donna non conducono alla salute morale, ma provocano una forma di annullamento interiore. I segni esteriori della donna che per la dottrina stilnovista recano all'uomo dei benefici di natura trascendentale, sono invece vissuti come insostenibili e dolorosi: anche lo sguardo che dalla lirica siciliana in poi (Jacopo da Lentini, Amor è un desio che vien da' core) viene rappresentato come il primo importante mezzo d'amore, in Guinizzelli (e successivamente in Cavalcanti), arriva a diventare il principale veicolo di afflizione: “il vostro bel saluto e il nobile sguardo che avete quando vi incontro, mi uccide: Amore mi aggredisce e non si preoccupa se mi fa soffrire o mi solleva” (vv. 1-4). La beatitudine tipica del sentimento amoroso si rovescia e diventa una ferita corporea: “perché attraverso il cuore, (Amore) mi lanciò una freccia che ora lo divide da parte a parte: e non posso parlare, poiché soffro di una bruciante sofferenza e sono come colui che si sente morire” (vv. 5-8). Secondo i gradi di una trascendenza negativa, per la quale tanto più è l'intensità amorosa, tanto maggiore è la perdita delle proprie facoltà, l'uomo innamorato smarrisce il contatto con le proprie sensazioni: “il dardo d'amore (un tema ovidiano presente anche nei Siciliani) passa attraverso gli occhi come un tuono che, attraversata la finestra della torre, colpisce ciò che trova: ed io rimango immobile come una statua d'ottone, nella quale non si trovano né vita né anima, ma che (come un simulacro) imita solo la figura di un uomo” (vv. 9-14).

 

Nel sonetto l'analisi si concentra sulla condizione di turbamento del protagonista, limitando il campo esterno al fenomeno dello sguardo e del saluto: ogni considerazione è riferita agli effetti psicologici dell'evento. Va inoltre sottolineata nel testo la presenza delle rime siciliane "ancide/merzede" (vv. 2-4); "divide/vede" (vv. 6-8).