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I ghiacciai: formazione, tipologie e caratteristiche

Una grande proprietà dell’acqua è quella di poter coesistere sulla Terra in tutte e tre le fasi di stato: aeriforme, liquido e solido. Quando grandi masse di acqua, per ragioni climatiche, diventano solide, si possono formare dei ghiacciai. Un ghiacciaio nasce da grandi accumuli di neve che assumono caratteristiche di un vero e proprio corpo roccioso.

Man mano che la neve si accumula su un suolo per lunghi tempi (da decine a centinaia di anni), la sua conformazione cambia sotto la pressione del peso delle nevicate successive. I fiocchi caduti per primi tendono a compattarsi in strati di neve granulare, che a loro volta, all’aumentare del peso di altra neve sopraggiunta negli anni, si trasformano in firn, cioè uno strato denso e rigido dove i cristalli di ghiaccio sono fusi e la porosità è ridotta al minimo. Si forma così il ghiaccio compatto, che per consistenza e stratificazione può essere paragonato a un blocco roccioso.

Un ghiacciaio, però, non si forma ovunque. Al di là delle dimensioni, un ghiacciaio si può definire tale solo se si forma al di sopra del limite delle nevi perenni. Questo limite indica la quota al di sopra della quale la neve caduta nella stagione precedente non si fonde  durante le stagioni più calde. Questo parametro spiega come possano esistere ghiacciai anche a basse latitudini, come vicino l’equatore. Anche la cima del Kilimangiaro, il vulcano in Tanzania alto oltre i 5000m, che si trova a latitudine 3°, ospita un ghiacciaio (oggi seriamente a rischio a causa dei cambiamenti climatici).

A seconda della forma, della dimensione e della localizzazione, un ghiacciaio si distingue in:

  • ghiacciaio continentale o polare;
  • ghiacciaio montano.

 

Esempi di ghiacciai continentali (chiamati anche inlandsis) sono le calotte polari, la Groenlandia e quelli che ricoprono in parte la Norvegia e l’Islanda. E’ da queste piattaforme che spesso affacciano a picco sul mare, che si staccano gli Iceberg, gli enormi blocchi di ghiaccio alla deriva.

I ghiacciai montani, a differenza di quelli continentali, presentano un’estensione limitata e si trovano principalmente sulle catene montuose più alte. Solo sulle Alpi sono stati individuati più di 800 ghiacciai.

In generale la struttura di un ghiacciaio presenta 2 zone che ne descrivono anche il destino nel tempo: una zona di accumulo della neve che si deposita, definito bacino collettore, e una zona dove  si registrano le perdite di ghiaccio, per scioglimento, valanghe o crolli, definito bacino ablatore. Se il bilancio tra ciò che si accumula (nel bacino collettore) e quello che viene perso (nel bacino ablatore) resta positivo, il ghiacciaio cresce aumentando il suo volume. Viceversa si ritira.

Questi non sono gli unici movimenti che può compiere un ghiacciaio. Oltre agli aumenti o le diminuzioni di volume, il peso stesso di una tale massa di materia può provocare dei movimenti interni tra gli strati. Ad esempio sullo strato di contatto tra il ghiaccio e la roccia madre, l’acqua condensata in ghiaccio nei decenni tende a tornare allo stato liquido, grazie la pressione esercitata dagli strati sovrastanti e al flusso di calore proveniente dall’interno della terra.

Pensare che un ghiacciaio sia qualcosa di immobile è quindi un concetto errato che non tiene conto della notevole plasticità del ghiaccio nei suoi strati più interni.

Crediti immagini:
Petermann Glacier with Crack September 2008
NASA Goddard Space Flight Center
Jerome Mathey - Objectif Sciences