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La monaca di Monza da "Fermo e Lucia" a "I Promessi Sposi"

Se nella metafora de “il sugo di tutta la storia”, è stato possibile cogliere l’esito di un’operazione di dissimulazione ironica perseguita allo scopo di superare la separazione di parole e cose, a fronte del rischio di una banalizzazione della complessità del reale cui la parola letteraria va incontro, ecco che questo dato può offrire un utile strumento interpretativo per individuare il senso della accanita attività di riscrittura e delle sue modalità proprie del romanzo.

 

È Manzoni stesso che illumina il senso della sua prassi letteraria e dissemina, a questo scopo,  sia nel Fermo e Lucia sia ne I promessi sposi, riflessioni, immagini, allusioni alle ragioni che spiegano quell’aspetto fondamentale della sua poetica che è costituito allo stesso tempo dalla scrittura di un romanzo e dalla sua profonda riscrittura. Alcuni dati intanto si impongono con scontata immediatezza se si confrontano il Fermo e Lucia e I promessi sposi: in primo luogo, la maggior parte delle correzioni e dei rifacimenti si indirizzano verso una drastica riduzione delle digressioni e dell’ampiezza delle riflessioni; in secondo luogo molti episodi vengono condensati e ridotti, soprattutto attraverso l’eliminazione delle situazioni più drammatiche e ad effetto, quelle insomma più marcatamente “letterarie” e propriamente “romantiche”, nelle quali più forte ed evidente era la voce del narratore, del letterato, e del polemista nutrito di Illuminismo.

 

In questo senso è emblematica la riduzione che riguarda la storia di Gertrude che, ne I Promessi Sposi si estende per due capitoli, mentre nel Fermo e Lucia, dove la Signora si chiamava Geltrude, occupa i primi sei capitoli del tomo II. Ed è proprio da una passo del Fermo e Lucia che conviene partire per cogliere il senso della riscrittura manzoniana. Nel capitolo IV del tomo secondo, quando la vicenda di Geltrude arriva al momento in cui la ragazza deve sostenere l’esame dell’ecclesiastico deputato dal vicario delle monache per vagliare l’effettiva vocazione di lei, la digressione informativa sul personaggio in questione è introdotta come segue:

 

I lettori d'una storia hanno il privilegio di conoscere i personaggi prima di vederli operare, di sentirli parlare; ed è questa una delle ragioni per cui la lettura d'una storia è molte volte più chiara e meno difficoltosa che la condotta negli affari della vita. Per servire a questo privilegio noi diremo qualche cosa del Signor...

“La condotta negli affari della vita” risulta dunque molto più complessa rispetto alla rappresentazione letteraria della realtà, che dunque si delinea come un’attività di semplificazione, basata su conoscenze preventive date dall’artificio letterario. Le persone nella vita reale si profilano così più “opache” e più difficilmente conoscibili per le facoltà umane, e questo costituisce uno degli elementi essenziali che determinano la complessità multiforme e problematica della condizione umana, così segnata dall’abisso imperscrutabile del cuore umano. E questo elemento è ulteriormente sottolineato da un’altra riflessione che si presenta dopo qualche riga, là dove il narratore critica la superficiale ingenuità con cui il religioso in questione adempie al suo compito, trasformando l’esame della vocazione di Geltrude in una formalità, operando così in modo irresponsabile e colpevole:

 

Avrebbe dovuto lasciar di giudicare nelle cose che non lo toccavano; e in quelle nelle quali il suo giudizio doveva influire sulla sorte altrui, avrebbe dovuto sospenderlo fino a tanto che da un attento esame egli avesse potuto formarlo, buono o tristo, ma con quella maggior certezza che è data a quello stromento guasto che si chiama ragione umana.

La ragione umana è definita come uno “stromento guasto”, cioè un mezzo intrinsecamente corrotto, fortemente dunque limitato per quanto riguarda le sue effettive capacità conoscitive; e ciò non fa altro che ribadire la difficoltà e il rischio di ogni tentativo di interpretazione del dato concreto ed effettivo. La semplificazione e così la falsificazione che opera la letteratura, fondandosi sulla ragione, nel momento in cui presume di fornire uno specchio della realtà umana, rivelano, a questo punto, la sua presunzione come infondata.