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Le epistole di Petrarca: le "Familiari" e le "Senili"

Introduzione

 

La produzione latina di Francesco Petrarca comprende anche due importanti raccolte epistolari in prosa, le Familiares e le Seniles. L’idea di raccogliere le sue lettere nasce dalla lettura delle epistole di Cicerone e delle Epistole morali di Seneca raccolte nel volume Ad Lucilium; nel primo caso, si tratta di una vera e propria “scoperta” petrarchesca, in quanto l’autore rinviene nel 1345, in un manoscritto della Biblioteca Capitolare di Verona, un antico manoscritto con la corrispondenza di Cicerone all’amico Attico, a Quinto e a Bruto.

Completano il quadro dell’epistolario petrarchesco una raccolta di lettere in versi - le Epystole - e diciannove epistole, inizialmente pensate per essere introdotte nelle Familiari, in cui il poeta si scaglia polemicamente contro la corruzione e i vizi della curia di Avignone, confluite poi nel Liber sine nomine (“Libro senza nome”). Vi sono poi circa settanta Lettere disperse.

 

Le Familiari: caratteristiche della raccolta

 

Le Familiari comprendono 350 lettere, divise in ventiquattro libri e composte dal 1325 al 1361. Più che l’effettiva parentesi cronologica entro cui Petrarca scrive le lettere, contano però gli anni in cui l’autore decide di revisionare e sistemare il suo corpus epistolare. Tra il 1350 e il 1366, a fasi alterne, il poeta seleziona e cataloga le lettere da inserire nelle Familiari, riscrivendo la gran parte di esse, retrodatandole o addirittura inventandone alcune (celebre è il caso della ascesa al Monte Ventoso col fratello Gherardo, collocata idealmente nella primavera del 1336).

L’intera opera è dedicata a Ludovico di Beringen (al secolo Ludwig van Kempen, 1304-1361, amico personale del poeta e da lui soprannominato “Socrate”, musicista al servizio di Giovanni Colonna e noto bibliofilo), cui, nella lettera dedicatoria dell’opera, Petrarca spiega che il suo vuole essere un testo in fieri, pronto a registrare tutti gli eventi intimi e privati fino alla fine della vita dell’autore. In realtà, le Familiares sembrano soprattutto un’opera attentamente costruita a tavolino, attraverso cui Petrarca vuol trasmettere ai posteri un’immagine ideale di sé, sia come uomo che come intellettuale. Si spiegano così le lettere fittizie (soprattutto quelle riguardanti gli anni giovanili), la loro accurata disposizione narrativa secondo un disegno complessivo assai preciso, la scelta attenta dei temi trattati in ogni singolo testo (dal rapporto con gli amati classici alla riflessione sulla vita e la morte, dalle problematiche personali alla ricerca di libri rari o al resoconto di viaggi, fino alla celebrazione della vita solitaria ed appartata). In accordo con tale impostazione, l’ultimo libro della raccolta comprende lettere indirizzate a grandi scrittori dell’antichità classica (Omero, Seneca, Cicerone, Orazio, Virgilio e Quintiliano tra gli altri), esemplificative della cultura umanistica dell’autore del Canzoniere.

Lo stile delle Familiares non è affatto quello informale e colloquiale della comunicazione privata; la raccolta si presenta anzi come assai elaborata dal punto di vista stilistico, con una prosa ricca di un lessico colto ed elevato, di una sintassi modellata sugli esempi classici e fitta di citazioni da fonti latine e volgari (tra i nomi più frequenti: Virgilio, Ovidio, Sant’Agostino e la tradizione biblica).

 

Le Senili: caratteristiche della raccolta

 

Il progetto delle Familiari resta sostanzialmente incompiuto: anziché essere una raccolta complessiva delle lettere petrarchesche, il volume si interrompe nel 1361, con la morte di Ludovico di Beringen, carissimo amico dell’autore. Petrarca intraprende così una nuova raccolta, i Rerum senilium libri (“Libri di faccende senili”), comunemente nota come Senili. Le Seniles comprendono le lettere composte nell’ultimo periodo di vita di Petrarca, tra il 1361 e il 1374, e sono dedicate a Francesco Nelli, amico del poeta e priore della Chiesa dei Santi Apostoli di Firenze. Fanno parte delle Senili 127 epistole, suddivise in diciassette libri. Al contrario delle Familiari, la struttura dell’opera non è definitiva e ciò che leggiamo oggi è la ricomposizione  postuma del testo da parte di amici e allievi del poeta della raccolta.

L’opera doveva concludersi infatti con un’epistola ai posteri, la Posteritati (“Alla posterità”), completata solo in parte (Petrarca vi ripercorre la propria vita fino al 1351) e che doveva costituire il diciottesimo libro della raccolta. Tra le altre lettere rilevanti, spiccano le quattro indirizzate all’amico Giovanni Boccaccio, che nella primavera del 1363 trascorre alcuni mesi in compagnia di Petrarca a Venezia, per discutere del rapporto dell’uomo di lettere con i classici e della traduzione latina dei poemi omerici. Una di queste lettere introduce la traduzione petrarchesca in latino di Griselda, l’ultima novella del Decameron.