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Le equazioni differenziali e il problema di Cauchy

Le equazioni differenziali sono un argomento centrale nella Matematica, con innumerevoli applicazioni in tantissimi ambiti differenti della scienza; per esempio, servono a descrivere l’evoluzione di una popolazione di batteri, a studiare il flusso dell’aria che circonda un aereo in decollo, o a capire che tempo farà domani. Queste sono soltanto alcune delle applicazioni possibili: in effetti il termine “equazione differenziale” è molto generico e, con esso, possiamo intendere svariate tipologie di equazione per le quali possono addirittura non essere noti dei metodi risolutivi.
In generale, possiamo dare la seguente definizione.


Definizione

Un’equazione differenziale è una uguaglianza che lega una funzione $f$ con le sue derivate (di qualsiasi ordine).
Possiamo fare una distinzione più precisa.

  • Un’equazione differenziale ordinaria è un’equazione differenziale in cui $f$ è una funzione che ha una sola variabile indipendente. Nel caso più semplice si considerano funzioni del tipo $f: \mathbb{R} \rightarrow \mathbb{R}$, ma nulla ci vieta, per esempio, di considerare funzioni del tipo $f: \mathbb{R} \rightarrow \mathbb{R}^n$.
  • Un’equazione differenziale alle derivate parziali è un’equazione differenziale in cui $f$ è una funzione di più variabili indipendenti. La funzione in questione può essere, per esempio, del tipo $f: \mathbb{R}^n \rightarrow \mathbb{R}$; le derivate che possiamo considerare sono tutte derivate parziali, cioè relative a una delle $n$ variabili indipendenti.


Le equazioni differenziali alle derivate parziali sono in generale molto complicate da affrontare, dal punto di vista sia pratico che teorico. Le equazioni di Navier-Stokes, per fare un esempio celebre, sono un sistema di equazioni alle derivate parziali per le quali non si è ancora in grado di dimostrare se esiste o no una soluzione globale; questo è infatti uno dei sette problemi del millennio della Matematica (tra questi, c’è anche l’ipotesi di Riemann). D’ora in poi analizzeremo quindi solamente equazioni differenziali ordinarie.


Un primo esempio: il moto rettilineo uniforme

Supponiamo di trovarci all’interno di un’automobile che ha per destinazione Roma: sappiamo solamente che stiamo procedendo con velocità costante $v_0$ (stiamo cioè compiendo un moto uniforme, che supponiamo rettilineo per semplicità). Ci chiediamo: quando arriveremo a Roma?
Non ci vuole molto per capire che, conoscendo solamente il valore di $v_0$, non c’è una risposta a questa domanda. Infatti:

  • come facciamo a sapere quando arriveremo, se non sappiamo da dove siamo partiti?
  • anche se sapessimo da dove siamo partiti, qual è la distanza tra partenza e destinazione?


Ci accorgiamo quindi che per avere la speranza di ottenere una risposta alla nostra domanda abbiamo bisogno di dati aggiuntivi a quelli forniti in partenza.

Proviamo a tradurre matematicamente il nostro problema. La posizione $x$ dell’automobile varia con il passare del tempo $t$, e quindi possiamo pensare di esprimerla con una funzione $x(t)$. La velocità dell’automobile è la variazione infinitesima della sua posizione in rapporto al tempo trascorso; in altre parole è la derivata $x’(t)$ rispetto alla variabile $t$. Di conseguenza il nostro problema può essere formulato affermando$$x’(t) = v_0, \qquad \forall \ t \in \mathbb{R}$$cioè che la velocità è sempre la stessa ($v_0$) in qualsiasi istante $t$. Questa identità è un primo esempio di equazione differenziale, anche se molto semplice.

Tentiamo di ottenere più informazioni relative a $x(t)$. Per farlo, possiamo provare a integrare $x’(t)$: il risultato sarà necessariamente una primitiva di $x’(t)$, cioè una funzione che - se derivata - fornisce $x’(t)$. Questa primitiva sembrerebbe essere proprio la $x(t)$ che stiamo cercando, ma facendo i conti le cose non vanno proprio come sperato: $$x’(t) = v_0 \quad \Rightarrow \quad \int x’(t) dt = \int v_0 dt \quad \Rightarrow \quad x(t) = v_0 \cdot t + C, \ C \in \mathbb{R}$$L’ultima uguaglianza mostra come la posizione dell’automobile al tempo $t$ sia data dal prodotto tra $v_0$ e il tempo trascorso $t$, più una costante $C$ (dovuta al fatto che gli integrali sono indefiniti) che non possiamo stabilire. Il fatto che non si possa determinare $C$ a partire dall’unica condizione $x’(t) = v_0$ è strettamente correlato al discorso che abbiamo fatto prima: $C$ è quel termine che ci impedisce di avere un’espressione precisa per la legge $x(t)$, così come non possiamo scoprire quando arriveremo a Roma sapendo solo a che velocità stiamo procedendo.

Tentiamo di risolvere il problema inserendo i dati mancanti:

  • supponiamo che al momento $t_0$ della partenza la nostra posizione fosse $0$ (una specie di “origine” del moto);
  • supponiamo inoltre che la distanza tra la posizione $0$ e Roma sia di $500$ chilometri.


Dato che l’equazione $x(t) = v_0t + C$ è vera per ogni istante $t$ considerato, sappiamo anche che vale questa uguaglianza: $$x(t_0) = v_0t_0 + C \quad \Rightarrow \quad 0 = v_0t_0 + C$$dalla quale otteniamo $$C = -v_0t_0$$Ricordiamo che $v_0$ e $t_0$ sono numeri reali: imponendo il primo “nuovo” dato abbiamo quindi trovato il valore di $C$! Sotto queste ipotesi possiamo allora scrivere un’espressione per $x(t)$: $$x(t) = v_0t - v_0t_0 = v_0 ( t - t_0)$$Capire quando arriveremo a destinazione vuol dire determinare l’istante $t_R$ in cui arriveremo a Roma; dato che a questo istante $t_R$ corrisponde la posizione $500$ dell’auto, possiamo ricavarlo così: $$500 = v_0 (t_R - t_0) \quad \Rightarrow \quad t_R = \frac{500}{v_0} + t_0$$L’esercizio è concluso. In ogni caso, quello che dobbiamo capire da questo esempio è che conoscere la posizione dell’auto al momento della partenza, cioè conoscere una condizione iniziale, ha permesso di trovare un’espressione per $x(t)$. In altre parole:

  • esistono infinite soluzioni per l’equazione differenziale $x’(t) = v_0$;
  • esiste un’unica soluzione per l’equazione differenziale $x’(t) = v_0$ se imponiamo la condizione $x(t_0) = 0$ (o una qualsiasi condizione del tipo $x(t_0) = x_0$, con $x_0 \in \mathbb{R}$).

 

I problemi di Cauchy

L’esempio fatto nel paragrafo precedente fa intuire come le soluzioni di un’equazione differenziale a cui non aggiungiamo altre condizioni possano tranquillamente essere infinite. Possiamo affrontare questo discorso in maniera più generale.


Definizione

Consideriamo una funzione $y(x)$ di variabile reale, a valori in $\mathbb{R}$. Un problema di Cauchy per $y(x)$ è un sistema del tipo $$\begin{cases} y’(x) = F(y(x), x) \\ y(x_0) = y_0 \end{cases}$$ dove $F$ è una funzione da $\mathbb{R}^2$ a $\mathbb{R}$ e $x_0, y_0 \in \mathbb{R}$. La condizione $y(x_0) = y_0$ è detta condizione iniziale.

È importante sottolineare che la definizione appena data può essere ulteriormente generalizzata, coinvolgendo le derivate di ordine superiore (derivata seconda, terza e così via) e aggiungendo condizioni iniziali riguardanti le altre derivate di $y(x)$.


I problemi di Cauchy sono particolarmente interessanti poichè, sotto determinate condizioni per la funzione $F$ (che non riportiamo, dato che sono abbastanza tecniche), possiamo garantire che la soluzione esiste sempre ed è anche unica, a patto di guardare in un opportuno intorno di $x_0$.
La soluzione potrà essere determinata solo se siamo a conoscenza di un metodo per risolvere l’equazione differenziale $y’(x) = F(y(x), x)$, cosa non affatto facile in generale. Sottolineiamo infatti che esistono davvero tantissime tipologie di equazioni differenziali; per alcune di esse sono stati inventati metodi ad hoc per determinarne le soluzioni esatte, mentre per altre (molte altre, a dire il vero) le soluzioni possono essere determinate solo attraverso approssimazioni numeriche.