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Guido Cavalcanti: la poetica e lo Stilnovo

Vita e opere

 

Guido Cavalcanti nasce nel 1258 circa a Firenze in una famiglia guelfa molto potente che ha partecipato alla battaglia di Montaperti (1260) 1. Di carattere solitario, dedito alla ricerca poetica 2 e allo studio, Guido Cavalcanti è tuttavia inserito nella vita politica della sua città, al punto da venir promesso, nel 1267, a Beatrice, la figlia di Farinata degli Uberti, per favorire la pacificazione tra Guelfi e Ghibellini. Nel 1280 Cavalcante figura tra i garanti della pace cittadina, ma nel 1293 viene esonerato dalle cariche pubbliche, in base a quanto stabilito dagli Ordinamenti di Giustizia di Giano della Bella 3, senza poter essere riammesso al governo di Firenze nel 1295 (quando gli Ordinamenti vengono revisionati). Cavalcanti partecipa in prima linea ai violenti scontri tra guelfi bianchi (per cui Guido, legato alla famiglia Cerchi, parteggia) e neri, al punto da rischiare di venire ucciso da Corso Donati, comandante dei Guelfi Neri, durante un pellegrinaggio a Santiago di Compostela 4. Nel 1300, durante il priorato di Dante, il livello degli scontri costringe le autorità cittadine ad esiliare i capi delle due fazioni; Guido è mandato così a Sarzana (nella regione della Lunigiana, al tempo particolarmente insalubre), dove probabilmente contrae la malaria. Richiamato a Firenze, Cavalcanti muore poco tempo dopo.

La sua opera poetica consta di cinquantadue componimenti, di cui due canzoni, undici ballate, trentasei sonetti, un mottetto e due frammenti composti da una stanza ciascuno.

 

Poetica e stile

 

Guido Cavalcanti, studioso, filosofo e poeta, è anche l’animatore riconosciuto (e per certi aspetti il fondatore) del gruppo di poeti il cui movimento sarà poi riconosciuto come Stilnovo e che si pone sull’onda di sviluppo della lirica d’amore che va dalla poesia provenzale alla scuola siciliana. Il tema fondamentale della poesia è infatti una concezione d’amore che rielabora quella di Guinizzelli (si pensi a testi quali Al cor gentil rempaira sempre amore o Io voglio del ver la mia donna laudare) in direzione più intellettuale e drammatica, con significativi punti di contatto con le inclinazioni filosofiche dell’autore.

 

La poetica d’Amore di Cavalcanti

La poetica d’amore di Cavalcanti è innanzitutto pessimistica: Amore è una forza ostile che coinvolge le facoltà umane e conduce inesorabilmente alla morte. Ad essere messe in luce sono due situazioni tipiche: l’angoscia che colpisce l’innamorato e il suo annichilimento, cioè la perdita di ogni facolta di reazione di fronte alla comparsa della donna. La poesia cavalcantiana si concentra così, partendo dalla base filosofica dell’averroismo, sulle reazioni intime di chi è colpito da Amore, che è inteso come un “accidente” (cioè qualcosa che fa parte di un oggetto senza però costituirne l’essenza) determinato da influenze astrali che si sommano in maniera nefasta alla rappresentazione interiore che l’uomo si fa della bellezza esteriore dell’amata. Successivamente l’immagine accolta resta nell’intelletto possibile, ovvero quella sede della nostra ragione che ospiterebbe la facoltà che ci permette di contemplare la verità al di fuori delle passioni. L’amore quindi diventa di ostacolo alla conoscenza e provoca turbamenti interiori che culminano nell’oscuramento della ragione, da cui deriva l’impossibilità di dedicarsi all’attività speculativa, e poi nella distruzione delle facoltà vitali dell’uomo (come si vede benissimo in Voi che per li occhi mi passate ‘l core).

Eppure, in opposizione a questa visione cupa e pessimistica del sentimento amoroso (o malinconica, come nella ballata Perch’i’ no spero di tornar giammai), la poesia di Cavalcanti presenta un altro aspetto di fondamentale importanza per il rapporto con lo Stilnovismo, ovvero la lode della figura femminile, come nel sonetto Chi è questa che ven, ch’ogn’om la mira. La positività dell’amore, che si contrappone agli effetti drammatici della passione, si traduce allora in immagini e metafore che diventeranno dei topoi per i poeti della cerchia stilnovistica: il paragone tra la bellezza dell’amata e il mondo della Natura, il tema dell’apparizione della figura femminile nell’anima del poeta, l’affermazione convenzionale di non poter lodare a sufficienza la creatura femminile. Se quindi Cavalcanti getta le basi per la spiritualizzazione dell’amore degli stilnovisti, egli tuttavia non giunge mai a teorizzare la donna-angelo (e quindi l’idea che la bellezza terrena sia tramite per la salvezza ultraterrena, come nel caso di Beatrice nella Vita Nova). Anzi, come detto nella canzone dottrinale Donna me prega, Amore allontana sempre l’uomo dal perfezionamento di sé.

 

La componente drammatica di Cavalcanti e gli spiritelli 

La concezione cavalcantiana di Amore è strettamente correlata ai suoi interessi filosofici; il poeta è infatti un esponente dell’averroismo, ovvero una forma radicale di aristotelismo all’interno della Scolastica medievale che si rifà alle opere del filosofo arabo Averroè (1126-1198). Il conflitto che Amore genera nel corpo e nella mente dell’uomo e che alla fine lascia il poeta privo delle proprie funzioni vitali è ricollegata alla teoria degli spiriti o spiritelli, alla base della fisiologia medievale. La teoria è derivata dalle opere di Claudio Galeno di Pergamo (126-216), del musulmano Avicenna (980-1037) e del teologo cristiano Alberto Magno (1206-1280), e presuppone l’esistenza nel corpo umano di entità costituite di materia alquanto sottile e responsabili, a diversi livelli, delle nostre facoltà vitali 5.

Su questa base scientifica, Cavalcanti elabora la propria metafora poetica, animando e mettendo in scena le azioni e le reazioni degli spiritelli, e descrivendone la drammatica sconfitta di fronte all’incedere della forza inarrestabile di Amore.

1 Suo padre Cavalcante viene inserito da Dante Alighieri nel decimo canto dell’Inferno, nel girone degli epicurei, ovvero di coloro che in vita hanno negato l’immortalità dell’anima. La condanna, al tempo, è infatti piuttosto generica e non strettamente collegata con la posizione filosofica di Epicuro (342-270 a.C.). Con tratti simili, lo stesso Guido sarà ricordato da Boccaccio in una famosissima novella del Decameron.

2 L’amico Dante lo citerà nel sonetto Guido i’vorrei che tu, Lapo ed io e lo ricorderà nell’undicesimo canto del Purgatorio.

3 Gli Ordinamenti mirano a favorire la classe mercantile contro il potere della classe aristocratica.

4 La fosca figura di Corso Donati viene ricordata da Dante nel ventiquattresimo canto del Purgatorio, attraverso la profezia di suo fratello Forese.

5 Si parla a propsito, in ordine crescente di raffinazione, di “spirito naturale”, che ha sede nel fegato, di “spirito vitale”, che si trova nel cuore, e di “spirito animale” che è localizzato nel cervello.