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Catullo, carme 5: traduzione, analisi, metrica

Introduzione

 

Nel carme 5 del Liber catulliano assistiamo al trionfo dell’amore tra Catullo e Lesbia; anzi, nell’ordinamento dell’opera, è questo il primo componimento che celebra la forza delle passioni in maniera spensierata e gioiosa (con toni antitetici a quelli, ad esempio, del carme 85). La poesia si costruisce così su due perni fondamentali: la celebrazione dell’equazione vita-passione - così che le critiche dei benpensanti siano da paragonarsi ad un assis, cioè ad una moneta di pochissimo valore - e la consapevolezza della fugacità dell’esistenza: se quest’ultima è breve come un giorno, allora conviene non perdere nemmeno un istante di possibile felicità.

Il corpo centrale del testo è allora occupato dall’accumulo dei baci scambiati con Lesbia, che il poeta si diverte a contare ed enumerare sotto forma di elenco. Il tutto si risolve, negli ultimi versi, nella “beffa” nei confronti di chi augura il peggio ai due amanti felici: Catullo e Lesbia gettano all’aria le somme dei baci, per non far sapere a nessuno quanti essi davvero siano.

Dal punto di vista stilistico, il carme 5 si caratterizza per uno stile semplice e colloquiale, come se si trattasse di un invito, un po’ scanzonato, rivolto a Lesbia stessa: si noti l’uso dei congiuntivi esortativi (v. 1: “Vivamus [...] atque amemus”) e dell’imperativo (V. 7: “Da mi basia mille”), la scelta di termini tipici del parlato (v. 7: “basia”, l’esclamazione al v. 3) alternati a termini tecnici o specialistici (v. 11: “conturbabimus”; v. 12: “invidere”), il ricorso ad una sintassi piana e costruita prevalentemente per paratassi, in cui è rilevante il ricorso alla figura retorica dell’anafora.


Metro: Endecasillabi faleci.

 

  1. Vìvamùs, mea Lèsbia 1, àtque amèmus 2,
  2. rùmorèsque senùm sevèriòrum 3
  3. òmnes ùnius aèstimèmus àssis 4.
  4. Sòles 5 òccidere èt redìre pòssunt:
  5. nòbis, cùm semel òccidìt brevìs lux,
  6. nòx 6est pèrpetua ùna dòrmiènda 7.
  7. 8 mi bàsia 9 mìlle, dèinde 10 cèntum,
  8. dèin mille àltera, dèin secùnda cèntum,
  9. dèinde usque 11 àltera mìlle, dèinde cèntum.
  10. Dèin, cum mìlia mùlta fècerìmus,
  11. cònturbàbimus 12 ìlla, nè sciàmus,
  12. àut nequìs malus ìnvidère 13 pòssit,
  13. cùm tantùm sciat èsse bàsiòrum.
  1. Viviamo, mia Lesbia, e amiamo
  2. e le chiacchiere dei vecchi troppo severi
  3. consideriamole tutte soltanto moneta senza valore
  4. I giorni possono tramontare e risorgere:
  5. noi, una volta tramontata la nostra breve vita,
  6. siamo costretti a dormire una notte eterna.
  7. Dammi mille baci, e poi cento,
  8. Poi altri mille, poi ancora cento,
  9. poi mille di seguito, e poi cento.
  10. Poi, quando ne avremmo raggiunto molte
  11. migliaia, le rimescoleremo, per non sapere
  12. quanti sono, o perché nessun maligno possa
  13. gettarci il malocchio, sapendo quanti sono i baci.

 

1 Mea Lesbia: apostrofe di Catullo alla donna amata, Lesbia, pseudonimo letterario con cui il poeta nasconde la reale identità della destinataria del testo. Il nome è strettamente connesso a Saffo, poetessa greca VII-VI secolo a.C. originaria dell’isola di Lesbo, nota per le poesie erotiche e amorose (e per la leggenda che la vuola suicida per amore). Se Saffo è quindi figura centrale per la lirica d’amore (si pensi a Ovidio o aIl’Ultimo canto di Saffo di Giacomo Leopardi), il nome Lesbia evoca qui grazia, bellezza, fascino e intelligenza. La donna, il cui vero nome era Clodia, apparteneva all’aristocrazia romana, e venne coinvolta in diversi scandali dell’epoca. Era la moglie di Quinto Metello Celere, morto nel 59 a.C., forse avvelenato dalla donna stessa, che divenne poi amante di Celio Rufo. Catullo, a quanto sembra, iniziò con Clodia una relazione basata sulla passione e l’eros che si evolve e per il poeta diventa un rapporto esclusivo, basata su un vincolo matrimoniale (in latino, foedus). Per questo, quando Lesbia abbandona il poeta per un’altra relazione, Catullo parla di doloroso tradimento del foedus d’amore, come emblematicamente espresso nel carme VIII (Miser Catulle, desinas ineptire) e nel carme 85 (Odi et amo).

2 Vivamus e amemus: si tratta di due congiuntivi esortativi (da vivo, vivis, vixi, victum, vivere e amo, amas, amavi, amatum, amare) che, già nel primo verso, evidenziano le due parole-chiave del componimento: “vivere” ed “amare”, per il Catullo innamorato, sono sostanzialmente la stessa cosa.

3 Questo verso, arricchito dalle allitterazioni di “m”, “s”, “r” vuole riprodurre sul piano fonico le chiacchiere e i pettegolezzi dei vecchi; gli antagonisti dell’amore di Catullo e Lesbia sono insomma sia chi è  anagraficamente anziano (nel mondo romano, si era senex dopo i sessantanni) sia chi fa il conservatore moralista.

4 Assis: “asse”; si trattava di una moneta originariamente del valore d’una libbra, ma il cui valore si andò riducendo nel tempo, diventando quindi termine popolare per indicare una moneta di poco valore. Catullo sembra essere il primo a usare questa espressione; in Plauto e Terenzio, invece si trovano più frequentemente espressioni come focci, nauci, pensi, nihili.

5 Soles: i “soli” sono una metonimia classica per i dies, cioè i "giorni”.

6 Nox: la “notte” metafora della mors, la “morte”. Da notare l’antitesi tra fine del v. 5 (lux) e l’inizio del v. 6 (nox), segnati da due diversi momenti del giorno e dell’esistenza. Nei versi 4-6 viene espresso il topos molto caro ai poeti latini del godere e approfittare della breve vita che è concessa all’uomo, che si ritrova ad esempio anche in Orazio, nel famoso componimento del Carpe diem (Odi, I, XI).

7 est dormienda: la costruzione perifrastica passiva dà una sfumatura di inevitabilità al destino di morte che attende l’uomo; tanto più vale allora godere delle gioie dei baci di Lesbia.

8 Da: si noti come stilisticamente Catullo passi dal congiuntivo esortativo dei primi versi all’imperativo.

9 Basia: si tratta di una delle prime attestazioni letterarie della parola basium, di origine ignota, probabilmente popolare, da cui deriva la parola italiana “bacio”. Catullo preferisce il termine popolare a quello più formale osculum. Nel commento a Catullo di E.T Merrill (Catullus edited by E.T. Merrill, Cambridge, MA, 1951) viene ipotizzata un’origine germanica della parola basium, a causa dell’assenza di termini simili in latino e in greco e la presenza in inglese antico della parola “buss”, mantenuta in alcuni dialetti della Germania del sud e in Austria.

10 Deinde: l’anafora dell’avverbio, anche in forma ridotta dein, serve a sottolineare lo scambio continuo di baci tra il poeta e la donna amata.

11 Usque: “fino a”, ma anche “continuamente”, “senza interruzione” per specificare la gioia del poeta.

12 Conturbabimus: futuro indicativo del verbo conturbo, composto da con- e turbo (turbo, turbas, turbavi, turbatum, turbare); il significato di “turbare, sconvolgere, mettere in disordine” in questo caso assume una sfumatura ironica e giocosa: Catullo vuole rimescolare  e scombinare i conti dei baci tra lui e Lesbia. Il verbo conturbare è poi il verbo tecnico per chi inquina i conti in caso di bancarotta fraudolenta.

13 Invidere: i significati del verbo invideo, invides, invidi, invisum, invidere sono molti (“fare il malocchio”, “avere sentimenti ostilità”, “invidiare”, impedire”), ma qui Catullo privilegia il significato originario di “gettare la sfortuna contro qualcuno” per sottolineare la malevolenza di chi invidia la felicità di Catullo e Lesbia.