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Carboidrati: disaccaridi, oligosaccaridi e polisaccaridi

Tutti noi tendiamo associare la parola “zucchero” a qualcosa di dolce, in riferimento allo “zucchero” che compriamo al supermercato e che usiamo in cucina come dolcificante. In realtà gli zuccheri, chiamati anche carboidrati, costituiscono molecole molto diverse e spesso complesse, con sapori a volte tutt’altro che dolci. La corteccia degli alberi, per esempio, costituita da cellulosa, che per definizione è uno zucchero, che però non risulta molto appetibile al nostro palato (e neanche al nostro sistema digerente, vedi in fondo*).

Gli zuccheri più semplici vengono chiamati monosaccaridi, in quanto costituiti da un unico monomero. Questa unità singola rappresenta un “mattoncino” utilizzato per costruire strutture complesse, come appunto la cellulosa (che è un complesso insieme di migliaia di monomeri). In generale il termine “zucchero” o “carboidrato” si possono indicare i singoli monosaccaridi.

A seconda del numero di monosaccaridi che li costituiscono, i polimeri zuccherini vengono chiamati oligosaccaridi (da 2 a 10 unità) o polisaccaridi (più di 10). All’interno degli oligosaccaridi possiamo distinguere in particolare i disaccaridi, costituiti da 2 unità di zucchero. La grande varietà di zuccheri aldosi e chetosi esistenti, principalmente contenenti da 3 a 6 atomi di carbonio, permette di ottenere una larga diversità di polimeri.

Nei disaccaridi due zuccheri sono uniti fra loro mediante un legame glicosidico, che avviene per condensazione fra due ossidrili dei due zuccheri. Poichè i carboidrati possiedono molti -OH, è spesso necessario indicare il numero dell’atomo di carbonio al quale sono legati i gruppi ossidrilici coinvolti nella formazione del legami. Per esempio nel caso del saccarosio, componente principale dello zucchero da cucina, i due monosaccaridi (D-glucosio e D-fruttosio) sono uniti da un legame glicosidico tra il carbonio 1 del glucosio e il carbonio 2 del fruttosio.

Nel lattosio,che costituisce la parte zuccherina del latte, D-galattosio e D-glucosio sono invece uniti da un legame 1-4, mentre nel trealosio due unità di D-glucosio possiedono fra loro un legame 1-1.

Il trealosio viene utilizzato dalle cellule per mantenere la vitalità in caso di mancanza d’acqua (disidratazione) poichè in grado di interagire con le proteine e preservarne le funzioni. Ciò è possibile proprio grazie al particolare tipo di legame glicosidico posseduto dal trealosio.

Il legame glicosidico infatti è molto importante per definire il destino dei disaccaridi e dei polisaccaridi correlati: esso può essere di tipo alfa (α) o beta (β), a seconda della conformazione dell’ossidrile legato al carbonio 1 (anomerico) coinvolto nel legame. Il maltosio e il cellobiosio sono entrambi disaccaridi costituiti da due unità di D-glucosio, ma il legame glicosidico di diverso tipo incide fortemente nella struttura e nelle proprietà dei polisaccaridi corrispondenti, nonostante in entrambi i casi si tratti di legami 1-6.

Il maltosio è in grado di formare un polimero chiamato amido, il quale viene utilizzato dalle cellule come riserva energetica: in caso di abbondanza di cibo nell’ambiente, le cellule lo accumulano per momenti di “crisi”, nei quali viene pian piano consumato. L’amido è caratterizzato da ramificazioni dovute a legami α 1-6 glicosidici: nel caso in cui questi siano poco presenti il polimero viene chiamato amilosio. L'amilosio è delle componenti che si possono ottenere dalla degradazione dell'amido, ha una struttura principalmente lineare le cui catene si avvolgono a elica. L'altro prodotto ottenibile dalla degradazione dell'amido è l'amilopectina. In questo caso le ramificazioni sono molto diffuse, tant'è che la struttura complessiva dell'amilopectina ricorda le nervature di una foglia.

Il cellobioso invece costituisce la cellulosa, la quale è la fonte di glucosio maggiore al mondo. Proprio grazie alla conformazione del legame β glicosidico è possibile instaurare legami a idrogeno fra le varie porzioni del polisaccaride. Di conseguenza la cellulosa riesce ad avere una struttura molto compatta che costituisce la parte principale della parete delle cellule vegetali (lignocellulosa), permettendo alle piante di proteggersi dagli agenti ambientali.

Il diverso legame che caratterizza l’amido e la cellulosa permette anche di identificare la loro digeribilità da parte dell’organismo. L’apparato digerente umano, per esempio, possiede gli enzimi in grado di degradare l’amido (α glucosidasi) alle unità di glucosio, ma non le β glucosidasi, capaci di rompere i legami tipici della cellulosa*.

Credits: Wikimedia Commons Laghi.I