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"Paradiso", Canto 11: riassunto

Parafrasi Commento

Introduzione

I canti XI e XII del Paradiso sono ambientati nel quarto cielo (il cielo del Sole), dove sono presenti gli spiriti sapienti; si tratta di  due canti congiunti, composti in ottica speculare e che condividono tematiche e struttura base. Obiettivo comune dei due canti è presentare due "campioni" della cristianità, San Francesco d'Assisi e San Domenico, e condurre attraverso di loro (per bocca delle figure che narrano le loro vite: San Tommaso d'Aquino e Bonaventura da Bagnoregio) una riflessione sullo stato della Chiesa e degli ordini mendicanti.

  

Riassunto

 

All’inizio del canto Dante, abbagliato dalla beatitudine celeste che risplende nel quarto cielo, inveisce contro coloro che spendono i loro giorni occupati da interessi terreni, e che perdono di vista la vera felicità, la quale risiede nell’allontanamento dalle passioni e nella conquista della grazia eterna. San Tommaso d’Aquino (1225-1274), che si è già rivolto al poeta fiorentino nel canto precedente, gli dice che, poiché gode della luce divina, riesce a scorgere i suoi dubbi senza che il poeta li riveli apertamente: le perplessità di Dante si riferiscono a due frasi dette precedentemente da San Tommaso: “u’ ben s’impingua se non si vaneggia” (Pd X 96) e “a veder tanto non surse il secondo” (Pd X 114).

San Tommaso in questo spiega solo la prima di queste ambigue ed ellittiche affermazioni, mentre la seconda verrà presa in considerazione nel canto XIII. Il Santo spiega che Dio, che agisce secondo un disegno che gli uomini non possono cogliere, ha posto due uomini eccellenti e differenti tra loro a servizio della Chiesa, affinchè la guidassero: San Francesco (1182-1226) per la carità e San Domenico (1170-1221) per la sapienza. San Tommaso parla di San Francesco, mentre San Bonaventura da Bagnoregio (1217/1221-1274) si occuperà della vita di San Domenico nel canto XII. Tommaso inizia la lode di San Francesco, narrandone la vicenda personale. Comincia raccontando di come Francesco rinunciò ai beni di famiglia in nome della Povertà che, personificata in una donna, diventa sua sposa dopo aver atteso undici secoli un nuovo compagno, dopo la venuta di Cristo (vv. 64-66). Successivamente racconta di come nuovi fedeli si unirono all’ordine e di come questo abbia ricevuto l’approvazione orale da Innocenzo III nel 1210 per poi ottenere nel 1223 da Onorio III l’approvazione con la bolla Solet annuere.

In tutto il canto la figura di San Francesco è collegata a quella di Gesù, come dimostra l’episodio in cui il Francesco riceve le stimmate al monte della Verna, nel 1224. Il momento della morte e del trapasso di Francesco è cruciale nella narrazione di S. Tommaso: il santo raccomanda la propria sposa, la Povertà, ai suoi discepoli, e chiede la sepoltura più semplice possibile, nella nuda terra, spogliato di ogni bene (vv. 109-117).

Il motivo della povertà francescana - affidata ad un domenicano in maniera speculare a quanto avviene nel canto successivo - serve sia ad istituire un parallelo esplicito tra S. Francesco e S. Domenico (vv. 118-123) sia all'invettiva contro la corruzione dilagante dei domenicani del tempo presente (vv. 124-132). Gli appartenenti all'Ordine Domenicano si stanno sempre più allontanando dall’insegnamento del loro maestro, spinti dall’avidità; così l’ultima parte del canto viene dedicata da S. Tommaso alla denuncia della decadenza morale del suo ordine.

 

Struttura

É difficile leggere i canti XI e XII in maniera disgiunta per l’alto numero di parallelismi a livello formale, stilistico e contenutistico.

Dante vuole esaltare le figure dei due fondatori degli ordini mendicanti nati nel XIII secolo: Francesco d’Assisi e Domenico di Guzman. Così nel canto XI troviamo San Tommaso, domenicano, che parla di San Francesco e chiude il suo discorso con un’invettiva contro l’Ordine ormai degradato dei Domenicani; in parallelo nel canto XII Bonaventura da Bagnoregio, francescano, elogia la vita di San Domenico e termina con una dura reprimenda contro l’ordine francescano, sviatosi dall'originaria purezza.

Per evidenziare la stretta interconnessione e il perfetto parallelismo tra i due canti (soprattutto a livello della disposizione della materia e della loro costruzione retorica), riprendiamo qui uno schema già utlizzato dai commentatori della Commedia 1:

 

 

canto XI

canto XII

Premessa generale

vv. 28-36 (3 terzine)

vv. 37-45 (3 terzine)

Identità d’azione dei due santi

vv. 40-42 (1 terzina)

vv. 34-36 (1 terzina)

Luogo di nascita

vv. 43-51 (3 terzine)

vv. 46-54 (3 terzine)

Nascita

vv. 49-51 (1 terzina)

vv. 55-57 (1 terzina)

Passaggio da biografia a biasimo

vv. 118-123 (2 terzine)

vv. 106-111 (2 terzine)

Biasimo dell’Ordine

vv. 124-129 (2 terzine)

vv. 112-117 (2 terzine)

Monaci fedeli

vv. 130-132 (1 terzina)

vv. 121-123 (1 terzina)

 

 

Personaggi

San Francesco

Francesco d’Assisi (1182-1226) è il fondatore dell'Ordine dei Francescani e patrono d'Italia. Figlio di un mercante di tessuti d'Assisi, dopo una giovinezza dedicata agli affari di famiglia e alla vita militare (Francesco, il cui nome originario era Giovanni, partecipa alla battaglia di Collestrada del 1202 tra l'Assisi ghibellina e la Perugia guelfa, rimanendo gravemente ferito), Francesco conosce una svolta nella propria vita tra 1203 e 1205 quando, in seguito ad una grave crisi esistenziale, decise cambiare radicalmente vita.

Ceduti tutti i propri beni nel 1206 (Bonaventura da Bagnoregio nella Legenda maior narra come Francesco si fosse spogliato di tutti i vestiti in Chiesa, di fronte al padre basito), Francesco si dedicò alla predicazione e alla penitenza, raccogliendo attorno a sé un gruppo di seguaci fedeli. Papa Innocenzo III nel 1210 diede l’approvazione orale alla sua Regola che venne poi approvata da Onorio III nel 1223. Secondo l’agiografia Francesco ricevette le stimmate nel 1224, mentre si trovava a pregare presso il monte della Verna, sull'Appennino toscano. Il santo morì dopo due anni, nel 1226, e fu canonizzato nel 1228. Di Francesco d'Assisi si ricorda anche il Cantico delle creature, considerato il primo testo poetico in volgare italiano.

San Francesco nella Commedia è innazitutto una figura Christi, cioè - secondo l'accezione del filologo Erich Auerbach - una "figura" che replica quella del figlio di Dio, in un quadro in cui la Storia è un meccanismo in cui si dispiega il disegno provvidenziale di Dio. In più, il poeta sottolinea del santo gli aspetti biografici che più sono in accordo con la tematica dei canti XI e XII, ovvero la corruzione del presente rispetto alla grandezza dei modelli del passato. Così della vita di Francesco (le cui fonti privilegiate sono la Legenda Maior di San Bonaventura, l’Arbor vitae crucifixae di Ubertino da Casale e l’anonimo Sacrum commercium beati Francisci cum domina Paupertate) passano in secondo piano la pratica assidua della preghiera e della penitenza, così come gli aspetti didascalici della predica agli animali e, più in generale, l'amore sincero per la Natura (che emerge invece nel Cantico); nella Commedia importa che Francesco, come Cristo, abbia deciso di sposare la donna che nessuno voleva, la Povertà. Da qui, può partire anche San Tommaso per contestare la degenerazione dell'ordine domenicano.

 

1 D. Alighieri, La Divina Commedia, a cura di U. Bosco U. e G. Reggio, Firenze, Le Monnier, 2002, p. 206.