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"Orlando innamorato" di Boiardo: analisi di alcuni estratti

Uno dei momenti più intensi dell'Orlando innamorato è quello dell’apparizione di Angelica durante il banchetto alla corte di Carlo Magno. In questi estratti dal primo libro appare infatti il nuovo immaginario amoroso espresso dal Boiardo, ben lontano da quello della tradizione stilnovista e petrarchesca. L’atmosfera che si crea attorno alla visione della giovane principessa è quasi onirica, caratterizzata da tratti favolosi ed eccentrici, coronati dal fascino esotico della provenienza di Angelica, l’estremo oriente. Dopo una scorrevole descrizione del meraviglioso arredo della tavola imbandita (“Ed ecco piatti grandissimi d’oro, | Coperti de finissima vivanda; | Coppe di smalto, con sotil lavoro, | Lo imperatore a ciascun baron manda. | Chi de una cosa e chi d’altra onorava, ! Mostrando che di lor si racordava”), Boiardo descrive lo stupore che desta la vista della principessa Angelica e del suo seguito:

 

[...] Ma nova cosa che ebbe ad apparire,

fe’ lui con gli altri insieme sbigotire.

 

Però che in capo della sala bella

quattro giganti grandissimi e fieri

intrarno, e lor nel mezo una donzella,

che era seguìta da un sol cavallieri.

essa sembrava matutina stella

e giglio d’orto e rosa de verzieri:

in somma, a dir di lei la veritate,

non fu veduta mai tanta beltate.

Al banchetto partecipano sia principi cristiani che pagani e tutti, senza eccezioni, restano colpiti dalla bellezza prorompente e misteriosa della principessa del Catai, che offusca tutte le altre dame presenti. La ragazza si rivolge quindi al re e, dopo averlo lodato, gli fa una proposta: chiunque fosse riuscito a battere suo fratello in duello l’avrebbe ottenuta come sua sposa, in caso contrario sarebbe divenuto un loro prigioniero. Tutti i cavalieri sono ormai persi d’amore per la bella principessa e acconsentono, ma più di tutti ne è rimasto folgorato Orlando (“Ma sopra tutti Orlando a lei s’accosta | Col cor tremante e con vista cangiata, | Benché la voluntà tenìa nascosta; | E talor gli occhi alla terra bassava, | Ché di se stesso assai si vergognava”). Il protagonista si rende conto di essere trasportato dalla voglia e dal desiderio e, temendo che questi sentimenti lo conducano all’errore e alla catastrofe, così si lamenta tra sé e sé:

 

“Ahi paccio Orlando!" nel suo cor dicia

"Come te lasci a voglia trasportare!

Non vedi tu lo error che te desvia,

e tanto contra a Dio te fa fallare?

Dove mi mena la fortuna mia?

Vedome preso e non mi posso aitare;

Io, che stimavo tutto il mondo nulla,

Senza arme vinto son da una fanciulla.

 

Io non mi posso dal cor dipartire

la dolce vista del viso sereno,

perch’io mi sento senza lei morire,

e il spirto a poco a poco venir meno.

or non mi val la forza, né lo ardire

contra d’Amor, che m’ha già posto il freno;

né mi giova saper, né altrui consiglio,

ch’io vedo il meglio ed al peggior m’appiglio."