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Proemio al "Decameron": analisi e commento

Introduzione

 

Il Proemio del Decameron è il testo introduttivo che Boccaccio antepone al suo capolavoro letterario. Il Proemio, con uno stile assai elaborato e letterario, presenta le caratteristiche della sua opera, identifica il pubblico di riferimento del testo e ne sottolinea la novità rispetto alla tradizione novellistica precedente.

 

Analisi

 

Il Proemio si apre innanzitutto con una sezione che presenta il libro, ne spiega il nome e si concede un rimando letterario assai esplicativo:

COMINCIA IL LIBRO CHIAMATO DECAMERON, COGNOMINATO PRENCIPE GALEOTTO, NEL QUALE SI CONTENGONO CENTO NOVELLE, IN DIECE DÌ DETTE DA SETTE DONNE E DA TRE GIOVANI UOMINI

 Il “nome” di Decameron è seguito dall’indicazione sulla sua composizione (“cento novelle”), dalla sua durata temporale (i “diece dì” che si riflettono nella suddivisione tematica dell’opera), dall’individuazione di coloro a cui spetterà la responsabilità del racconto (le “sette donne e tre giovani uomini” che compongono la “brigata” dei narratori del Decameron). Quel che conta è però anche il “cognome” del testo, quel “prencipe Galeotto” che costituisce un rimando intertestuale sia alla tradizione del ciclo bretone di re Artù e della Tavola rotonda sia, soprattutto, al famosissimo passo del quinto canto dell’Inferno, dove Paolo e Francesca erano i rappresentanti del peccato d’amore 1. Quello di Boccaccio è però, al tempo stesso, un tributo e una presa di distanza: l’omaggio al modello dantesco, ammiratissimo dall’autore, è bilanciato da una diversa concezione dell’amore e della letteratura.

La liceità della passione, anche adulterina (Boccaccio spiegherà poi nel Decameron che è inutile opporsi alla forza delle passioni umane), si associa infatti ad una diversa idea della letteratura, che per Boccaccio nel Decameron ha essenzialmente una funzione di intrattenimento piacevole e di alleviamento delle sofferenze private 2. Il tema amoroso è introdotto sfruttando la propria autobiografia e in costante riferimento con le opere giovanili di Boccaccio, quali ad esempio, l’Elegia di Madonna Fiammetta; l’autore non si presenta più come “vinto d’amore”, ma come un sopravvissuto della passione. Dopo aver sperimentato infatti in gioventù il fervore dell'amore e le sofferenze che da esso derivano, egli può allora ergersi a consolatore delle "vaghe donne" innamorate di ambiente raffinato ed alto-mercantile:

Per ciò che, dalla mia prima giovanezza infino a questo tempo oltre modo essendo acceso stato d’altissimo e nobile amore, forse più assai che alla mia bassa condizione non parrebbe, narrandolo, si richiedesse, quantunque appo coloro che discreti erano e alla cui notizia pervenne io ne fossi lodato e da molto più reputato 3, nondimeno mi fu egli di grandissima fatica a sofferire, certo non per crudeltà della donna amata, ma per soverchio fuoco nella mente concetto 4 da poco regolato appetito: il quale, per ciò che a niuno convenevole termine mi lasciava contento stare, più di noia 5 che bisogno non m’era spesse volte sentir mi facea.

A fianco di questa “confessione” corrisponde l’individuazione del proprio pubblico privilegiato, quello femminile, che per Boccaccio ha bisogno di letture piacevoli e di svago che allevino le pene del cuore o facciano dimenticare il ruolo sottomesso all’interno della società trecentesca:

[...] nondimeno parmi quello doversi più tosto 6 porgere dove il bisogno apparisce maggiore, sì perché più utilità vi farà e si ancora perché più vi fia caro avuto 7. E chi negherà questo, quantunque egli si sia, non molto più alle vaghe donne 8 che agli uomini convenirsi donare? Esse dentro à dilicati petti, temendo e vergognando, tengono l’amorose fiamme nascose, le quali quanto più di forza abbian che le palesi coloro il sanno che l’hanno provate 9: e oltre a ciò, ristrette dà voleri, dà piaceri, dà comandamenti de’ padri, delle madri, de’ fratelli e de’ mariti, [...] volendo e non volendo in una medesima ora, seco rivolgendo diversi pensieri, li quali non è possibile che sempre sieno allegri.

Dalla considerazione che le donne sono “molto men forti che gli uomini a sostenere” le sofferenze della passione, si definisce la finalità del Decameron, e la sua struttura interna. Una narrazione di tono leggero (e quindi volutamente lontana dalla tragedia della peste, descritta poi nell’Introduzione alla prima giornata), che sviluppi la tematica amorosa in tutte le sue manifestazioni e tutte le sue sfaccettature ma che possa servire anche come “utile consiglio” per le lettrici:

[...] intendo di raccontare cento novelle, o favole o parabole o istorie che dire le vogliamo, raccontate in diece giorni da una onesta brigata di sette donne e di tre giovani nel pistelenzioso, tempo della passata mortalità fatta, e alcune canzonette dalle predette donne cantate al lor diletto.

Lo stile del Proemio è assai elevato ed elaborato, ricco di periodi subordinati, costrutti latineggianti con il verbo posto alla fine (in “clausola”), simmetrie attentamente studiate, ed aggettivazione abbondante (spesso in climax), in accordo con le regole dell’ars dictandi medievale e con l’importanza del contenuto del Proemio. Si tratta insomma dello stile boccacciano della cornice del Decameron, come quello delle “rubriche” d’autore e delle Introduzioni alle singole giornate, ben distante da quello “basso” e realistico delle novelle.

 

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1 Inferno, V, vv. 136-138: “la bocca mi basciò tutto tremante. | Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse: | quel giorno più non vi leggemmo avante”. Galeotto, o Galehaut, è colui che favorì l’amore clandestino tra Ginevra e Lancillotto.

2 Si spiega così ciò che Boccaccio afferma come prima cosa, come se fosse una “massima” filosofica: “Umana cosa è aver compassione degli afflitti”.

3 quantunque appo coloro che discreti erano e alla cui notizia pervenne io ne fossi lodato e da molto più reputato: ovvero: “benché presso coloro che sono dotati di ragione e che sapevano del mio sentimento io fossi lodato e preso ad esempio”.

4 concetto: “concepito”; le sofferenze d’amore insomma derivano non dalla crudeltà dell’amata, ma da una passione troppo accesa dell’autore.

5 noia: qui il termine ha il significato forte di “sofferenza dolorosa”.

6 più tosto: “tuttavia”.

7 sì perché più utilità vi farà e si ancora perché più vi fia caro avuto: sia perché questa consolazione vi risulterà più utile, sia perché vi sarà più cara.

8 vaghe donne: l’aggettivo “vago” è tipico per le protagoniste del Decameron.

9 le quali quanto più di forza abbian che le palesi coloro il sanno che l’hanno provate: cioè, la passione è più acuta e tormentante per chi la tiene nascosta nel cuore.