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Boccaccio, "Melchisedech e il Saladino": analisi e commento della novella

Introduzione

 

Melchisedech e il Saladino è la terza novella della prima giornata del Decameron. Qui Boccaccio affronta il tema della tolleranza religiosa, che in questo caso si salda con una nuova visione del mondo (laica ed "aperta", per utilizzare delle categorie moderne) che l'autore con la sua opera propone: l'intelligenza e l'arguzia dei singoli, doti fondamentali dei personaggi delle cento novelle, devono essere valutate liberamente, fuori dai condizionamenti di nascita, fede o ideologia.

 

Riassunto

 

La vicenda di Melchisedech e del Saladino 1 pone a confronto il grande sovrano musulmano e un usuraio ebreo. Accade infatti che il Saladino abbia bisogno di un prestito in denaro e si rivolga allora al giudeo Melchisedech, con l’idea di estorcergli i soldi trascinandolo in una discussione religiosa che l'avrebbe necessariamente costretto a tradirsi, così da poter poi pretendere gratuitamente del denaro. Quando Melchisidech, venuto da Alessandria, gli si presenta dinnanzi, il Saladino gli pone questa domanda:

Valente uomo, io ho da più persone inteso che tu se’ savissimo, e nelle cose di Dio senti molto avanti, e per ciò io saprei volentieri da te, quale delle tre leggi tu reputi la verace: o la giudaica, o la saracina o la cristiana.

Saladino - che nelle cronache medievali e nella letteratura coeva al Decameron era un simbolo di magnanimità d'animo e di saggezza - vuole così cogliere in errore su una questione dottrinaria lo sprovveduto Melchisedech. L’usuraio però, esponente della nuova e scaltra classe mercantile, intuisce la trappola tesagli dal Saladino e riesce argutamente ad evitarne l'ira. Melchisedec, facendo ricorso ad un'intelligenza feconda e limpida come quella del suo avversario, risponde al Saladino con una “novelletta”, una specie di narrazione dentro la narrazione che capolvolge le carte in tavola:

Se io non erro, io mi ricordo aver molte volte udito dire che un grande uomo e ricco fu già , il quale, [...] era un anello bellissimo e prezioso; [...] ordinò che colui de’ suoi figliuoli appo il quale 2, sì come lasciatogli da lui, fosse questo anello trovato, che colui s’intendesse essere il suo erede e dovesse da tutti gli altri esser come maggiore onorato e reverito. E colui al quale da costui fu lasciato tenne simigliante ordine ne’ suoi discendenti, e così fece come fatto avea il suo predecessore; e in brieve andò questo anello di mano in mano a molti successori, e ultimamente pervenne alle mani a uno il quale avea tre figliuoli belli e virtuosi e molto al padre loro obedienti, per la qual cosa tutti e tre parimente gli amava. [...] Il valente uomo, che parimente tutti gli amava né sapeva esso medesimo eleggere a quale più tosto lasciar lo volesse 3, pensò, avendolo a ciascun promesso, di volergli tutti e tre sodisfare: e segretamente a un buon maestro ne fece fare due altri, li quali sì furono simiglianti al primiero, che esso medesimo che fatti gli aveva fare appena conosceva qual si fosse il vero; e venendo a morte, segretamente diede il suo a ciascun de’ figliuoli. Li quali, dopo la morte del padre, volendo ciascuno la eredità e l’onore occupare e l’uno negandola all’altro, in testimonanza di dover ciò ragionevolmente fare ciascuno produsse fuori il suo anello; e trovatisi gli anelli sì simili l’uno all’altro, che qual fosse il vero non si sapeva cognoscere, si rimase la quistione, qual fosse il vero erede del padre, in pendente: e ancor pende.

Il protagonista ricorre a questo apologo (cioè a un racconto con morale annessa), in cui per tradizione secolare, in una certa famiglia il padre assegna al figlio prediletto un anello, facendone l'erede universale. Un giorno però, il "valente uomo", di fronte all'incombenza di indicare il discendente più amato, capisce di dover spezzare l'usanza; fa fondere a un "buon maestro" due altri anelli in tutto e per tutto identici all'originale, e li consegna ai tre figli. Tuttavia, al momento di spartirisi l'eredità, ognuno fa mostra del proprio anello per richiedere solo per sé i beni di famiglia, e - dice Melchisedech - la faccenda è ben lontana dall'essere risolta. L'arguzia dell'ebreo conquista il sultano musulmano, tanto che tra i due nasce un legame di stima e di amicizia. Il prestito di denaro può andare in porto senza inganni e sotterfugi; ciò che conta è soprattutto la spiegazione che Melchisedech stesso offre alla propria storiella:

E così vi dico, signor mio, delle tre leggi alli tre popoli date da Dio Padre, delle quali la quistione proponeste: ciascuno la sua eredità, la sua vera legge, e i suoi comandamenti dirittamente si crede avere e fare; ma chi se l'abbia, come degli anelli, ancora ne pende la quistione.

 

L’intelligenza di Melchisedech

 

Con questo racconto Melchisedec offre al Saladino una metafora della condizione dei tre grandi monoteismi, il Cristianesimo, l'Islam e l'Ebraismo: i fedeli di ciascuna religione sono convinti che la vera rivelazione sia stata donata solo a loro, anche se in realtà non si sa con certezza chi detenga la verità (né, per l'ottica relativistica ed antropocentrica su cui è costruito il Decameron, ciò conta davvero). Con la novella di Melchisedech, Boccaccio suggerisce di sostituire alle false presunzioni umane di superiorità di chi pretende di possedere spiegazioni assolute ed universali il ruolo dell’intelligenza e della saggezza, capaci di svelare la vera natura delle persone (e l'intelligenza e l'amore, forze motrici dell'agire umano, sono del resto i temi privilegiati della terza giornata, "sotto il reggimento" di Neifile).

E si aggiunga che questa intelligenza non è fine a se stessa, né serve unicamente a riaffermare valori “ideali” come quelli del rispetto e della tolleranza: Melchisedech, con il suo apologo, dimostra al sultano di essere un uomo di valore, capace di utilizzare gli strumenti giusti al momento giusto, coniugando cioè ingegno e Fortuna. I “grandissimi doni” che l’usuraio si guadagna dopo il prestito al Saladino sono allora la controparte economica della conquistata parità intellettuale tra lui e il sovrano musulmano:

Il giudeo liberamente d’ogni quantità che il Saladino richiese il servì; e il Saladino poi interamente il soddisfece; e oltre a ciò gli donò grandissimi doni e sempre per suo amico l’ebbe e in grande e onorevole stato appresso di sé il mantenne.

 

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1 Boccaccio porta ovviamente in scena il celebre condottiero arabo Saladino (1138-1193), che riconquistò Gerusalemme strappandola ai crociati e si scontrò con Riccardo "Cuor di Leone" nel corso della terza crociata nel 1191.

2 appo il quale: “presso cui”.

3 a quale piu tosto lasciar lo volesse: “a chi dei figli preferisse, più che agli altri, lasciare l’anello”.