Il dramma di vedersi vivere

Vi chiedo se potete spiegarmi il contrasto tra il "vivere" e il "vedersi vivere", possibilmente con qualche esempio tratto dalle opere di Pirandello. Grazie


il 21 Giugno 2016, da Maria Elisa Zaniboni

Valentina Capasso il 21 Giugno 2016 ha risposto:

Chi vive, non si vede vivere ma vive e basta. Quando però "vediamo" la nostra vita è segno che non la viviamo più ma al contrario la subiamo, diventa un peso per noi. Per Pirandello "Conoscersi è morire". Facendo qualche esempio da "L'Umorismo" l'autore in questo saggio ci dice che la vita è un flusso continuo che scorre dentro e fuori di noi e che nessuno può sottrarsi a questo continuo mutamento. "Il flusso della vita è in tutti. E per tutti però può rappresentare talvolta una tortura[...]Oh perché proprio dobbiamo essere così, noi? - ci domandiamo talvolta allo specchio, - con questa faccia, con questo corpo? - Alziamo una mano, nell'incoscienza; e il gesto ci resta sospeso. Ci pare strano che l'abbiamo fatto noi. Ci vediamo vivere." Prendiamo ad esempio "Uno, nessuno e centomila" il protagonista Vitangelo Moscarda vive in modo normale fino a quando, una mattina come tante, mentre si guarda allo specchio la moglie gli fa notare che il suo naso pende verso destra e da lì in poi il signor Moscarda si rende conto che ci sono tanti Vitangelo Moscarda quante persone egli conosce, a partire da sua moglie che lo chiama "Gengè" e così comincia a "vedersi vivere" accettando alla fine di vivere nel fluire della vita e fondendosi in ogni istante con le cose mutevoli, liberandosi della propria identità a differenza di Mattia Pascal che invece che non rinuncia totalmente al proprio nome ma nega solo la sua identità definendosi "Io sono il fu Mattia Pascal" e divenendo "forestiere della vita" vedendola scorrere senza viverla. Spero di essere stata chiara ... Ciao!


Grazie mille! - Maria Elisa Zaniboni 22 Giugno 2016