canto III Purgatorio

Come mai Virgilio utilizza una materia così ambigua come la consistenza fisica delle anime dei morti, per esemplificare l'inaccessibilità delle ragioni ultime di Dio? E perché equipara il mistero trinitario a un enigma cavilloso e contraddittorio?


il 01 Dicembre 2014, da Sabina Bergamin

luca ghirimoldi il 02 Dicembre 2014 ha risposto:

Ciao Sabina, le due questioni sono, per Dante, strettamente correlate: così come la Ragione umana non può penetrare il “quia” del mistero divino, allo stesso modo il personaggio di Manfredi, pentitosi in punto di morte e dunque salvatosi dall’Inferno per volere divino, mostra tutta la limitatezza del giudizio e della ragione umana, che infatti ritengono che il figlio di Federico II, su cui gravava la scomunica papale, stia bruciando all’Inferno. Quindi Dante introduce la questione (spesso ripresa anche altrove nel Canto) della fisicità del suo corpo e dell’immaterialità delle anime per sviluppare (vv. 16-45) una breve parentesi fisico-dottrinale sul mistero per cui le anime purganti lascino passare i raggi solari ma sentano tuttavia i dolori delle pene cui sono condannate. Sembra una “pausa” narrativa fine a se stessa, ma non è così: oltre a introdurre il tema centrale (per tutta la Commedia) del riconoscimento dei limiti dell’uomo e della Ragione, la spiegazione di Virgilio conferisce una nota particolare a tutto il Canto. Da un lato, questo dato permette a Dante di umanizzare tutti gli incontri con le anime del Purgatorio (pensa alle “ombre vane” e agli abbracci mancati con l’amico Casella ai vv. 79-81 del Canto precedente), che spesso manifestano una comprensibile sorpresa per la condizione di Dante che fa ombra (e qui siamo quindi in una situazione diversissima rispetto agli incontri con i dannati infernali o le anime celesti). Dall’altro lato, questa spiegazione dottrinale ha anche l’effetto i stendere un velo di nostalgia sulla figura di Virgilio: l’insufficienza della Ragione è stata anche di coloro che come lui, Aristotele e Platone non hanno potuto conoscere la rivelazione di Cristo, e sono quindi stati destinati al Limbo. Dal punto d vista narrativo, qui Dante prepare già le carte per l’addio di Virgilio, simbolo proprio della Ragione, nel canto XXX del Purgatorio e l’arrivo di Beatrice. L’enigma cavilloso (ed insolubile) dei vv. 34-39 vuol proprio dire che per Dante, oltre ad un certo limite, il nostro intelletto non può giungere. Per quanto riguarda la connessione con Manfredi, l’atmosfera serena e malinconica del suo racconto si ricollega con la tematica della Ragione proprio perché mostra come un’azione umana (la scomunica) non ha necessariamente conseguenze nell’aldilà, cioè non può condizionare la volontà divina. Anzi, proprio quella ragione ha spinto gli uomini (nella fattispecie, il vescovo di Cosenza) a mescolare indebitamente sacro e profano: se le colpe di Manfredi sono indubitabili, egli si è servito dell’arma della fede per condurre una battaglia politica contro l’imperatore. Per giunta, questo odio è giunto al punto di smembrare orrendamente il cadavere del nemico. E tutto questo (per il Dante credente e per il Dante sostenitore della “teoria dei due soli”) è ovviamente inaccettabile. Così, la bontà di DIo (“l’etterno amore” del v. 134) si dimostra infinitamente più giusto di ogni ragionamento o di ogni azione umana. Manfredi, insomma, diventa un “exemplum” denso di umanità (basti pensare alla sua premura di far sapere la verità alla figlia Costanza) della limitatezza della “ragione” umana. Spero di aver risposto alle tue domande, se avessi altri dubbi chiedi pure! :) Un saluto, buona giornata


Grazie mille:) - Sabina Bergamin 03 Dicembre 2014