Angoscia

Definizione

Termine della filosofia di Søren Kierkegaard (1813-1855) che si riferisce alla situazione di instabilità e incertezza radicali che l’uomo prova di fronte alla “possibilità inderteminata” della propria esistenza, ovvero al fatto che l’imprevedibilità della nostra vita nasconde sempre in sé la certezza della morte. Il filosofo danese sviluppa questa teoria in particolare in due opere: Il concetto dell’angoscia (1844) e La malattia mortale (1849).

Spiegazione

Nel Concetto dell’angoscia, Kierkegaard definisce l’angoscia come il sentimento costitutivo del rapporto dell’uomo col mondo. Questa condizione si genera dal “puro sentimento della possibilità” che caratterizza l’esistenza umana nel suo complesso ma anche ogni scelta che l’individuo singolo si trova a compiere, in quanto Kierkegaard individua l’opposizione tra la  “possibilità-che-sì” e la “possibilità-che-no”. L’angoscia è quindi alla base della “vertigine della libertà” connaturata alla natura umana dopo il peccato originale; l’uomo, teso tra finito ed infinito, si angoscia nella misura in cui può scegliere di trasgredire la volontà di Dio.

Per Kierkegaard, si può uscire dall’angoscia (che si riferisce a ciò che non è ma può essere) per due strade: il suicidio, che è negazione della possibilità, e la provvidenza della fede, che si basa sull’origine della possibilità stessa. Il concetto kierkegaardiano di “angoscia” (che si collega a quello di libertà dell’uomo) sarà poi ripreso e sviluppato dall’esistenzialismo di Heidegger (1889-1976) e di Jean-Paul Sartre (1905-1980).